Musica

calcutta

26 Giugno 2019

Ieri sera l’Ippodromo era stracolmo di gente che cantava le canzoni di Calcutta e le sapeva tutte.

Lo sfigato di successo, il giovane goffo, il fenomeno anti talent per eccellenza raccoglie un successo fatto di affetto e di liberazione. Affetto per l’intimità sincera con cui racconta la quotidianità e liberazione perché scardina gli stereotipi dei like e dei selfie.

Insieme a Cosmo, di cui scorrono alcune immagini sul megaschermo alle spalle del palco, Calcutta supera il cantautorato rivendicando una musicalità che può bastarsi senza finire nelle pastoie dell’impegno impegnato.

Calcutta che ha dichiarato, in diverse occasioni, di avere come modello di riferimento Burt Bacharach (un autore che potrebbe essere considerato un Mozart della musica pop), dimostra di conoscerne la limpidità di scrittura.

Un autore come lui non ha bisogno di diventare cantautore e, se nel mezzo del concerto infila dentro il refrain di una vecchia hit di Miguel Bosè, è perché la bellezza e la leggerezza contano più delle patenti ideologiche e dei credo ufficiali.

Saper raccontare il quotidiano facendo scivolare la morale sopra le piccole cose: questa è la musica di cui abbiamo bisogno!

 

Salutami tua mamma che è tornata a Medjugorje
E non mi importa niente di tuo padre,
Ascolta De Gregori
A me quel tipo di gente no non va proprio giù
Taranta, Celestini e BMW

(Limonata) 

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