Musica
Antonella Ruggiero si esibisce a Malpensa: «La musica è movimento costante»
Antonella Ruggiero è la voce indimenticabile che ha fondato e reso famosi i Matia Bazar in Italia e nel mondo. Nell’ottobre del 1989 decide di abbandonare il gruppo e le scene per dedicarsi ai suoi interessi umani ed artistici, dedicando molto tempo ai viaggi, durante i quali ha l’occasione di sperimentare diversi modi di fare e intendere la musica, o meglio “le musiche” come definisce lei, sorridendo, il meraviglioso mondo musicale.
Il suo primo album da solista arriva nel 1996 e si intitola “Libera”, proprio come è stata ed è la sua lunga carriera, di ricerca, sperimentazione musicale, studio, interpretazione, fuori da logiche commerciali e da spazi predefiniti. Negli anni, Antonella collabora con Giovanni Lindo Ferretti, con il maestro Ennio Morricone, Mario Venuti, Frank Gambale e moltissimi altri artisti di tutto il mondo. Oltre ad aver partecipato a diversi Festival di Sanremo, spazia da rivisitazioni in chiave classica di musical di Broadway, all’interpretazione di opere come Medea, di brani latino americani degli anni ’30 e canzoni dei cantautori e del pop italiano, ma realizza anche progetti dedicati alla musica sacra, a quella ebraica, all’elettronica, all’arte. La sua è una carriera refrattaria a stare in un’unica definizione.
Martedì 19 novembre sarà in concerto all’Aeroporto di Milano Malpensa (alle 11:30 al Terminal 1 – food court) in occasione della Milano Music Week accompagnata dal fisarmonicista Renzo Ruggieri. Ne abbiamo approfittato per farle qualche domanda.
Se si guarda alla sua carriera musicale è difficile definirla, contenerla in un genere preciso. Con la sua voce ha interpretato musiche e storie di tutto il mondo. Come mai ha scelto questo percorso e non quello più tradizionale come molti suoi colleghi?
Io seguo l’istinto, la mia natura e questo lo faccio da sempre, sin da piccola. Seguendo la propria natura non ci si fa limitare magari da un lavoro che dà soddisfazione, successo. Per me, la musica, l’arte, è movimento costante. Fermandosi ci si ripete, ci si annoia, si diventa il proprio personaggio che viene poi all’infinito proposto al pubblico. È una cosa per me inconcepibile. Capisco chi fa una scelta più tradizionale con lunghe carriere riproponendo il proprio repertorio ma a me piace spostarmi, perché altrimenti non mi stupisco e sarei diventata una macchina da musica.
L’esperienza più tradizionale in questo senso l’ha avuta con i Matia Bazar…
Precisamente, quella è l’esperienza che si sarebbe potuta ripetere fino ad oggi se avessi voluto ma già allora vedevo che non sarebbe stata per sempre. Volevo scegliere dei repertori diversi, buttarmi in mondi sonori che apparentemente mi erano e sono lontani, cosa che non era e non è perché ho sempre amato la musica più disparata. L’importante per me è che la musica abbia un qualcosa che mi smuove l’animo, che mi dà delle sensazioni, che riconosco e non mi lascia indifferente. Tutto è in funzione di come sento le cose, del gusto, della mia sensibilità e la mia visione del mondo. Il proprio lavoro se abbraccia la creatività, l’arte, non è altro che in qualche maniera ciò che viene fuori da quello che uno ha nella propria mente, di come vede la vita, il mondo.
La mia è un’esigenza di seguire quello che per me va bene. Ascolto per esempio le musiche antiche, cosa che mi è successa fin da piccola perché quando da piccoli si ha fortuna di avere qualcuno che ti fa ascoltare le musiche, non la musica, ma le varie musiche e accadeva in casa, è chiaro che il gusto si amplia, si affina. Capisci che il mondo della musica è straordinariamente diverso e meravigliosamente unico e da ricercare, perché ciò che ti propongono è musica da vendere, quindi se ti vuoi trovare delle cose interessanti da fare e soprattutto da ascoltare devi toglierti da tutto ciò che ti viene proposto da fuori.
La sua è stata una scelta originale guardando al panorama musicale italiano, oltre che coraggiosa…
Può essere coraggioso ma soprattutto pericoloso seguire invece le onde che probabilmente ti portano o qua o là. Il coraggio secondo me però sta nel liberarsi da tutto quello hai intorno e decidere di fare quel che ti pare.
