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“Adrian” ha rotto le scatole
“Adrian”, l’ennesimo eroe populista di Adriano Celentano – suo alter ego, manco a dirlo – è in arrivo su Canale 5. Sarà il solito racconto “alla Celentano”, ambientato in un futuro distopico nel quale, tra inquinamento, metropoli disumanizzanti, automi, il popolo vive soggiogato da un’omologazione imposta da una fantomatica dittatura del pensiero.
Qualche decennio fa Celentano diede un’ottima definizione di sé: il Re degli ignoranti. Lui, in cuor suo, sa di essere un divulgatore di ovvietà su concetti così fondamentali quanto generici tipo la pace nel mondo, la tutela ambientale, la lotta contro il consumismo, il rapporto con una qualche entità superiore all’uomo, per lo più giudicante e vendicativa. E sa bene che questa narrazione è diretta a una platea semplice. Che non ha voglia – e a volte gli strumenti – per approfondire, riflettere, comprendere la complessità delle cose. Roba da Vecchio testamento, dal diluvio universale sino alla distruzione di Sodoma e Gomorra. Adrian, ennesimo discendente dei vari Joan Lui e Bingo Bongo, propugnatori di una libertà di pensiero vincolata al dogma della denuncia general-generica volta a ristabilire la superiorità del mito del buon selvaggio e di un Eden drammaticamente e inesorabilmente perduto.
Adrian torna a noi come un Messia sexy, macho ipertrofico e canterino, che libera tutti dal giogo delle multinazionali, dei governanti cattivi e corrotti, dei dittatori più o meno visibili che tramano ai nostri danni. Adrian vive sempre in un futuro lontano, mai nel presente. E in un futuro lontano ci parla, però, dei problemi del presente. O meglio, della loro distorsione all’ennesima potenza, travalicando il reale e incarnando il possibile catastrofico. Adrian è reazionario, ossessivamente oppositore del progresso, perché quest’ultimo macchia la vergine virtù originaria dell’uomo. Quasi fosse lui, Adrian, il giudice del bene e del male e avesse comandato all’uomo – lui, non certo Dio – di non mangiare il frutto proibito. Adrian riscrive, ad ogni decennio, l’ultra-nuovo testamento, venendo in soccorso dell’umanità che, seppur ha disobbedito al suo ordine perentorio, merita la sua misericordia a suon di rock-pop.
Perché Celentano è pedante, noioso, confuso e adesso sta invecchiando pure male. Perché finché lo vedevamo con Ornella Muti o altre “belle” del tempo, con le sue magline attillate, aperte sul petto villoso, con lo stivaletto anni ’70, i suoi trench molto chic, il morbido pantalone a zampa di elefante a esaltarne il movimento di anca, poteva pure starci. Ma poi, quando ha iniziato a fare il Messia, erigendosi a paladino della “gente comune” – gli ignoranti appunto – ha francamente stancato. Fece flop con “Joan Lui”, altro Cristo nato in via Gluck. Farà flop con “Adrian”, un Gesù in cartoon.
Adrian, tra elementi di fantasia e realtà, racconterà l’ennesima visione millenaria di Celentano. Che poi questa sua visione sconclusionata, populista, avversa a ogni progresso, ha trovato un suo approdo politico: è il Movimento 5 Stelle pre-governo. Ed è pure la Lega salviniana fieramente sovranista. Celentano, bisognoso di un mondo senza sfumature, alla ricerca della verità, pronto a scagliarsi contro tutto ciò che non è immediatamente comprensibile o un tantino più complesso per la media intelligenza umana, ha vivificato prima di tutti la cialtroneria oscurantista del peggior populismo grillo-leghista. Così come, ha preconizzato un mondo puro, perché univoco, facilmente spiegabile, alla portata dei semplici, che diffida degli specialisti e dei cultori della materia. Quelli anti-vaccinisti, che non credono allo sbarco sulla Luna e sono convinti che nel mondo sia in atto un complotto internazionale mosso da Illuminati, rettiliani, compreso Soros, che vuole – quest’ultimo – il mix culturale per distruggere la purezza della razza e renderci tutti consumatori più mansueti. Il tutto, sostenuto da una tecnocrazia che ci vuole all’oscuro dei reali interessi economici delle multinazionali che in realtà ci governano, con tanto di scie chimiche.
Adrian – insomma Celentano – è portatore di una visione reazionaria della realtà. Anche perché, in fondo, tutti i super-eroi lo sono. L’uomo forte che arriva e apre gli occhi agli umani schiavizzati a loro insaputa. Che squarcia il velo di grigiore per far filtrare la luce di un nuovo mondo, promettendo la verità assoluta e la netta divisione tra i buoni e i cattivi. Assicurando a questi ultimi pene mortali, con buona pace di Cesare Beccaria. Ecco, questo eroe è un dittatore. Chi lo incarna, lo racconta, lo reifica, ha una visione reazionaria della società. Semplicemente perché non crede nella democrazia. La trova incomprensibile, astrusa rispetto alle cose che reputa reali e importanti per l’umanità. Non crede nella redenzione. Semmai, auspica il diluvio universale che ripulisca il suolo terreste, facendo sopravvivere solo i puri. Adrian, appunto, con i suoi adepti.
Adrian, eroe autoritario, dopo 50 anni, ci ha francamente rotto le scatole.
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