Musica
Gipsy Groove al Përalla Festival di Gjakova
Sono quasi le 6 di sera quando ci rimettiamo in macchina. Questa volta è Luli che decide per noi, Prizren è a soli 15 minuti di strada, e prima di andare al festival possiamo farci un giretto tra le vie del centro più culturalmente attivo del Kosovo. A differenza delle altre città, Prizren ha un centro antico. “Assomiglia a Sarajevo” esclama Eleonora mentre attraversiamo un ponte costruito dagli ottomani. Ci sediamo in un baretto lungo le sponde del Bistrica, per fare due telefonate agli organizzatori del Përalla festival di Gjakova. Non appena il sole scende e tutto si colora di un arancione denso e palpabile, iniziamo a congelarci di freddo, e ci trasciniamo tremanti fino alla macchina. Riusciamo a metterci sulla strada verso Gjakova solo al secondo tentativo, con grande apprensione di Luli. Posiamo i nostri zainoni spacca schiena al Metropolis Motel, uno di quei motel usati dalle coppie non sposate per le fuitine notturne, con tanto di entrata posteriore per uscire di scena con discrezione, e ci fiondiamo al festival guidati da un ragazzo del motel.
Luli è in stress da parcheggio, e dopo 200 manovre si piazza nel posto più lontano dal Festival, per cui ci facciamo una scarpinata di 15 minuti in mezzo al bosco sotto le stelle fino a quando una piccola vallata scavata tra due colline ci illumina il sentiero. Centinaia di ragazzi e ragazze calcano contro l’entrata per buttarsi sotto il palcoscenico in attesa del gruppo di star della serata: i Gipsy Groove. Sono le nuove star del Kosovo, tutti Rom di diversi paesi: il cantante di Gjakova, il batterista di Zagabria, i gemelli ottoni della Macedonia, il chitarrista albanese. Non appena vengono chiamati sul palcoscenico, la valle di Shkügen si inonda di gridolini e salti che fanno traboccare le bottiglie di birra ovunque.
Kafu, il cantante, in due mosse addomestica il palcoscenico lanciando le mani piene di anelli verso il cielo rischiarato dalla luna quasi piena. Gipsy Blues and Rock&Roll è il pezzo atteso da tutti. Ma la scena si riscalda anche quando un ritmo Raggae introduce la famosa canzone rom Ederlezi, scritta nei campi di concentramento durante la seconda guerra mondiale e diventata famosa in tutto il mondo grazie a Goran Bregovic. I sei musicisti del gruppo, ci hanno spiegato la mattina seguente che la più grande vittoria è stata proprio quella di riuscire a far ballare e cantare tutti su note gipsies. Albanesi, rom, serbi. La musica gipsy ha bisogno per sua natura di mischiarsi a generi, culture, melodie diverse, per plasmarsi ed evolversi. D’altronde, se pensiamo a vari generi musicali come il flamenco o il jazz manouche, cosa sono se non una miscela di ritmi di mondi lontani fusi dalle corde dei chitarristi rom? Parlano di discriminazione, di minoranze, ma soprattutto parlano della vita di tutti i giorni dei rom. I testi sono rivolti ad una generazione futura e giovane che secondo Kafu é sulla buona strada per l’integrazione, anche se, come suggerisce lui stesso, il momento in cui il razzismo verso i rom finirà sarà quando “il fatto che tua sorella esca con un rom non sarà più considerato come un problema…”, perché a tutti piacciono le belle parole, ma quando si tratta della vita personale di ognuno di noi, il gioco è diverso.
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