Musica

Edoardo Brotto, pittore di suoni

16 Dicembre 2019

Landscapes, paesaggi, è un album del pianista compositore Edoardo Brotto, giovane, energico, supervirtuoso e seducente. Insomma ce le ha tutte. Per di più, e ciò si integra perfettamente colla musica, è pure fotografo. Sul suo website www.edoardobrotto.com le immagini di una natura alpina a lui prossima incantano per la bellezza dei luoghi e per i momenti di solitudine e raccoglimento captati dall’obiettivo. E si comprende meglio perché lui componga in questa maniera la sua musica.

Ascoltando i brani dell’album le suggestioni si sprecano, perché Brotto è un pianista compositore che sa ciò che sta per fare quando mette le mani sulla tastiera. Le sue idee si traducono immediatamente e senza alcuna esitazione in suoni che hanno del sovrannaturale, non ci si spiega come faccia.

The Temple of the Giant, foto di Edoardo Brotto

Questi paesaggi di Edoardo Brotto sono la dimostrazione che nel 2019 si può comporre musica che rientri, se proprio fa comodo classificarla, in un quadro “classico”, anche se secondo me va oltre. Lontano dalle banalità di pianisti compositori con teste ricciute o con composizioni che sembrano esercizi preparatori per il secondo anno di pianoforte, che vanno per la maggiore e che riescono pure a farsi osannare da un pubblico evidentemente assetato di ovvietà, le opere di Brotto rimpinguano di sangue l’anemico mondo musicale moderno. E lui lo fa creando e citando atmosfere e melodie, À la manière de… proprio come facevano alcuni grandi compositori di tanti anni fa. In una seduta spiritica, forse, gli avranno comunicato i loro segreti e le loro inarrivabili tecniche, perché la materia che Edoardo Brotto domina ha un notevole spessore. Ciò che è più difficile da immaginare è che buona parte delle sue composizioni non sono scritte su spartiti ma vanno direttamente dalla sua mente alle mani producendo la meraviglia di chi ascolta ogni volta che lui le esegue. Soprattutto se lo si ascolta per la prima volta si rimane impressionati dalla sicurezza e prodezza tecnica, prodezza che non è fine a sé stessa ma è serva dell’espressione, perché in questa combinazione di stili, di tecniche, di fraseggi, la sensazione è quella di trovarsi di fronte a un grande artista. Certo, se si è abituati ad ascoltare la musica in sottofondo, come se fosse un piano bar, va benissimo la musica per ambienti e aeroporti di quei due pianisti compositori di cui accennavo sopra. Ma se si è pronti per qualcosa di più che possa riaccendere entusiasmi assopiti da tempo e che non si sperava di risuscitare, allora, Edoardo Brotto può essere un buon investimento emotivo.

Un grande ancora poco conosciuto ma che si spera riesca a sedurre chiunque lo ascolti. Basta solo un atto di volontà e scegliere. È la cosa più facile del mondo. Landscapes di Edoardo Brotto è su Spotify.

Ecco i paesaggi.

1) Devil’s Dance (op.3)

Il compositore l’ha fatto come piaceva a lui, dispiegando la sua creatività. Come se il diavolo fosse un pianista o come se un pianista fosse invasato dal diavolo. Ovviamente un diavolo su una tastiera ne combina di tutti i colori, letteralmente, combinando e scombinando marce, valzer, danze d’ogni tipo, stili diversi, divertendosi a scorrere per il tempo e per lo spazio, al di là dei significati che tempo e spazio hanno nel linguaggio musicale.

L’inventiva di Edoardo qui si esprime in uno dei suoi massimi gradi, con reminiscenze diaboliche che vanno da Chopin a Prokofiev a Rakmaninov a Gershwin a Debussy a Ravel a Kreisler a Williams a Respighi a Stravinsky in un flusso continuo, un vortice dantesco in cui fa piacere trovarcisi. Da autentico diavolo della tastiera, insomma, Diabolus in musica.

2) The Magical World (op. 5 n.2)

Questo è un mondo magico e liquido dove risuona il gocciolare della mano sinistra sui suoni gravi, come se una grande goccia cadesse regolarmente su una campana e scandisse il ritmo del flusso d’una corrente d’acqua che le passa accanto che ogni tanto si ferma e gocciola anche lei, urtando qualche campanella, e che conduce a una vasca più azzurra e ampia, illuminata da un chiarore arcano mattutino e improvvisamente pomeridiano. Sull’acqua danzano le divinità delle fonti e dei fiumi. A Ravel e Debussy sarebbe piaciuto. Forse anche a Saint-Saëns. Composto solamente in mezzora.

