Costume

Epoca #tommasoparadiso

22 Novembre 2018

Con questo freddo da far gelare le ossa che è arrivato qui al nord da qualche giorno, sono stata colpita, per quella storica legge del contrappasso sempre in vigore, da una tremenda nostalgia d’estate. Poi, si sa, un pensiero tira l’altro, e mi è venuta voglia di parlare dei Thegiornalisti.

Vi spiego quale processo mentale è intervenuto.

Arriva sempre il momento di ripartire. La vacanza sta per terminare e bisogna lasciare là tutto quello che si è trovato, anche se il tesoro rinvenuto è prezioso; perché si sa che poi la distanza, i figli, gli impegni avrebbero la meglio anche sull’acqua salata, sulle notti che diventano soli, sull’eternità dell’attimo. E allora nel viaggio di ritorno si inizia a staccarsene da quell’estate, a ripetersi è giusto così. Ci si concede giusto una canzone per godersi, da buoni masochisti, l’ultima botta di melanconia. Quell’estate incaddi, per classicissimo caso di serendepità musicale favorito da You Tube, in La fine dell’estate di tali Thegiornalisti: con quel titolo e in quel viaggio, ascoltarla fu inevitabile. Parlava del Cornetto, di film anni Ottanta, ma soprattutto di malinconia e di un forte rifiuto verso il mese di settembre, metafora di tante cose. Mi piacque così tanto che andai a scovare tutte le altre canzoni di questo gruppo, finché non arrivai alla formulazione del grande quesito: “ma perché i The Giornalisti non sono famosi come dovrebbero?” Cioè, perché quando io andavo a parlare della scoperta di questa canzone e degli altri loro album, dovevo spiegare chi fossero?

Mi rende felice sapere che era solo questione di tempo. Perché l’altra sera, il PalaGeorge di Montichiari, dove sono andata a sentirli, era pieno, così come tutti gli altri palasport in cui stanno portando in giro il loro tour, che sarà prolungato con nuove date primaverili. La forza di questi ragazzi, al di là delle distinzioni tra musica alta e musica bassa, tra indie e pop, tra mi piacciono e non mi piacciono, è l’autenticità, la schiettezza di mostrarsi per quello che sono, senza scimmiottare alcuno, senza ergersi a qualcuno, senza dire quello che non si conosce.

Tommaso Paradiso, loro frontman, un po’ ribelle e un po’ adeguato, incarna lo spirito di un tempo di fronte a cui non si può chiudere gli occhi e che non è fatto solo di elementi negativi, soprattutto se si considera l’energia e la voglia di esserci che il suo fare, ancorato e stralunato allo stesso tempo, cinico e strafottente ma anche lucido e caparbio, è in grado di sprigionare senza sosta. Uno zeitgeist con cui, volenti o nolenti, bisogna fare i conti e che, al di là di tutto, mantiene ancora delle forti somiglianze con i rimpianti anni passati, che Tommaso con la sua band fa sentire lontani e fa rivivere, con il merito, rispetto ad altri, di crederci, così come le tante mani alzate di fronte a lui, che sono senza tempo.

 

(foto di Riccardo Ambrosio)
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