Musica

Ennio Morricone, il genio, l’uomo e il padre

9 Aprile 2025

 

FIRENZE _ “Lo studio era il suo regno segreto. Nessuno poteva profanarlo, nessuno poteva entrarvi. Là dentro i suoni lo catturavano, lo possedevano, si rincorrevano nella sua testa, senza fermarsi mai. Forse la verità è che una parte della sua mente, ovunque egli fosse, non smetteva mai di pensare in musica”. Queste parole introducono uno dei libri forse più intriganti e coinvolgenti scritti su Ennio Morricone, geniale compositore, uomo del nostro tempo, il cuore nel passato e la mente al futuro, sperimentatore e innovatore che cambiò per sempre il modo di vedere un film. L’autore, o meglio il tandem di autori è in primis Marco Morricone il figlio che seguì il padre in giro per il mondo dagli incontri in America al Giappone e poi il giornalista del “Corriere della sera” Valerio Cappelli, grande amico del padre e suo. “Ennio Morricone, il genio, l’uomo, il padre” edito da Sperling &Kupfer (272 pagine, 18,90 euro) come rivela in apertura nella prefazione Aldo Cazzullo è “un libro in cui l’uomo prevale sul musicista, la persona sul personaggio”.

Ennio Morricone e il regista Quentin Tarantino. Il compositore scrisse la musica per il film “Hateful Eight” per il quale vinse l’Oscar come migliore colonna sonora nel 2016

Un racconto sorprendente che tiene incollati sino all’ultima pagina e, come evidenzia sempre Cazzullo, racconta episodi inediti, curiosità e passioni del grande musicista.. Dall’avversione alla tecnologia all’ostracismo del mondo accademico, le incomprensioni con le star, l’individualismo e l’estraneità al rock, la proibizione in casa, per i figli, ad ascoltare musica, la spiritualità e il calcio, le lacrime versate per i ragazzini della favela brasiliana e la golosità per i cioccolattini. Il libro è stato presentato questi giorni presso la Fondazione “Franco Zeffirelli” di Firenze dai due autori, Marco Morricone e Valerio Cappelli, mentre  l’altro figlio del compositore, Andrea ha eseguito al pianoforte due brani del padre.

Ennio Morricone, il genio, l’uomo, il padre” è un libro che si legge con trasporto e ben raffigura Ennio Morricone genio musicale, come uomo colto nella quotidianità e con tutte le caratteristiche di intellettuale curioso e rigoroso. Ne viene fuori una bellissima storia di un eroe del nostro tempo. Maestro non solo di musica ma anche di vita. E sono ammirazione, affetto, distacco i sentimenti che riportano il figlio Marco al rapporto con il padre. Come racconta nel suo libro, la relazione più intensa con il genitore inizia a 45 anni d’età. Quando gira per il mondo assieme a lui e alla sua musica. Come avvenne l’immersione in un mondo che fino ad allora era lontano, sconosciuto e misterioso?

Marco Morricone (a sinistra) e il giornalista Valerio Cappelli autori del libro dedicato al compositore : “Ennio Morricone, il genio, l’uomo, il padre” presentato a Firenze.

In realtà -risponde Marco Morricone – il rapporto si è intensificato prima, verso i trentacinque anni. Mi sono immerso in un mondo in cui certamente conoscevo tanti collaboratori, ma bastava considerare papà come papà e non come personaggio. E’ una distinzione enorme perchè al di là di tutto è stato importantissimo scindere i ruoli. In realtà era un mondo in cui partecipavano tante persone e tanti amici e muoversi era come stare in una carovana”.

Ricorda un episodio particolarmente significativo del vostro girovagare. C’è un momento in cui -può essere accaduto in Cina come in Russia o in Australia- in cui vi siete trovati faccia a faccia per la prima volta a scrutarvi nel profondo e parlarvi senza veli?

Ricordo due momenti per me scritti sulla mia pelle in modo indelebile; una volta eravamo a Fiumicino e ci stavamo imbarcando per non so dove e mi mise in mano la borsa con la sua musica, e un altro a casa mi fece uno dei rari complimenti che recitava così: “ho visto poche persone organizzare il tempo come fai tu”. E’ stata una gioia enorme per me, non è mai stato così prodigo di complimenti. Parlarci senza veli tante volte, di argomenti disparati, ma mio padre parlava poco e aveva un’altra modalità comunicativa”.

Il compositore romano di Trastevere Ennio Morricone in compagnia della moglie e sua Musa, Maria Travia sposata nel 1956 e con la quale ebbe quattro figli

Frugando tra le sue cose trovò un biglietto : “Nell’amore come nell’arte la costanza è tutto. Non so se esistano il colpo di fulmine, o l’intuizione soprannaturale. So che esistono la tenuta, la coerenza, la serietà, la durata». Chi l’ha scritta? E cosa rivela di Morricone questo pensiero?

