Musica

I pianeti risuonano grazie al sax in “Schegge”: intervista a Maria Merlino

24 Marzo 2023

di Alessandra Savino

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Voleva dimostrare a sé stessa, al pubblico e al mondo della musica che un sassofono da solo è completo e capace di dar vita anche ad un disco. Maria Merlino, giovane musicista siciliana ha realizzato il suo sogno pubblicando l’album, il primo da solista, dal titolo “Schegge” prodotto e distribuito dall’etichetta discografica pugliese Angapp Music. Tra i temi affrontati emerge quello del dualismo che porta spesso un musicista a trovarsi davanti ad un bivio. Così la musica si fa strumento per raccontare l’inquietudine di un artista nonchè il suo urlo interiore nei confronti della società in cui vive. “Schegge” è viaggio nell’universo dei pianeti i cui suoni sono alla base di alcuni brani dai titoli emblematici come “Moon” (dedicato a Karl Berger ed Ingrid Sertso), “Mercury”, “Pluto”, “Venus”. Attraverso alcune ricerche condotte tramite il sito della NASA, Maria Merlino, ha poi alterato i suoni originali dei pianeti personalizzandoli. Un processo con il quale l’artista ha voluto raccontare il legame che c’è fra la Terra e il resto dell’universo e l’influenza che esercitano proprio i pianeti sull’uomo.

Cosa rappresenta per te il sassofono e cosa lo rende unico rispetto ad altri strumenti musicali?

Il saxofono è fino ad ora l’unico strumento che rappresenta chi sono e che riesce a tirar fuori Maria, per questo l’ho scelto come compagno di vita. Credo che ogni strumento assomigli al musicista che lo sceglie, il timbro, la forma, il colore ed il materiale somigliano alla persona che lo suona. Il saxofono è potente ma allo stesso tempo fragile e delicato, sia nel suono che nella meccanica, complesso con tutte quelle chiavi, feltrini, sugheri, molle che somigliano ad aghi che possono trafiggere, ma ai  quali basta poco per essere spezzati. Eppure ammortizzano tutte le chiavi come gli avvenimenti della vita e, senza quei sottili pezzi di metallo, non produrrebbe suono. Tanti elementi che ne formano uno dalle diverse sfaccettature, dove si uniscono la potenza del metallo e la sua stessa fragilità. A volte litighiamo io e quel tubo sonoro, ma non possiamo fare a meno uno dell’altra!

Da dove nasce il titolo del disco “Schegge”?

Schegge di vetro, schegge di vita, emozioni che ci colpiscono e che come schegge ci entrano dentro. A volte con emozioni positive altre no, ma fa parte della vita.

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Alcuni brani sono delle dediche speciali, a chi sono rivolte?

Ci sono tre brani dedicati a delle persone a me care. Il primo è Moon, dedicato a Karl Berger ed Ingrid Sertso, creatori insieme ad Ornette Coleman, del CREATIVE MUSIC STUDIO di New York con i quali ho collaborato insieme alla Filarmonica Laudamo Creative Orchestra di Messina creata dal pianista Luciano Troja. L’incontro con Karl ed Ingrid mi ha fatto comprendere meglio chi sono e chi voglio essere, mi ha aiutato a prendere consapevolezza delle difficoltà che l’essere musicista ti presenta, ma a non fermarti perché hai bisogno della musica per vivere. Inutile parlarvi della loro immensa bravura e sono fiera di averli avuti come Maestri. Il secondo è Lel-io, il cui titolo deriva dal nome di Lelio Gianetto ed ‘io’, il mio io. Lelio è scomparso da qualche anno, eppure ancora non me ne capacito. Ho conosciuto Curva Minore attraverso il mio Maestro, Livio Minafra, quando studiavo in conservatorio, il quale mi ha vista come un’ appartenente della visione musicale di Lelio e di Curva, anche se all’epoca non mi conoscevo per nulla e cercavo di capire chi fossi. Ho aspettato tanto di incontrarlo, preparandomi con lo studio, ed ho realizzato il mio sogno, suonare con lui. Ma è andato via troppo presto. Questo brano rappresenta tutto quello che ho provato quando ho saputo che che era scomparso. Ad oggi collaboro con Curva Minore ed è una delle cose più belle nella mia vita. Il terzo brano è Uncle & Taty, un brano dal sapore frizzante, come lo sono loro. Adesso vi spiego meglio: Uncle vuol dire zio e Taty sta per Tatiana. Trasferitami a Milano per un anno, non conoscevo nessuno, ma subito mi  vennero incontro loro, Salvatore, che oggi chiamo zio e Tatiana. I miei vicini di casa. Lui di origine palermitana e lei Moldava. Sono diventati una seconda famiglia con la quale ho condiviso tanto e che mi hanno sempre incoraggiata, insegnandomi a non mollare mai. Dedicargli un brano à stata una dimostrazione di affetto per poterli ringraziare.

Attraverso la tua musica quali aspetti della tua vita da artista racconti?

Essere artista non è inseguire la fama, è uno stato d’essere. Forse, se avessi dovuto scegliere di essere artista, non lo avrei fatto; quindi con la mia musica vi racconto le mie verità e grido tutto quello che ho dentro e che per necessità, gioia, rabbia, voglia di cambiare le cose so dire solo attraverso il suono. Ecco perchè ho “creato” il concetto di Musica Vera, che è senza limiti, senza filtri e senza generi. Come lo sono le anime. Le persone possono mentire, ma non le loro anime. Con la mia musica è questo che tocco con mano e che vorrei donare a chi mi ascolterà.

Nel disco ci sono brani che portano il nome di pianeti: spiegaci in che modo la tua musica si lega all’universo e al sistema solare?

Quando suono, mi sento interamente parte dell’universo. Entro in contatto con tutto quello che mi circonda, i miei sensi si acuiscono e sento di essere parte di tutto. Diciamo che il mio saxofono è come la macchina che portava il Doctor Who (personaggio  di una serie televisiva) su tutti i pianeti e nei vari spazi temporali. Per chi non lo conoscesse è una macchina del tempo e dello spazio che riesce a mettere in contatto il reale con tutti i pianeti ed i tempi. E quando provi d’ essere parte del tutto, vuoi che questo sia protetto ad ogni costo, da qui un messaggio ecologista per il rispetto dell’universo.

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