Musica

Il 25 aprile all’Anfiteatro del Venda con Giorgio Poi e Gazzelle

26 Aprile 2017

Sul monte Venda, il punto più altro dei Colli Euganei (Pd), durante la Festa della Liberazione hanno suonato i francesi Yachtclub, Giorgio Poi e Gazzelle. Un pomeriggio dedicato alla cultura pop indie, quella fruibile ma non scontata che negli ultimi tempi sta facendo parlare di sé, con altri progetti come I Cani, TheGiornalisti e Calcutta.

L’Anfiteatro che ha dato spazio ai concerti, immerso nel blu fra bosco, vigneti e scorci di pianura, è una sicurezza per la capacità di farti evadere. Sembra di stare in un’altra dimensione, tangibile e reale, lontana dalla città, dal caos e dall’esasperazione, e fa un certo effetto scendere. Un posto così ti fa sentire un po’ più umano e meno stressato, regala un clima da vacanze con gli amici, quelle senza di pressioni perché “tanto tutto va bene”.

Tornando alla musica, sulle 16.30 gli Yachtclub hanno iniziato a suonare dei brani molto minimali, quasi una serie di suoni intervallati o accompagnati da batteria e chitarre. Suoni da chiacchiere, per nulla invasivi e giusto corredo alla contemplazione del paesaggio circostante, annebbiato dal vino rosso forte e secco della zona.

Superate le 17 è salito sul palco Giorgio Poi, uscito da qualche mese con l’album Fa Niente. Il cantautore mette nelle sue composizioni le chitarre acide di Mac DeMarco per un risultato che sa della salsa agrodolce del sushi. La voce risultava chiara e gli arrangiamenti dei brani, ritmati, solleticavano l’ascolto regalando una gioviale malinconia all’atmosfera. Giorgio suonava come se fosse stato sulla cima del monte, distante dal pubblico, assumendo il ruolo di narratore esterno della propria musica. Non cercava il rapporto diretto, lasciava parlare le canzoni e ciò era comprensibile empaticamente. Tubature, forse il pezzo migliore del repertorio, è stata proposta in chiusura; una stretta così viscerale allo stomaco che pareva sradicare le emozioni per vocazione.

Giorgio Poi

Tubature mi suggeriva rapporti difficili, momenti ancora da vivere, immaginati, mai successi, ma carichi della necessità di piacere che li ha generati. Come non citare Poi la cover de Il Mare d’Inverno che a quell’altezza, sotto le nuvole di passaggio, era un viaggio sull’orizzonte del mare celeste.

Gazzelle è stato l’esatto opposto. Da buon rappresentante del nuovo cantautorato romano tanto discusso ha chiamato a raccolta il pubblico, finito sul palco a cantare i brani dell’esordio Superbattito. Le 18 sono divenute le 19 tra il synth di Balena e le altre canzoni: un lungo pensiero sulla fine di una storia importante. E’ amore nella cifra Lùnapop calato all’interno di una dimensione quotidiana ma astratta, come fosse il film in loop delle giornate trascorse assieme. Gazelle nonostante qualche indecisione (scrittura, esibizione) riesce ad essere orecchiabile staccandosi da quel sentimentalismo stucchevole tipico del pop italico (roba da galera).

Gazzelle

Questo continua la riflessione su come l’indie italiano, più che dare man forte alla scena alternativa, sta contribuendo al ricambio pop-culturale, prendendosi la fetta di pubblico (e si spera mercato) richiedente musica leggera ma fatta con criterio. Per i puristi un male, per i ragionevoli una manna dal cielo per la quale si cambia stazione radio sempre meno.

La nuova musica in Italia se non è selezionata dai direttori artistici dei media main ha solo un’occasione: farsi largo attraverso il pubblico, i festival, gli eventi, utilizzando sapientemente l’esposizione offerta dal web social. Quando il processo viene dal basso, chi detiene le redini dei canali main può solo fare due cose: far finta di niente o dare spazio. Sono processi più facili a dirsi che a farsi, lenti e per nulla rapidi, ma qualcosa sta succedendo. E bisogna esserne contenti. Se poi te la godi sul Venda, ancora meglio.

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