Letteratura
What happened, Miss Simone? Biografia della regina del jazz
Voleva essere una virtuosa della musica classica ma diventa celebre come jazzista impegnata contro la discriminazione razziale negli Stati Uniti negli anni Sessanta. La sua voce è intensa, peculiare. Chi la ascolta dal vivo resta stregato. Reinterpretazioni di pezzi come My Baby Just Cares for Me e I Loves You, Porgy, entrambi contenuti nel suo album Little Girl Blue del 1958, la incoronano regina incontrastata del jazz e del soul. È a questo punto che Eunice Kathleen Waymon decide di farsi chiamare Nina Simone, omaggiando il soprannome affibbiatole da un amico e Simone Signoret, attrice francese, grande amore di Yves Montand. Di tutto questo racconta What happened, Miss Simone? (di Alan Light, Il Saggiatore editore, traduzione di Elena Montemaggi), biografia di un’artista geniale e tormentata, votata al canto e all’interpretazione musicale. Una biografia, poco narrativa ma non per questo trascurabile, che ripercorre l’exploit di un talento, nonostante le riluttanze della famiglia, le violenze del compagno, nonostante se stessa, così energica e sconcertante. Immaginava esibizioni solenni avvolte dal silenzio della gente in ascolto, Nina. E invece finisce nei club, scontando la mancata ammissione alla Juilliard di New York, probabilmente per motivi razziali. Sebbene questo la faccia soffrire, insiste. Alla fine degli anni Cinquanta si parla di lei e del suo prodigio.
Le cose cambiano con l’acuirsi della segregazione razziale negli anni Sessanta: Nina Simone assume un ruolo anche politico. Apprezza ed appoggia le politiche di Malcom X e di Martin Luther King, compromettendo la sua immagine e inimicandosi molte persone, ma non la sua gente che la riconosce come guida spirituale. Il libro traccia anche un profilo della sua vita privata: gli slanci della comunità natia che la sostiene nei primi passi, il rapporto difficile con la famiglia man mano che abbraccia la gloria, gli amori complicati e distruttivi, le ferite che hanno segnato la sua emotività. Andrew Stroud, suo manager e compagno di vita, è un uomo prepotente, geloso. Le botte fanno parte del pacchetto matrimoniale e distruggono Nina nel profondo. Leggiamo anche delle relazioni che Nina Simone intreccia con alcune donne, delle difficoltà nel destreggiarsi nel ruolo di madre, della sua amicizia con David Bowie, dei suoi viaggi per scappare dagli Stati Uniti. Si riconcilia con se stessa e col passato quando mette piede in Africa grazie all’aiuto dell’amica Miriam Makeba.
Ripercorrendo un’esistenza del genere riemergano tante domande, tante suggestioni. Leggere la biografia senza ascoltare Nina è, però, semplice esercizio. Come ignorare, per citare qualche capolavoro, interpretazioni come quella di I put a spell on you? In questa esecuzione c’è il genio di una cantante capace di portare al successo pezzi dimenticati, stravolgendoli e rendendoli unici. Di tutta una vita passata a rincorrere l’approvazione, l’affetto, ad elemosinare l’amore resta questo: un’inclinazione a illuminare il circostante cantando. Un mito assoluto.
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