Musica

Flauti e scuola. Lo Zauberflöte di Michieletto alla Fenice

29 Ottobre 2015

Va dato atto a Damiano Michieletto di avere finalmente sciolto (ci voleva coraggio!) il sortilegio che legava le due parole “flauto” e “scuola”, da anni ormai associate solo alla perniciosa immagine di un’educazione musicale – tra l’altro quasi inesistente – condotta a suon di svogliate zufolate nelle mattine d’inverno.

Il suo Flauto magico, visto al Teatro la Fenice, è infatti ambientato in un’aula scolastica, in un’impostazione complessiva che sposta l’originale percorso iniziatico dell’opera in un più “contemporaneo” (per senso e efficacia) viaggio di formazione individuale, funzione, tra parentesi, a cui la scuola sembra avere quasi abdicato da anni.

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Ecco dunque una grande lavagna (che alla bisogna diventa schermo per fantasiose proiezioni o “porta” verso altre stanze e altre istanze. È l’idea centrale attorno a cui tutto ruota, dove un Tamino inizialmente Pierino rifiuta l’accumulo di saperi e si trova a lottare con il serpente, dove la nevrotica Regina della Notte con le sue tre dame/suore sembra imprigionata in schemi di tradizione e famiglia che non rispondono più alle esigenze emotive delle generazioni successive, da dove rimbalzano i pacchetti contenenti i magici oggetti che aiuteranno i protagonisti a compiere il viaggio.

Quando l’aula di apre lo fa su una foresta quasi sempre cupa e ombrosa, spesso popolata da vecchi, quasi a ribadire che la presa di consapevolezza il buon Tamino o se la dà da sé o né un’aula scrostata né le – per quanto sagge – generazioni che l’hanno preceduto riusciranno a aiutarlo.

Funziona bene questo nuovo allestimento mozartiano di Michieletto, regista che ha saputo cogliere con talento e un briciolo di cinismo il notevole iato che spesso continua a persistere tra le regie liriche e le più efficaci conquiste del teatro contemporaneo.

Se allo spettacolo viene certamente sottratta la magia un po’ fantasiosa dell’ambientazione originale, non manca nella condotta delle vicende la forza di far risaltare il fascino – più interiorizzato e problematico certo – di questo passaggio alla consapevolezza, sempre ben contrappuntato (accade così anche nella vita, no?) da momenti più buffi e disimpegnati, di più spiccia esigenza quotidiana… dopotutto al buon bidello Papageno basta mangiare, bere e avere una bella ragazza al proprio fianco (o anche solo il brivido di una seduzione delle ninfe che è vano come una navigata su YouPorn).

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Musicalmente questo allestimento offre al direttore Antonello Manacorda la tentazione e l’opportunità di snellire i tempi: tutto fila liscio e rapido, anche se qualche sensualità si perde un po’ per strada.

Bene, anche se non memorabili, le voci: in particolare un ottimo Alex Esposito, Papageno che si prende la scena più di qualche volta. Tamino/Antonio Poli viene fuori sulla distanza, meglio di un Sarastro/Goran Jurić con qualche momento più appannato.
La Regina della Notte/Olga Pudova si prende i suoi giusti applausi, così come Pamina/Ekaterina Sadovnikova.

Piacciono al pubblico i tre fanciulli con elmetto da minatore, così come l’ingresso di piccoli Papageni cui viene subito affidato un mini-scopettone da bidello.

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Dopotutto la vita è così, ognuno trova la magia dentro il proprio percorso, senza doversi ritrovare per forza in colorati e irreali templi di Iside e Osiride.
Il successo di questo Flauto magico passa anche attraverso queste cose.

Sperando che nelle aule scrostate di tutta la penisola si pensi agli alunni e alle alunne come individualità cui affidare un’immagine della musica più ricca di quella di un solo, tristissimo, flauto dolce di plastica da 7.99€ al centro commerciale.

(Die Zauberflöte con la regia di Damiano Michieletto sarà trasmesso gratuitamente in streaming venerdì 30 ottobre su www.culturebox.fr)

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