Musica

Dischi e libri di musica sotto l’albero!

9 Dicembre 2016

Sotto l’albero, se non si vuole rischiare, un classico del jazz è sempre una garanzia. Un’idea interessante – a patto di non incappare nel purista pignolo – è quella di scegliere, in vinile o in cd, tra i cinquanta dischi ristampati nella collezione Jazz Images.

Dischi celebri di Miles Davis, Chet Baker, Nina Simone, Dexter Gordon, Duke Ellington, Oscar Peterson e molti altri, vengono infatti qui proposti con una copertina originale, una fotografia dell’artista scattata – tra gli anni ’50 e ’70 – dal bravissimo fotografo francese Jean-Pierre Leloir. Sono foto in bianco e nero, spesso iconiche (pensiamo a quella che ritrae Sarah Vaughan e Quincy Jones rilassati con un vecchio registratore a bobina, qui sopra), che restituiscono con eleganza i tempi in cui quelle musiche sono state immortalate.

Tra i tanti dischi a disposizione (qui la lista), scegliamo, anche per il suo legame con l’Italia, “Chet Is Back” di Chet Baker, disco inciso nel 1962 a Roma per la Rca, alla testa di un sestetto di musicisti europei tra cui l’allora giovane Daniel Humair alla batteria e Amedeo Tommasi al pianoforte. Italiane anche le quattro tracce bonus, catturate a Milano nel 1959: qui Baker era con delle colonne del nostro jazz di allora come Gianni Basso, Glauco Masetti, Renato Sellani e Franco Cerri (al basso e non alla chitarra).

Ma dai, qualcuno di voi, mi potrebbe dire. “Basta dischi” e narrazioni preconfezionate, oggi chi ascolta si costruisce una propria playlist!
Ed ecco che, fresco di stampa,  c’è il libro “Storia di una playlist. Playlist di una storia” (Arcana Edizioni), scritto dal dj e conduttore radiofonico Raffaele Costantino (lo ascoltate su Radio2 con Musical Box).

Come dice il titolo, si tratta di una sfaccettata e avvincente riflessione sul concetto stesso di playlist, della sua capacità di raccontare delle storie a partire dal vissuto di chi la compila. Da Flying Lotus a Donald Byrd, passando per Thom Yorke, James Blake e molti altri, un viaggio che vi terrà compagnia e ve ne ispirerà altri.

 

Tornando ai dischi, un lavoro dal piglio invernale e meditativo, perfetto per riposare le orecchie dalla confusione delle feste natalizie, è “Streams” (Ecm Records) del trio del chitarrista Jakob Bro. Insieme a due meravigliosi e telepatici poeti del contrabbasso e batteria come Thomas Morgan e Joey Baron, il musicista danese costruisce un lavoro dalla raffinatissima tessitura sonora, dentro cui perdersi senza altri pensieri. Perfetto per amici stressati.

 

Per il jazz italiano è stato un anno davvero proficuo: formazioni come i Multikulti di Cristiano Calcagnile, il duo Mitelli/Mirra o gli Hobby Horse, ma anche il nuovo quintetto di Piero Bittolo Bon, il trio di Filippo Vignato o i Travelers di Matteo Bortone si sono confermati tra le più felici espressioni della nostra scena creativa.

Tra le tante uscite dell’anno, mi piace però qui segnalarne due, di artisti con una lunga esperienza, ma che chi ama le vicende del nostro jazz potrebbe apprezzare sotto l’albero. Uno è “Inner Sounds” (Abeat Records) del doppio quartetto di Claudio Fasoli (storico sassofonista dei Perigeo), felice affresco di traiettorie acustiche e elettriche elusive e efficaci. L’altro è “Tiresia” (autoprodotto) del quartetto Enten Eller, formazione dalla storia ormai trentennale. Tra libertà improvvisativa e avvolgente capacità di partecipazione alla creazione sonora.

