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Bob Dylan: gli 80 anni di una leggenda e di un certo modo di sentire

28 Maggio 2021

“You don’t need a weather man
To know which way the wind blows”

“Non c’é bisogno di un metereologo per sapere da che parte tira il vento”, dove la parola “whaterman” non voleva dire soltanto “metereologo”, ma si riferiva ad un gruppo politico di sinistra radicale nella scena del dissenso americano.

Ha compiuto da poco 80 anni una delle maggiori icone culturali statunitensi. Nonostante abbia all’attivo ben trentanove album e un premio Nobel per la letteratura, non ha intenzione di smettere dopo tre decenni di tour non stop.

Robert Zimmerman nasce in Minnesota nel 1941ed è cresciuto nella città mineraria di Hibbing vicino al confine col Canada. Ha trasformato canzoni di protesta politica a favore dei diritti civili e antimilitariste come” Master of Water” in inni poetici in cui dava voce alla gioventù statunitense. Discendente da immigrati ebrei provenienti dall’attuale Lituania e Ucraina, il giovane Dylan fu ispirato dagli scrittori degli anni 50 dagli avventurosi poeti Beatnik. Parola quest’ultima inventata da un giornalista come termine denigratorio per riferirsi ai membri della Beat Generation, come unione di parole “beat” con il satellite sovietico Sputnik, per sottolineare sia la distanza dei beat dalla società statunitense corrente, sia il fatto che erano vicini alle idee comuniste, in un’epoca in cui gli Stati Uniti vivevano un profondo sentimento di anticomunismo e una paranoica paura rossa durante il periodo maccartista della guerra fredda.

Dylan fugge di casa diverse volte da adolescente, viaggiando attraverso il Messico e la California. Imparò a suonare l’armonica e e uno strumento simile allo Zither austriaco e all’età di quindici anni aveva già scritto la sua prima canzone, una ballata dedicata a Bridgitte Bardot. Suonò in band rock quando frequentava la scuola, e diversamente da quanto si ritiene, la sua scelta di cambiare nome non aveva nulla a che fare col poeta gallese Dylan Thomas. Amava poesie d’amore e considerava le canzoni rock superficiali; le influenze musicali di Hank Williams e Muddy Waters lo condussero a sviluppare il suo personale modo di raccontare, dirigendolo verso la musica folk.

Nei primi anni 60, Dylan abbandonò il college e si diresse a New York facendo l’autostop, qui iniziò a fare concerti a Greenwich Village. La sua musica fu subito notata; un musicista lo descrisse “come un cane con una zampa impigliata nel filo spinato”. Il suo aspetto fisico era intrigante con i suoi capelli spettinati e espressione seria. Il suo album di debutto “Bob Dylan” e il seguente The Freewheelin Bob Dylan” entusiasmò altri cantanti folk come Joan Baez. Il suo album successivo “The Times They Are a Changin” lo resero l’emblema della controcultura. “Blowig in the Wind”, in cui il cantautore del Minnesota formula una serie di domande retoriche che rispecchiano le inquietudini e le preoccupazioni della maggior parte dei giovani dell’epoca, divenne l’inno del movimento per i diritti civili. Nelle domande retoriche del testo si parla di pace, guerra e libertà simboleggiate dalla colomba e dalle cannonate.

Nel 1975, quarant’anni prima che fosse riconosciuto a Dylan il premio Nobel per la letteratura, una scuola superiore dello Sri Lanka sostituì la poesia di Shakespeare in un testo inglese con questa canzone causando diffuso sdegno. Nel 1997 Giovanni Paolo II disse a Dylan che la risposta era proprio nel vento: nel santo spirito che avrebbe condotto i credenti da Cristo.

Dopo essere diventato il paladino della scena folk, il menestrello dell’impegno sociale che, specialmente con il secondo album “The Freewheelin’ Bob Dylan” aveva travolto la scena, decise che era giunto il momento di iniziare a dare una svolta, traghettare il sound della sua musica dal folk acustico all’elettricità. Cambiò per sempre il sound dell’America, noncurante dell’attacco dei puristi che pochi mesi dopo, al Newport Folk Festival, non gli perdonarono il ‘tradimento’.

Iniziò, poi, a produrre musica più personale basata su esperienze della propria vita, sebbene canzoni d’amore come “It Ain’t Me Babe”, in cui descrive l’incapacità di essere all’altezza degli standard della persona amata, nascondono ancora significati politici: la canzone esprime il disagio di Dylan che non amava essere etichettato come il portavoce di una generazione.
Dopo un tour nel Regno Unito, ebbe un incidente di motocicletta che lo portò ad abbandonare la scena musicale per diversi anni.

I suoi ultimi lavori sono più sperimentali. Gli album degli anni 70 lasciarono disillusi molti fans, sebbene il suo album “Desire”, che includeva la canzone “Hurricane” in cui si parla di razzismo e della brutalità della polizia, fu un successo.

Durante gli anni 80, i suoi album contengono canzoni a tema religioso. Il disco “Slow Train Coming”, il primo di una “trilogia cristiana” insieme ai succesivi “Saved” e “Shot of Love”, presenta testi fortemente morali che talvolta assumono i connotati di veri e propri sermoni dal tono minaccioso, di ammonimento per coloro che non credono nella salvezza che viene da Gesù Cristo e nella fede come unico mezzo di remissione dei peccati.

“Non canto alcuna canzone che non mi venga direttamente da Dio”, arriva a dichiarare, lasciando sconcertati pubblico e critica. La nuova svolta dell’ex “portavoce di una generazione” viene tacciata di moralismo, i nuovi messaggi, propugnati con fervore evangelico da parte di colui che era stato il cantore della protesta e degli ideali di libertà, il “menestrello dei diritti civili”, scatenano le ire dei progressisti che lo accusano di essere diventato un bigotto reazionario.

In una lista che Bono Vox scrisse delle “50 ragioni per amare Bob Dylan”, uno dei motivi addotti dal leader degli U2 recitava: “Perché ha scritto Every Grain of Sand”, ultimo brano dell’album Shot Of Love. Un brano in cui sembra vedere il suo dolore, la sua angoscia di fronte al mistero della vita, un’angoscia che viene superata dall’accettazione del fatto che tutto fa parte di un disegno superiore, pianificato, tanto che “ogni granello di sabbia è numerato”.

Dylan sostenne che la canzone gli era stata dettata da qualcuno come se fosse in trance, quello stato, quasi ipnotico, ben reso dalla simmetria e da quell’andamento lento che rievocano le onde del mare citate alla fine della canzone.

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