Musica

Arriva il nuovo disco di Joe Barbieri, tra autobiografia e passioni

6 Maggio 2021

“Penso che la gentilezza sia un valore. Le collaborazioni di questi ultimi anni sono stati la linfa vitale per questo album”

 

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Raffinato autore ed esecutore, Joe Barbieri è un outsider che al di fuori del binario dell’industria si è saputo costruire un percorso personale, all’estero come in Italia, e che è riuscito nel raro esercizio di convogliare il genuino apprezzamento di colleghi, critica e pubblico. La sua musica è densa di atmosfere jazz e bossa nova ma anche di vellutati brani degni della migliore tradizione cantautorale italiana. A quattro anni da “Origami”, il suo ultimo album e dopo un tributo a Billie Holiday con il disco “Dear Billie” e la produzione dell’album di Tosca, Joe Barbieri torna finalmente alle proprie canzoni realizzando il suo album più autobiografico, dal titolo “Tratto Da Una Storia Vera”. Al suo fianco una schiera di artisti amici di primissimo ordine: da Carmen Consoli a Sergio Cammariere, da Tosca a Jaques Morelenbaum, da Fabrizio Bosso a Mauro Ottolini, Alberto Marsico e alcuni tra i musicisti di maggior talento del nostro Paese e altri strumentisti che hanno registrato dai quattro angoli del pianeta. L’abbiamo raggiunto telefonicamente per parlare del suo rapporto con la musica e di questo suo ultimo lavoro.

Tra “Origami” e oggi non sei rimasto fermo. Quanto è rimasto in te dei lavori degli ultimi anni?

In questi progetti ho potuto mettere a fuoco un linguaggio che in parte è stato trasferito in questo mio nuovo lavoro d’inediti e in parte ho alimentato alcune frequentazioni che sono confluite in questo nuovo disco. Quest’esperienza, assieme ai concerti realizzati pre-pandemia, sono stati la linfa vitale, il carburante di “Tratto da una storia vera”.

In questo tuo nuovo lavoro hai realizzato un progetto collettivo, visto gli amici che hai coinvolto. Lo stesso titolo sembra una citazione di un film di Rosi o di Petri.

Hai citato due registi che amo particolarmente. Il disco è una sorta di autoscatto involontario. Sto scoprendo la portata di questo album proprio ora che sta prendendo il largo e sta entrando nella vita delle persone. In questo disco confluiscono non solo gli amici che hanno collaborato con me ma anche i miei rapporti quotidiani nel privato, i luoghi e le persone che ho conosciuto e amato, i film che mi hanno accompagnato. Quanto abbracciasse in maniera più approfondita una sorta di esistenzialismo e un legame con le persone che seguono l mia musica è una sensazione e una consapevolezza che sto maturando in questi giorni, in queste ore. Mi sto rendendo conto che non è solo un mio disco ma è un disco che sta facendo sentire a casa, abbracciati, le persone che lo stanno ascoltando. Non è solo la mia storia, ma la storia di moltissime altre persone.

Oltre alla tua storia, in questo album ci sono le tue passioni musicali compresa la bossa, quella musica popolare brasiliana che dimostri di ben conoscere. Quando l’hai incontrata?

È successo tra i quindici e i vent’anni fa, quando ho iniziato a scoprire alcuni movimenti armonico-rimico-melodici propri della musica brasiliana, per me è stata un’epifania e ho realizzato quanto fossero in me senza averne la consapevolezza. Inoltre è forte un parallelismo con la musica napoletana che, in maniera assimilabile alla musica brasiliana, possiede questi tre elementi anche se sviluppati in modo differente. Lo stesso Pino Daniele, che è stato il mio primo produttore e in questo album viene omaggiato con un suo brano, ha rafforzato questo ponte che lui ha contribuito a costruire e rafforzare.

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Nell’ascolto dell’album, ho trovato un cantare “cortese”. Ti apparteneva già o è un tuo nuovo registro?

Questi ingredienti erano già nella mia musica e, in questo album, si sono rafforzati.

Il tuo album è stato distribuito in Italia, Europa e Giappone. Cosa ti lega a questo mondo che può sembrare così lontano dal nostro?

Penso che il Giappone, anzi i giapponesi, siano un popolo “gentile”. Nessun popolo è inquadrabile in un’immagine monolitica. Penso che la gentilezza sia un valore che quel popolo possiede oltre ad una grande disponibilità a scoprire le novità che gli sono presentate. La prima volta che ho suonato in Giappone, pur avendo di fronte a me un pubblico che non capiva la lingua italiana, ho notato che mi ascoltavano a occhi chiusi. Questa loro disponibilità intima, onesta e profonda mi ha sempre molto colpito e il legame, da allora, si è rafforzato. Pensa che in Giappone è uscito, caso unico al mondo per me, un “The best” che corrisponde ad un desiderio di approfondire la mia proposta musicale.

Parliamo di “Promemoria”, il primo singolo estratto dal tuo album che vede la collaborazione di Mauro Ottolini.

Si tratta di una canzone che è, al tempo stesso, semplice ma complessa. Ricordo benissimo il momento in cui è entrata nella mia mente. Ero per strada e non avevo a disposizione né un pezzo di carta né uno strumento per poterla fissare. L’idea era però molto chiara e sviluppata nella sua interezza tanto che, nel momento in cui ho potuto scriverla, ricordavo tutto il pezzo. Non è stato qualcosa di abituale, forse era la prima volta che per me succedeva. Questo la colloca tra le canzoni che possiedono una vera e propria scintilla. Nella fase di vestizione, quella dell’arrangiamento, ho poi cercato di usare la “giusta misura”, senza appesantirla d’inutili sovrastrutture che la imbrigliassero. Mauro Ottolini, poi, è stato perfetto nel cesellare con il suo trombone questo brano e sono molto soddisfatto del risultato finale.

Dovremo aspettare altri quattro anni per un tuo nuovo lavoro o sei già in progress con qualcosa di nuovo?

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Le canzoni, per quello che mi riguarda, arrivano quando lo dicono loro. Anche in questo album, diverse canzoni sono nate proprio nell’ultimo anno. Al momento non sono nemmeno previste collaborazioni con altri artisti. Ora vorrei semplicemente poterlo portare in giro dal vivo e spero che questo possa succedere quanto prima.

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