Musica

Brevi recensioni degli album del weekend 25/11/2017

24 Novembre 2017

Noel Gallagher’s High Flying Bird – Who Built the Moon?

Noel Gallagher con i suoi High Flying Birds al terzo atto prova ma non riesce. Se da un lato cerca di movimentarsi con brani effervescenti e densi nel suono, manca però una coerenza di fondo nella scrittura, come se tutto non fosse altro che un esercizio di stile, diverso dal solito, piuttosto che un’innovazione complessiva. La sensazione è che Noel sia sempre quello degli Oasis, dei primi album dei Flying Birds, e cerchi di adattarsi ad una scena musicale internazionale dove il pop o è dancereccio oppure è contaminato dalle sonorità trap. La prova di ciò potrebbe essere che le tracce migliori sono quelle strumentali, dal sapore classico per così dire: Interlude ed End Credits. Detto questo, tutto scorre senza rimanere nemmeno in superficie. Who Built the Moon? E’ un album evitabile, tanto da spingere a rispolverare If I Had a Gun e Look All the Doors.

Liam Gallagher – As You Were (per confronto)

Liam rispetto al fratello consegna alle stampe un disco maggiormente focalizzato, forse ripetitivo ma denso di pezzi degni di nota da vivere con piacere. Il termine ripetitivo è perché, dimenticate le divagazioni semi psych dei Beady Eye, As You Were risulta una summa di ballate più o meno romantiche, più o meno dotate di struggle. Liam per assurdo è il Gallagher che innova meno, ripete lo stile delle origini ma riesce a farlo con bravura, dando al contempo un senso moderno al termine “pop-rock”. Perle come Chinatown sono componenti di un puzzle intimo, da ascoltare mentre fuori è buio e si desidera staccare la spina anche di chi ti sta vicino.

Cesare Cremonini – Possibili Scenari

Se Cesare Cremonini ha sempre saputo lasciare delle perle in ogni disco della sua carriera, virando verso l’elettronica grazie al supporto del cantante de Le Strisce, con Possibili Scenari ne uccide qualsiasi futura realizzazione. La scrittura risulta poco ispirata sia nelle melodie che nei testi, tranne La Macchina del Tempo la quale rievoca qualità insite ne La Stella di Broadway o GreyGoose. Ci sono poi delle forme-canzone fumose, brutte copie del pop internazionale di tendenza, pratica utile ad un panorama nostrano rimasto alle sonorità di 30 anni fa, ma in questo caso sbavate e senza tinte chiare e forti; mi riferisco in particolare a Kashmir-Kashmir e Un Uomo Nuovo. Logico #1 seguiva la stessa logica ma era tutt’altro pianeta. Riprendiamo in mano i precedenti lavori e confidiamo in ben altri scenari sul lungo periodo.

Galeffi – Scudetto

Maciste Dischi, dopo Canova e Gazzelle, mette in campo il nuovo asso romano in area indie-pop: Galeffi. Si presenta così al pubblico con un disco solare, positivo e dal linguaggio teen, a tratti eccessivamente dolce, ma senza risultare finto. Chiariamoci: le sue non sono canzoni d’avanguardia, è palese siano fatte per arrivare subito e farsi cantare sotto palco. La bravura della scrittura sta nel cogliere dettagli semplici elaborandoli con fantasia, si ascoltino le declinazioni scelte per le Occhiaie, il Polistirolo e il Pedalò rispetto alle storie d’amore. Volendo sbirciare un po’ in là, il – possibile – successo di questo progetto potrebbe risiedere nella narrazione di piccole storie in cui ogni giovane (dall’adolescente al trentenne) si può ritrovare. Sotto l’immancabile dose di cinismo questi sentimenti pulsano ancora e ce n’è bisogno per evitare di gettarsi via. Album da far passare per gli auricolari fantasticando la mattina sul bus.

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