  

 

Un regalo originale, trasversale e poetico è il libro “Hazkarà” (13/Silentes) che raccoglie racconti e liriche di Mirco Salvadori (nome che agli appassionati di musica suonerà familiare per la lunga militanza critica a Rockerilla e l’impegno con la net-label Laverna). Testi riflessivi e intensi, accompagnati nel volume dalle fotografie di Monica Testa e Stefano Gentile, nonché da un cd con musiche originali di un musicista ambient di classe come Gigi Masin. Consigliato per coltivare le ottime amicizie malinconiche e notturne.

 

Per chi pensa a un Natale indie-rock, di quelli con Santa Claus che ha la barba di un hipster degli Appalachi e le renne a tricot sul maglione, non può mancare sotto l’albero il nuovo lavoro dei Lambchop, “Flotus” (Merge Records). La voce meravigliosa di Kurt Wagner, qui spesso trasfigurata da fantasmatici assestamenti in autotune, il consueto mix di cantautorato folk, fiati soul e pulviscolo elettronica, garantiscono a questo nuovo disco una magia che lo pone accanto ai capolavori della band di Nashville.

 

Una strenna che piacerà senza dubbio ai tanti fan dei Beatles, ma soprattutto a lettori e lettrici che hanno voglia di una lettura culturale più ampia dei “mitici anni Sessanta”, è il nuovo libro di Gianfranco Salvatore, “I primi 4 secondi di Revolver” (Edt, 400 pp., 25€).

A partire da quei primi quattro secondi e dalle apparentemente caotiche tracce di rumori vari che contengono, Salvatore traccia una interessantissima storia di come una serie di contesti sociali, artistici e (contro)culturali siano confluiti nel giro di pochi anni nel tessuto della stessa canzonetta pop, dando vita a universi e stimoli che hanno unito stimoli colti e popolari, geografie e sonorità differenti.

Dai Beatles a Jimi Hendrix, passando per l’avanguardia artistica e le droghe, l’India e John Coltrane, un viaggio densissimo che vi farà venire voglia di riascoltare un sacco di dischi di quel periodo. Con orecchie nuove.

https://youtu.be/wRdZTA0uyQI

 

Agli amanti del soul d’annata non posso che raccomandare alcune meravigliose ristampe Motown, Chess e dintorni che tornano disponibili (distribuite da Egea). C’è l’imbarazzo della scelta: il mitico disco di debutto del leader dei Temptations, David Ruffin, “My Whole World Ended” (eravamo nel 1969) ai Four Tops di “Nature Planned It”, disco del 1972 dalla indimenticabile copertina kitsch, passando per il Solomon Burke testosteronico di “Music To Make Love By” e il James Brown in versione “febbre del sabato sera” di “The Original Disco Man”. Non si è mai visto un natale più caldo!

https://youtu.be/3RqbG6uDgII

 

Il regalo giusto per gli amanti dei suoni ambient e della sperimentazione elettronica potrebbe essere l’affascinante “Aven” (Touch) della sound artist britannica Bethan Kellough, che esplora i suoni della natura e della terra (dal rombo dell’attività geotermica in Islanda al vento prima di un temporale in Sud Africa) mettendoli in relazione con inquiete volute di archi. Un’atmosfera solenne e drammatica, una sorta di film sonoro, appare così fantasmaticamente alle orecchie di chi ascolta, davvero suggestivo e emozionante.

 

Chiudiamo i nostri suggerimenti con un ottimo libro adatto agli appassionati di jazz creativo: è “Conversazioni con Steve Lacy” (Edizioni ETS) curato da Jason Weiss e con la preziosa supervisione italiana di Francesco Martinelli.

Non solo infatti il sassofonista soprano (che ha a lungo frequentato l’Italia) è stato uno degli improvvisatori più originali e acuti tra gli anni Sessanta e la sua scomparsa nel 2004, ma – come dimostrano le oltre trenta interviste raccolte nel volume – è anche il pensiero di Lacy a essere illuminante, le sue opinioni sulla musica, le sue testimonianze, la sua obliqua umanità. Un libro che è un vero tesoro per chiunque sia interessato all’argomento.

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