L’ha scritta lui, era convinto che l’ispirazione non esistesse; rivela semplicemente i sacrifici, i tormenti di un uomo che ha probabilmente sofferto molto, senza temere di mettersi in discussione. Anche perché, e in questo escono fuori le sue contraddizioni, quando scrisse The Mission. Premesso che non intendeva fare il film, perchè riteneva che avrebbe solo potuto rovinarlo, disse che la sua ispirazione per i tre temi fondamentali del film gli venne dalla Trinità (Padre, Figlio e Spirito Santo). E qui si potrebbe parlare all’infinito della sua religiosità”.

A sua madre una volta disse che “aveva la musica dentro di sé”. Affermò: «ho la testa piena di note, di accordi; certe volte sento che mi sta scoppiando». Come traduceva tutto questo in canzoni e musica? Negli anni Sessanta diede un ruolo nuovo agli arrangiamenti che non dovevano essere meri accompagnamenti ma dovevano inserire pezzi di realtà. Se Telefonando” uno dei brani più belli della musica italiana di tutti i tempi, ne è un esempio: portato al successo da Mina aveva musica e arrangiamenti di Morricone. Era il 1966. Fu una rivoluzione.

La copertina del disco singolo a 45 giri “Se Telefonando” cantato da Mina Mazzini, musica e arrangiamenti di Ennio Morricone, pubblicato nel 1966

Quando si vendevano i dischi 45 giri, c’erano delle cabine nei negozi dove si poteva ascoltare qualche secondo il pezzo; e in quei secondi ci doveva essere qualcosa che catturasse l’ascoltatore. E comunque gli arrangiamenti furono uno dei percorsi in cui creò commistione tra i suoi studi classici e la musica più commerciale. Riguardo a “Se Telefonando” è stata una idea tradotta in musica semplificando i suoni prendendo spunto da una sirena di una ambulanza francese”.

Sergio Leone ed Ennio Morricone, storia di una grande amicizia. Pur conoscendosi da compagni di scuola diventarono amici lavorando assieme. Con il regista Morricone si sentì libero fino in fondo con la musica. Sperimentò soluzioni fino allora inedite per le colonne sonore. In particolare per Sergio Leone componeva la musica prima del girato. Come era costruito il loro rapporto di lavoro?

Sergio e papà si persero di vista dopo la scuola e si ritrovarono per lavoro; erano certamente amici ma il “dio lavoro” era centrale; tutto era figlio degli arrangiamenti, in particolare la capacità di riprodurre con gli strumenti certi rumori. E’ vero che Sergio voleva girare con la musica in sottofondo, per cui veniva scritta prima seguendo il copione e i racconti di Sergio stesso che spiegava anche le inquadrature. Non era completamente libero, perchè era legato al tempo e allo scorrere delle immagini. Ma comunque son cresciuti insieme fino a raggiungere l’apice in C’era una volta in America

In questa vecchia immagine sono ritratti i compagni di scuola Sergio Leone (a sinistra) ed Ennio Morricone (a destra) diventarono amici sul set cinematografico

Potrebbe rievocare l’incidente Kubrick? Il grande regista inglese voleva che Morricone scrivesse la musica per “Arancia Meccanica” ma la cosa non andò in porto perchè?

Stanley Kubrick chiamo Sergio Leone per fare da tramite con papà perchè voleva offrirgli di scrivere la musica di Arancia Meccanica; non andò in porto perchè Sergio rispose che Morricone stava lavorando per Giù la testa e non poteva. In realtà Giù la testa era finito stavano lavorando al montaggio. Fu un grande dispiacere”.

Morricone e il calcio. Fu vero amore?

Era uno splendido diversivo. Dovunque eravamo ci collegavamo con siti pirata per vedere le partite della Roma. Spesso da dietro le quinte gli facevo dei cenni quando segnava. Andava ogni tanto a Trigoria con Nicola Piovani a seguire gli allenamenti della squadra”.

Quanto pesò nella sua vita di figlio, negli studi e nel lavoro, avere un cognome così ingombrante?

Parecchio. Però è stato un grande privilegio poterlo seguire per imparare; anche se è stato faticoso perchè le aspettative sono sempre alte e dover dimostrare sempre di più è stata come prendere parte a una maratona tesa a rincorrere mio padre che avevo avuto distante da piccolo. Ma poi, dopo una lunga corsa, credo di aver raggiunto l’obbiettivo, nonostante cercassi con abnegazione la “normalità””.

Un’immagine colta al volo di Ennio Morricone e Sergio Leone. Il musicista romano compose grande parte delle musiche dei film di Leone

Ma risponde al vero che suo padre fosse costretto a chiudere a chiave il suo studio perchè altrimenti lei avrebbe saccheggiato i vinili per passarli agli amici, che poi li avrebbero registrati?

