Musica

Quattro dischi (e un libro) per l’autunno 2017

4 Ottobre 2017

Kaitlyn Aurelia Smith

The Kid (Western Vinyl)

Personaggio trasversale e interessantissimo della scena elettronica americana contemporanea (ricordiamo lo splendido lavoro dello scorso anno in collaborazione con a mitica Suzanne Ciani, “FRKWYS Vol. 13 Sunergy”), Kaitlyn Aurelia Smith torna prepotentemente alla ribalta con il nuovo “The Kid”.

Tra suggestioni esotico orientali, la condotta vocale intima e incantatoria, il lavoro è un coloratissimo viaggio, fascinosamente in bilico tra pop e sperimentazione e splendidamente “orchestrato” attorno alla straniante dicotomia tra la raffinatezza dei processi sonori e lo stupore quasi infantile di alcune melodie.

Disco che piacerà trasversalmente ai fan dei Mùm e ai nostalgici di Raymond Scott, “The Kid” si muove nel solco di un’elettronica lontana da sfrontatezze e massimalismi (e forse in qualche momento a rischio evanescenza), ma stratificata con grande finezza.

 

John De Leo & Fabrizio Puglisi

Sento doppio (Carosello)

Duo inusuale e intrigante quello tra la voce di John De Leo (che ricorderete nei primi Quintorigo e che poi ha sviluppato una propria carriera solista spesso intrecciata a ottimi nomi jazz) e il pianoforte di Fabrizio Puglisi, improvvisatore e jazzista tra i più originali e poliedrici in circolazione.

Inclassificabile, teatrale, emotivamente trasversale, ironico e rispettosamente aperto alla rilettura di Coltrane e Monk (Naima e Crepuscule With Nellie), il duo dialoga, flirta, bisticcia, sbeffeggia, si fa improvvisamente serio, comunque attentissimo a non farsi mai acciuffare.

 

Four Tet

New Energy (Text Records)

Eccolo, finalmente, il nuovo Four Tet. O forse potremmo dire il consueto Four  Tet, dal momento che il talentuoso artista inglese da un lato non abbandona l’abituale, raffinata, qualità del processo compositivo elettronico, dall’altro evita di uscire eccessivamente dai sentieri conosciuti e allestisce un disco colorato e morbido.

Certo, influenze soul-quartomondiste non mancano. Non sono mai mancate in fondo nelle sue prove migliori, bravo com’è a scovare campionamenti e atmosfere efficacissime con la pervicacia di un nerd nella sua cameretta (tanto poi nei festival e nei club lo attendono a migliaia). Così come un’attitudine dichiaratamente più morbida e da ascolto – scelta che denota intelligenza, confermiamo anche questa – che dovrebbe piacere un po’ a tutti senza turbare gli animi né accendere scintille sconosciute.

 

 

Mike Cooper

Raft (Room40)

Una nuova meraviglia dallo scrigno magico di Mike Cooper, chitarrista che dal folk blues degli anni Sessanta è approdato nei decenni a uno sgargiante sperimentalismo nutrito di fonti esotiche. I suoi lavori dedicati ai Mari del Sud – che fanno il paio con la sua inconfondibile collezione di camicie hawaiiane – sono tra le cose più belle uscite negli ultimi anni e “Raft” è un altro tassello di questo affresco dai profumi lontani.

Steel guitar, ronzii di insetti, gocce vaporizzate tra foglie giganti e spiagge inquiete, le tracce di questo lavoro trasportano in un mondo che echeggia stupore e che si rilassa ai vostri piedi consentendovi di accarezzarne la superficie morbida. Sognante.

 

Simon Reynolds

Polvere di stelle (Minimum Fax)

Orfani di Bowie e Freddie Mercury, nostalgici dei Roxy Music e di Marc Bolan. Questo libro è per voi.

In realtà è anche per tanti altri, perché le storie che Simon Reynolds – autore giustamente amato e ampiamente tradotto anche in Italia – racconta in 600 pagine fitte fitte di musica (di quelle che vi vien voglia ogni 10 righe di andare a ascoltare qualcosa su YouTube), sono tenute assieme con grande acume e raccontano un mondo, quello del glam rock, che si svela come luccicante paradigma della nostra contemporaneità.

E allora spazio a Alice Cooper e agli Ultravox, ma anche a Oscar Wilde e Lindsay Kemp, a Iggy Pop e Andy Warhol, a Brian Eno e a John Waters. Ma soprattutto, come dicevamo, a un Bowie attraversa tutto il libro come un Virgilio mutante… impossibile non farsi abbacinare. E non parlo solo di lustrini!

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