Musica

cartoline acustiche da venezia #04 isola di san giorgio

29 Marzo 2020

Ho la netta sensazione che qualcuno mi stia seguendo. Tutte le volte che attraverso il fascio di luce dei lampioni mi sento osservato. Dall’alto. E così accelero i miei passi nella nebbia e i miei ingressi nel buio sforzandomi di mantenere lo sguardo dritto sul lampione successivo per evitare, innanzitutto, di cadere in acqua. L’isola di San Giorgio, d’inverno e di notte, fa un pò paura. Bisogna dirlo. Perché, per chi non la conoscesse, è realmente un’isola…isolata. Ci si arriva solo in vaporetto (con lunghi intervalli nelle notti nebbiose come questa), in barca, in elicottero o a nuoto. Non ci abita nessuno, non ci sono bar aperti la sera, non ci sono ponti che la colleghino ad altre isole e c’è una scarsa illuminazione. Ma nello stesso tempo, quest’isola, in questo momento, mi sembra sia una sorta di rimedio omeopatico per il logorio della vita moderna del mio immaginario. Il sintomo che ha innescato è una sorta di disagio, con il suo relativo senso di solitudine e disorientamento, e la cura che sta emergendo è un epifania inaspettata dell’ascolto. Nel buio bianco della nebbia, sono circondato da farfalle. Ovviamente non le vedo ma le sento. Sento il suono stranamente metallico del battito delle ali. Suono che non avevo mai immaginato e mai udito prima. Sono contento di poterlo registrare, inventare e condividere.

Buon ascolto!

Questa cartolina è dedicata e spedita a Irene…

Lunedi 13-gennaio-2020

ps

Tornando a casa mi è venuta in mente una frase di Proust… non ricordo da quale volume (generalmente non sottolineo le pagine dei libri) e l’ho cercata online… la traduzione non è un granché ma credo sia comunque interessante da condividere all’interno di questo ciclo di cartoline acustiche.

Alla prossima!

“Basta che un rumore, un odore, già uditi o respirati un tempo, lo siano di nuovo, nel passato e insieme nel presente, reali senza essere attuali, ideali senza essere astratti, perché subito l’essenza permanente, e solitamente nascosta, delle cose sia liberata, e il nostro vero io che, talvolta da molto tempo, sembrava morto, anche se non lo era ancora del tutto, si svegli, si animi ricevendo il celeste nutrimento che gli è così recato. Un istante affrancato dall’ordine del tempo ha ricreato in noi, perché lo si avverta, l’uomo affrancato dall’ordine del tempo.”

Marcel Proust

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