Cosa ne pensa del periodo musicale e artistico che stiamo vivendo? Cos’è cambiato da quando ha cominciato lei? Oggi vanno molto di moda i talent show. Lei avrebbe mai partecipato agli inizi della sua carriera
La tendenza dura ormai da circa un decennio. Ormai tutto è una formula. Ai tempi c’erano altre manifestazioni canore di varia natura che avrei potuto frequentare e non l’ho mai fatto. Se avessi dovuto fare una gara del genere, una prova con gente che ti critica, ti butta fuori, tiene dentro, non l’avrei fatto perché a quell’età non si è ancora maturi per affrontare i giudizi e comunque c’è chi ama affrontare i giudizi altrui e chi no, io no (ride; ndr), quindi non l’avrei mai fatto. Non so, poi al giorno d’oggi credo sarei uguale. Ho sempre affrontato il mio lavoro col gruppo e da lì sono partita, vedevo già da allora che c’erano le formule per arrivare al grande successo ma poi cosa ti dà se nessuno ti segue, si appassiona davvero a quello che fai, che ti fa maturare? Oggi non esistono più queste meravigliose cose quali il seguire il giovane che ha del grande talento, fargli capire molte cose di se stesso, aiutarlo a fare il secondo lavoro, il terzo lavoro, il quarto, come succedeva quando esistevano i cantautori. Certo, non sono informata su tutto quel che succede nel panorama musicale pop ma da quel che vedo mi sembra una grande clonazione, maschile peraltro. Tutti fanno, dicono e si atteggiano più o meno nello stesso modo: quindi cosa c’è di nuovo e di originale e di interiormente vero? Non lo so. C’è un ragazzo che si chiama Lucio Corsi, di cui parlo ogni tanto, che sento ed è fuori da questi giri e si fa le sue cose fatte bene, con poesia. Non so quanti altri ne esistano. Altra cosa invece sono i ragazzi che vengono dalla musica classica, lì non scherzi, non fai finta, studi per molti anni, diventi professionista, magari solista, poi vai nelle orchestre. Loro sono l’altra faccia della medaglia. Ma prima o dopo qualcosa succederà e saremo pronti ad ascoltare.
L’anno scorso ha pubblicato un cofanetto dal titolo “Quando facevo la cantante” con brani, alcuni inediti, registrati dal 1996 in poi. Un titolo singolare, perché l’ha scelto?
È un titolo particolare, viene da un piccolo sfogo notturno. Dopo non so quanti kilometri di viaggio sono arrivata a casa stanchissima, i tour sono comunque stancanti, e seduta davanti a un tavolo con Roberto Colombo in un momento di scoramento in un discorso ho detto “mah, quando facevo la cantante…”, e poi non ricordo cosa ho continuato a dire… Però alla fine ci siamo guardati e abbiamo pensato potesse essere carino come titolo. Il cofanetto raccoglie brani dal ‘96, quando ho ricominciato da solista, al 2018.
Cos’ha in programma per il futuro?
Ci sono due progetti, usciranno con calma, uno magari nel 2020, c’è molto ancora da cercare, provare, ci sono autori nuovi che arrivano dalla classica interessanti, c’è Arvo Pärt, il mio compositore “anziano” preferito della musica comunque legata al classico ma alla spiritualità, e scollegata da come si ritiene il genere.
Musiche, non La musica, è stata espressione ricorrente in questa nostra chiacchierata…
Certo, per me la musica non è una. Definire per esempio certa musica inascoltabile è offensivo nei confronti della musica stessa, nella mia testa suddivido le cose in cose meravigliose da tenere, altre da lasciare. Faccio sempre così. Sono almeno venticinque anni che non ascolto la musica che passa in radio, poi ci sono radio fantastiche, come Rai Tre, Radio Popolare. Le musiche arrivano da ogni parte della storia, del mondo, arrivano da ogni testa che ha lasciato un segno vero. La musica popolare può essere scritta da un anonimo che mai sarà riconosciuto nei secoli e invece ha scritto e lasciato qualcosa di meraviglioso… Non faccio differenza, mi deve arrivare bene altrimenti la lascio dov’è.
In occasione della Milano Music Week martedì si esibirà in concerto a Malpensa con il fisarmonicista jazz Renzo Ruggieri. Cosa devono aspettarsi gli spettatori?
Renzo Ruggieri è uno dei più grandi fisarmonicisti non solo italiani ma del mondo, è un genio della fisarmonica. Tanto tempo fa avevo in mente il suono della fisarmonica ma scollegato dalla sonorità che siamo abituati ad attribuirgli. Renzo utilizza quello strumento come qualcosa di estremamente moderno e non tradizionale e questo ha un grandissimo effetto: da quella fisarmonica ascolti dei suoni che uno non immaginerebbe mai di poter ascoltare. Faremo un piccolo viaggio all’interno di quel che ho fatto, faremo un po’ di tutto di ciò che è questo mio costante movimento all’interno del meraviglioso mondo delle musiche.
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Antonella Ruggiero si esibirà martedì 19 novembre alla food court nell’area check in, dalle 11:30. “Una voce, una fisarmonica” è il titolo del concerto insieme alle note del fisarmonicista Renzo Ruggieri.
Sempre in occasione della Milano Music Week, un altro appuntamento sarà riservato ai viaggiatori in partenza: Dario Baldan Bembo si esibirà nel concerto solista al pianoforte “L’Aria e lo Spazio”, al pianoforte a coda Fazioli che si trova al gate B55-58, area imbarchi, alle ore 13:15.
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La foto di copertina è di Riccardo Panozzo
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