E’ vero, ma io rubai un vinile solo una volta e se ne accorse immediatamente. In realtà era mia madre che per imbonire i professori, li regalava. Quindi, quando usciva dalla sua “tana” , chiudeva a chiave la porta e quella chiave la teneva attaccata al collo con un legaccio”.

Seimilacinquecento pezzi musicali. Solamente nel 1969 scrisse ben diciotto colonne sonore. A sovrintendere tutto era “la voce della gente” cioè sua madre. A lei dedicò i due Oscar. Fu vera simbiosi la loro unione?

Quanto ha scritto, in qualche modo appartiene in parte a nostra madre; era il primo “orecchio”, magari non raffinato da studi, ma abbastanza sofisticato ed essere vicino al “popolo”. A lei ha dedicato i due Oscar e penso che il loro rapporto sia stato assolutamente totalizzante e simbiotico. Lei leggeva i copioni, glieli raccontava e papà scriveva”.

L’attore americano Clint Eastwood eroe dei film spaghetti western inventati dal regista romano Sergio Leone (dal film “Il Buono, il Brutto e il Cattivo).

Il rapporto con Hollywood. Sembra di capire che inizialmente con gli americani ci fosse una rispettiva diffidenza. Con Clint Eastwood ad esempio non scattò una particolare amicizia al tempo degli spaghetti western in Italia (anche se poi a distanza di anni qualcosa maturò). Piccola e grande eccezione il rapporto con il regista Terrence Malik, per il quale compose la colonna di “Giorni del Cielo”. Morricone sembra avere una particolare venerazione per l’intellettuale e uomo di cinema. Cosa trovava in questo artista solitario? Una vicinanza?

Non è esattamente così; a papà fu offerto negli anni Ottanta di trasferirsi ad Hollywood; papà scelse di restare in Italia e scattò successivamente una molla reciprocamente, al punto che fu chiamato da De Palma a Barry Levinson, da Tarantino a Terrence Malik e da altri e fu una strana scoperta la collaborazione tra un cinema “industriale” come quello americano, con una persona che usava penna e pentagramma cartaceo, non il computer. Lo strano rapporto con Terry Malik nacque durante gli incontri per la musica de I Giorni del cielo; la cosa strana è che papà non parlava inglese e lui non parlava italiano, ma intrattennero per anni una corrispondenza epistolare assolutamente personale e quasi segreta. Malik era più un intellettuale che uomo di cinema, forse un poeta dell’immagine al punto che non rilascia interviste ed è una persona splendida e riservatissima; forse, questa reciproca solitudine li ha accomunati ed uniti”.

Roma, 2018. Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia. Concerto in onore dei 90 anni di Ennio Morricone nella foto con Nicola Piovani (foto Musacchio-Ianniello)

A proposito di amicizie. Oltre a quella con Leone e Tornatore chi erano gli altri inseparabili di Morricone?

Quincy Jones, Nicola Piovani, John Williams, e altri che non mi sovvengono ma comunque l’amicizia era una cosa seria e mio padre doveva stimare le persone con cui condividere spazi. Certamente anche taluni collaboratori di parecchi decenni”.

I riferimenti musicali classici di Morricone erano Bach e Stravinskij. Come guardava al jazz e al rock?

Bach, Stravinskij, ma anche Pierluigi da Palestrina e Frescobaldi. Era infarcito degli autori classici. Ascoltava pochissimo e comunque soltanto classica. Noi figli non avevamo il permesso di mettere musica in casa perchè lo avrebbe condizionato nella scrittura. Quel che è certo, ricordo che quando vinse il Polar Music Prize, una sorta di Nobel per la musica, scoprì una cantante di nome Bjork che lo intrigava dal punto di vista professionale”.

Una bellissima scena dal film “Ennio” del regista Giuseppe Tornatore grande amico del compositore. Morricone nel suo studio mentre dirige idealmente la sua musica

La partecipazione al collettivo di Nuova Consonanza fu un periodo sperimentale di felice creatività. Quanto influenzò il lavoro compositivo di quegli anni?

Nuova Consonanza, gli arrangiamenti, i musical, il cinema, le canzoni è tutto legato da un fil rouge di esperienze. Ogni percorso è stato figlio di un altro e lo influenzò fortemente”.

Il caso di “The Mission”, il mancato Oscar. Poi arrivarono quelli del 2007 e 2016. Un risarcimento morale con cui anche l’America tributò il giusto riconoscimento al grande maestro. Come lo visse Morricone?

Il caso di The Mission probabilmente fu un’ingiustizia; la prese male, ma papà non era tipo da ritenere un premio come punto di arrivo, ma un punto di ripartenza. L’Oscar alla carriera del 2007 fu probabilmente un risarcimento morale, ma quello per Hateful Height non credo…”

Un primissimo piano del compositore romano Ennio Morricone spentosi a Roma cinque anni fa (dal film “Ennio” del regista cinematografico Giuseppe Tornatore)
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