Musica
Gli Indispensabili
Luca Ciammarughi ha pubblicato, in versione digitale, per Ponte alle Grazie, un prezioso volumetto in cui consiglia, per chi ama il pianoforte, 30 capolavori “imperdibili”, da suonare, ascoltare, analizzare. “Gli Imperdibili, 30 capolavori per pianoforte da ascoltare almeno una volta nella vita”. Si scarica da www.illibraio.it. La particolarità del godibilissimo libretto sta nel fatto che Ciammarughi è insieme pianista, musicologo, storico della musica e cervello curioso di tutto ciò che si muove nel mondo, sia intellettuale sia fisico: una vita vissuta, pensata e goduta en plein air. Qualcuno ne potrà restare turbato, perché l’interesse non è mai esclusivamente pianistico, esclusivamente musicale, esclusivamente intellettuale, ma per così dire la vita della musica guardata da una prospettiva cubista, da tutti i lati. Senza dimenticare nemmeno teorie decostruzioniste, analisi strutturalistiche, estasi estetiche. La scelta, e Ciammarughi mette subito le mani avanti, come qualsiasi scelta, è soggettiva, chiunque potrà farne un’altra, lamentare questa o quell’altra assenza. Ma sarebbe esercizio sterile e non condurrebbe a niente. Questi 30 capolavori sono imperdibili per Ciammarughi, ma Ciammarughi si sforza di convincerci che siano imperdibili anche per noi. Ecco, qui di seguito, l’elenco:
Le trentadue Sonate di Ludwig van Beethoven, i Concerti per pianoforte e orchestra di Wolfgang Amadeus Mozart, i Notturni e gli Studi di Frédéric Chopin, le Partite di Johann Sebastian Bach, le Sonate per pianoforte di Franz Schubert , i Quadri di un’esposizione di Modest Musorgskij, Tre movimenti da Petruška di Igor’ Fëdorovič Stravinsky, le Estampes di Claude Debussy, la Sonata in si minore di Franz Liszt, le Sonate di Domenico Scarlatti, i Kreisleriana di Robert Schumann, i due Concerti per pianoforte e orchestra di Johannes Brahms, i due Concerti per pianoforte e orchestra di Maurice Ravel, il Concerto per pianoforte e orchestra n. 3 op. 30 di Sergej Rachmaninov, le dieci Sonate di Aleksandr Skrjabin, le ‘Sonate di guerra’ di Sergej Prokof’ev, gli Studi di György Ligeti, le Pieces de Clavecin di Jean-Philippe Rameau, gli Ordres di François Couperin, le Sonate per pianoforte di Franz Joseph Haydn, Iberia di Isaac Albéniz, Goyescas di Enrique Granados, 23. I Nocturnes di Gabriel Fauré, All’aria aperta di Bela Bartók, la Sonata op. 1 di Alban Berg, i Lieder ohne Worte di Felix Mendelssohn, le Fantasie di Carl Philip Emanuel Bach, Prelude, Choral et Fugue di César Franck, i Peches de vieillesses di Gioachino Rossini, il Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 di Camille Saint-Saëns.
Come si legge, non c’è un ordine cronologico né tanto meno un ordine di preferenza o di valore estetico. I 30 capolavori sono, tutti e 30, capolavori. Una buona metà di queste pagine è nota a qualunque studente di pianoforte. Altre sono conosciute per nome o anche ignorate. Altre non considerate capolavori. E tanto meno imperdibili. Ed è sulla scelta di queste ultime che vorrei soffermarmi. Ma come? Le sonate di Haydn e non quelle di Mozart? Ecco come spiega Ciammarughi la scelta: “Perché sono indispensabili: sotto l’apparente bonomia classicista di ‘papà Haydn’ si nasconde una grande complessità musicale e psicologica che, fra umorismo e Sturm und Drang, appare unica e inclassificabile”.
Chiarissimo: la complessità delle sonate haydniane, per audacia innovativa e sperimentalismo supera quella delle pur mirabili sonate mozartiane (eccettuate due o tre e la fantasia in do minore). Mozart sperimenta i mondi della musica pianistica, e in maniera sconvolgente, assai di più nei Concerti, tutti, nessuno escluso. Che, di fatti, Ciammarughi include nel catalogo. Bisogna averle affrontate sulla tastiera, più che averle ascoltate, le sonate di Haydn, per catturarne tutta l’inesauribile novità strumentale e musicale. Scopre, per esempio, di poter raggiungere, tenendo abbassato il pedale, effetti di sovrapposizioni armoniche che rasentano il cluster (in una meravigliosa sonata in do maggiore). Nella splendida sonata in do minore, tutt’altro che tarda, siamo nel 1771, Haydn imposta un melodizzare per bicordi di terza di cui Brahms – che adorava Haydn – farà tesoro. Ma l’altro compositore che viene in mente è Schubert, e molto sperimentalismo schubertiano è già impostato nelle sonate di Haydn., a cominciare dalle imprevedibili avventure armoniche. L’ultima sonata di Haydn è in mi bemolle maggiore, ma l’adagio, invece che nella più consueta tonalità della sottodominante, in questo caso la bemolle, è in mi maggiore, tonalità apparentemente lontanissima, ma spiegabilissima invece se si pensa alla sesta napoletana e all’abbassamento di un semitono. Quel mi naturale è un fa bemolle, e fa è la dominante della dominante, si bemolle. Il procedimento piacerà moltissimo a Beethoven. Così come l’altro, carissimo a Haydn, ma caro sia a Beethoven sia, soprattutto, a Schubert, di mantenere la tonica e cambiare il modo, per esempio un la maggiore che diventa all’improvviso la minore. Mi sono soffermato su Haydn, perché è il musicista più trascurato nel corso di studi pianistici dei conservatori italiani, e non molto frequentato nemmeno nei concerti. E’ invece un pozzo senza fondo. Sorprenderà, allora, l’assenza di Clementi. Ma si tratta appunto di preferenze soggettive, e l’opera di Clementi, comunque, lascia sempre in bocca un senso d’incompiutezza, di fretta, di provvisorio, che nelle altre pagine sembra mancare. Ciò, senza nulla togliere alla novità e alla grandezza del pianismo di Clementi. Sorprenderà pure la presenza di opere tipicamente clavicembalistiche come le Pieces di Rameau e gli Ordres di Couperin. Ma se si possono suonare sul pianoforte le meravigliose Partite di Bach perché no anche Rameau e Couperin? Senza contare che la prima edizione moderna dei brani per clavicembalo di Couperin è dovuta alla sollecitazione di Brahms. E Brahms, Couperin, lo suonava certo sul pianoforte e non sul clavicembalo. Fa piacere riscontrare la presenza di pagine ormai classiche del Novecento, tutte immensi capolavori, da Bartók a Berg, da Ligeti a Stravinsky. E, finalmente, vissuti come capolavori anche i peccati rossiniani. Un libro da leggersi e godersi, dunque, pagina per pagina, ma che soprattutto stimola, chi per avventura sappia suonare il pianoforte, a cimentarsi anche lui, se non l’ha già fatto prima, con questi 30 imperdibili, anzi indispensabili capolavori.
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