3) Fantasia quasi sonata (op. 8)

Questo è un dialogo musicale tra Chopin e Rakmaninov, due tra i padri ispiratori della composizione di Edoardo Brotto. Due linguaggi profondamente diversi eppure ragionanti insieme, e quante cose si dicono quei due… Sai, io qui ricercavo la mia anima profondamente romantica mentre ero a Valldemossa con George Sand, che bei tempi, la mia vita era un valzer… un inverno rigido, non faceva che piovere, io ero malato ma suonavo e scrivevo, scrivevo e suonavo. Che tenerezza, e come lo esprimi bene! Io invece qui rielaboravo tutto l’Ottocento per dare un senso al mio Novecento… e così via in un continuo scambio e fusione di pensieri, scambi di battute, di stili, di sospensioni, di frasi e temi ripetuti per spiegarle meglio all’interlocutore. Una sorta di reciproca intervista impossibile tra due amici di età diversa e con visioni diverse che si esaspera per spiegarsi meglio ad ogni intervento ora dell’uno ora dell’altro e che si conclude con un addio rapido, con pagine di virtuosismo degne di entrambi gli autori. Edoardo Brotto è il terzo in questo dialogo oltre il tempo e lo spazio, il medium attraverso il quale i due fantasmi riescono a comunicare tra loro producendo una vera Fantasia nell’accezione primaria del termine.

4) Prelude in C (op.5 n.1)

Apparentemente minimalista, questo preludio in realtà è d’atmosfera e non ha nulla della noia che caratterizza i brani minimalisti che cambiano una nota ad ogni arpeggio e bon alè. Qui c’è uno sviluppo e s’insinua una melodia che ricorda Rakmaninov mentre poi riprendono gli arpeggi per interrompersi improvvisamente. Ci racconta Edoardo che anche questo brano è stato composto quasi istantaneamente.

5) Valse Scherzo (op.4)

Grande omaggio a Chopin in forma di scherzo, dove però è assente la componente beethoveniana che si trova negli scherzi di Chopin. Un paesaggio con sentieri che vanno giù rapidi, un po’ sdrucciolevoli, fatti di cromatismi tipici di Chopin, per riprendere il costante ritmo di valzer e dispiegare una catena montuosa che si affronta un po’ con affanno ma che dà tante soddisfazioni. Una volta in cima ci si può permettere di rilassarsi, si respira più lentamente e si vede meglio anche dentro di sé; tutto si placa e ci si abbandona al lirismo. Si riprende il cammino sempre in quota, con una nuova consapevolezza, sempre adagio, perché ci sono fasi della vita in cui non serve correre, ma serve rimembrare, anche i momenti malinconici, non tanto scherzosi, a dire il vero. Un amore giovanile, un altro più maturo. La tenerezza di quei momenti. Che vista da lassù… di tanto in tanto una lingua di nebbia accarezza un bosco di ricordi ma si dissolve in fretta. Ma ora è il momento di scendere di nuovo a valle, si scende agilmente mentre maggiore e minore si scambiano di continuo, rifocillati da una scorpacciata intimistica. Il percorso si fa più piano, ci si può rilassare di nuovo, ripensando all’inizio del cammino e alle perplessità immediatamente risolte dopo quella meditazione in cima al monte. Velocemente si va verso la meta, con animo sereno e rilassato e con una gran fame. Dopo una discreta abbuffata di virtuosismi su un percorso in grande pendio, una torta ci attende per rifocillarci d’altro.

6) Summer Rain (op. 5 n.3)

Omaggio a Ravel. Pioggia sulle foglie, da tutte le direzioni, le armonie s’incrociano, i piccoli flussi s’incontrano e poi seguono le loro strade, alto pezzo impressionistico pieno di sorprese liquide, illuminate da sprazzi di luce che intercettano le gocce e provocano arcobaleni.

7) Game of Throne Variations (op.6)

È composto di tre brani su un tema della serie tv Game of Thrones. L’idea di scrivere qualcosa su quel tema viene dalla sorella di Edoardo. L’influenza di Brahms nella prima parte sontuosa e massiccia, quasi sinfonica, è evidente ma è sempre frutto del filtro di Edoardo. È come se Edoardo fosse visitato dai vari spiriti del passato che hanno lasciato in sospeso qualcosa e, apparsi in sogno, lo hanno incaricato di colmare quel vuoto insopportabile, che dall’altra parte della barricata appare incolmabile ed è per questo che si ha bisogno di un pianista compositore sulla Terra per poter arrivare alle orecchie degli abitanti ancora vivi. Ma ecco che arriva il fantasma di Rakmaninov che s’impossessa delle melodie e le trasforma come sa fare solo lui. Le mani di Edoardo scorrono indiavolate, il tema riappare e scompare, diventa quasi wagneriano, come nella Morte di Isotta rivisitata da Liszt, che spunta da qualche parte per poi tornare da dov’è venuta, mentre si anticipa un valzer nebbioso. Arrivano le campane, rintocchi pesanti che poi s’intensificano e riprendono il tema in forma di valzer, più rapido e affermativo di quello di prima, arricchito di risonanze profonde, ottenute col pedale tonale e su questa risonanza il sole tramonta sui paesaggi.

 

 

© Dicembre 2019 Massimo Crispi

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