Musica
E il mio maestro mi insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire
È morto Franco Battiato. Oggi non vedrò niente alla tv, nessuno di quei melensi programmi celebrativi del morto, né ascolterò intere canzoni del maestro, non ce la faccio, mi viene da piangere: esse hanno risuonato per anni e anni nella mia stanza mentre studiavo, nella mia macchina mentre mi spostavo, nelle mie cuffiette mentre camminavo nei monti o correvo sulla spiaggia. Mi hanno fatto vivere momenti di gioia, di profondità, di autentica spiritualità, hanno accompagnato i miei giorni tristi, e talvolta sono diventate delle preghiere laiche, tanto che sarebbe molto facile estrarne delle frasi qui e lasciarle come versetti di un testo sacro. Ma adesso sono in lutto, come se fosse morto un mio parente stretto. Non ce la faccio a vedere trasmissioni che troppo superficialmente parlino di lui, lo conosco troppo bene, ho letto alcuni libri, ma lui era tutto lì nelle sue poesie, nelle sue canzoni, nei suoi ritmi. Da giorni, forse più che giorni direi da mesi, pensavo che prima o poi sarebbe venuto questo momento del congedo Franco Battiato, che aveva conosciuto Gurdjieff, credeva nella reincarnazione, era uno gnostico, un Sufi, e io rispetto questo tipo di spiritualità anche se mi è lontana.
Eppure, credo che come dice Teilhard de Chardin “ciò che sale converge”: non ha alcun senso dividersi quando si cerca qualcosa di superiore a questa volgarità che ci circonda, a questa nostra povera patria: il mondo terreno. «E il mio maestro mi insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’ imbrunire», da La prospettiva Nevskij. La allego in un incantevole duetto con Alice.
Grazie Maestro
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