Musica

Belzebù nel presepe? Perché no?

20 Dicembre 2019

Nel 1905 Maurice Ravel (1875-1937) dedicò una bizzarra mélodie a M.me Jean Cruppi, la moglie del futuro ministro della III Repubblica Jean Cruppi (1855-1933), un personaggio della sinistra radicale francese assai influente.

Madame Cruppi era una brava cantante dilettante, sincera ammiratrice di Ravel, e fu lei che lo sorresse, di lì a poco, nell’avventura della sua opera buffa L’Heure Espagnole, aggiudicandosi così una seconda dedica. E ci sono anche dei legami tra le due composizioni. La composizione s’intitola Noël des Jouets, il Natale dei giocattoli. La tendenza di Ravel a raccontare delle storie attraverso le proprie composizioni è qui ancora più presente che in altre, perché il compositore è pure autore di questo testo fantasioso che però proietta anche un’ombra d’inquietudine.

Ravel ci inoltra subito in una sorta di presepe meccanico fatto tutto di giocattoli-automi, oggetti che gli piacevano molto, tanto da introdurli anche in altre sue opere come L’Heure Espagnole (1907), dove, accanto agli orologi della bottega di Torquemada, figuravano automi semoventi come ballerine danzanti, soldatini, uccelli, galletti… Non dimentichiamo che nell’altra sua opera, L’Enfant et le Sortilège (1925), Ravel anima e fa cantare tutti gli oggetti della stanza dell’Enfant. D’altro canto quest’attenzione verso gli automi nella cultura francese è piuttosto antica e risale al periodo barocco.

Il presepe meccanico di Ravel, presentato quasi con una tecnica cinematografica di piani sequenza, primi piani, panoramiche, messi in risalto dalla musica che accompagna ogni “fotogramma”, è del tutto innovativo e dissacrante. Questo il testo:

 

Le troupeau verni des moutons

Roule en tumulte vers la crêche

Les lapins tambours, brefs et rêches,

Couvrent leurs aigres mirlitons.

Vierge Marie, en crinoline,

Ses yeux d’’émail sans cesse ouverts,

En attendant Bonhomme hiver

Veille Jésus qui se dodine.

Car, près de là, sous un sapin,

Furtif, emmitoufflé dans l’ombre,

Du bois, Belzébuth, le chien sombre,

Guette l’enfant de sucre peint.

Mais les beaux anges incassables

Suspendus par des fils d’archal

Du haut de l’arbuste hiémal

Assurent la paix des étables.

Et leur vol de clinquant vermeil

Qui cliquette en bruits symétriques

S’accorde au bétail mécanique

Dont la voix grêle bêle:

“Noël! Noël! Noël!”

 

La traduzione suonerebbe pressappoco così:

 

Il gregge verniciato delle pecorelle

Avanza tumultuoso verso la mangiatoia.

I conigli tamburini, con suoni rapidi e secchi,

coprono quello acuto dei mirlitoni.

La Vergine Maria, abbigliata in crinolina

Dagli occhi di smalto sempre aperti,

In attesa del Bonhomme hiver

Protegge Gesù, che si dondola nella culla,

Perché, non lontano, sotto un abete,

furtivo, avvolto nell’ombra del bosco,

Belzebù, la bestia oscura,

è in agguato sul bambino di zucchero dipinto.

Ma i begli angeli infrangibili,

Retti da fili d’ottone,

Dall’alto dell’albero invernale

Garantiscono la pace delle stalle.

E il loro volo di vermiglio chiassoso,

Dal simmetrico ticchettio,

S’armonizza al bestiame meccanico

La cui flebile voce bela:

“Natale! Natale! Natale!”

Che raduno è mai questo di giocattoli natalizi meccanici? Un presepe surreale di greggi verniciate che si muove rumoreggiando mentre dei conigli suonano il tamburo, talmente forte da azzerare i suoni striduli dei mirlitoni, flauti di canna, zufoli spesso utilizzati dai bimbi, come i moderni kazoo, una Madonna bambolina con occhi di smalto aperti in perpetuo sbigottimento, un bambinello Gesù di zucchero o forse di marzapane, gli angeli infrangibili appesi all’albero di Natale che proteggono la pace della stalla mentre il diavolo, in agguato nell’ombra, non aspetta altro che assalire la mangiatoia e divorare il bambino sacro.

Ebbene sì, nel presepe napoletano c’è anche il diavolo!

Tutto il brano musicale è in 6/8, classico ritmo di pastorali natalizie, qui declinato in un pianoforte che imita un carillon, strumento che spesso accompagna il movimento di molti automi: sembra la pace apparente che regna nel laboratorio di Coppelius, mentre passano in parata i giocattoli, ognuno colla propria caratteristica. È l’inizio del canto che armonizza tutto, legando nella sua melodia avvolgente la visione della cinepresa che vola come un drone sul paesaggio meccanico per posarsi lieve come un velo sull’immagine di Maria che veglia sul bambino insidiato da Belzebù! E qui Ravel, con inquietanti accordi d’intervalli di seconda e tritoni (diabolus in musica, per l’appunto, è chiamato il tritono), che riprenderà in seguito per introdurre l’arrivo della Bestia nel valzer di Les entretiens de la Belle et de la Bête, brano della suite infantile Ma Mère l’Oye (1910), i Racconti di Mamma Oca, avverte dell’atmosfera che Belzebù vorrebbe turbare coi suoi disegni maligni, mentre la voce recita in un tono sinistramente infantile, come si fa per spaventare i bambini, quando si racconta che lì nel buio è in agguato l’Uomo Nero. Il ritmo del carillon è sempre costante e il drone riprende a volare sulla scena, lasciando Belzebù nella sua ombra e rilassando gli animi. Ecco quindi la stretta finale: gli angeli di latta colle ali vermiglie, appesi per un filo d’ottone all’albero di Natale, assicurano che nella stalla del bambino si possono dormire sonni tranquilli; il rumore di ferraglia del loro svolazzare meccanico si accorda perfettamente con quello dell’avanzare del gregge di tutti i giocattoli, le pecore, i conigli tamburini e il resto, mentre il pianoforte e la voce incalzano il tempo producendo un fragore ritmico percussivo, che sembra aver ispirato la conclusione di Laideronnette, impératrice des pagodes, ancora in Ma Mère l’Oye, per finire con la parola d’ordine Noël!, triplice rintocco che conclude questo volo onirico in un inquietante mondo infantile di automi.

Non ci sono bambini in carne ed ossa in questa visione, non ci sono canti natalizi, ci sono solo giocattoli senza vita animati da una chiave che gliela fornisce temporaneamente, fino a che possano portare a termine la loro recita e il loro ruolo, come un mondo autonomo di robot in una dimensione parallela. Siamo sicuri che sia proprio un brano per bambini? O, forse, Ravel ci racconta questo mondo onirico per significare in maniera larvata  la meccanicità del Natale, dove le pecore sono le masse che cantano Christmas Carols?

© dicembre 2019 Massimo Crispi

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