Letteratura
Vinicio Capossela e le sue ballate per uomini e bestie – Il testamento del porco
Un anagramma in uno scrigno, così mi viene da definire il quinto brano dell’ultimo disco di Vinicio. E c’è una differenza tra i termini porco e maiale, si legge nel testo del brano. Perché il porco è ciò che fu, è la carne di porco che mangiamo, mentre maiale è la bestia che viene allevata, quella che grugnisce e deve essere bastonata per ricondurla nel recinto. E c’è tutta una cultura dietro la figura del maiale, o del porco, che come dice Capossela viene spesso accostato alla divinità, in un fraseggio che mescola costantemente alto e basso, e poi basso e alto. E porco è l’anagramma di corpo, come dice Giulio Cesare Croce in ‘Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno’. E lo scrigno è tutto ciò che la figura del maiale si porta dietro, sia nella cultura contadina, che nell’immaginario collettivo, fino alla più minuta discografia musicale, perché i Pink Floyd sulla figura del maiale hanno costruito buona parte del loro immaginario, maiali sono i potenti, coloro che dispongono di mezzi e capacità per manipolare le coscienze, e maiali sono tutti coloro che accendono dittature. Il maiale di Vinicio Capossela c’entra solo in parte con Orwell e attinge a tutt’altri significati. Così ‘Il testamento del porco’ è un’elegante ballata medievale, in cui il porco maiale racconta con ironia la sorte di un animale che lascia a tutti in parti uguali, quasi questo animale portasse in sé un concetto di giustizia più ampio di quello che possiamo concepire noi uomini, noi sempre troppo propensi al dominio. Dopo la lamentazione del porco per la sorte che lo sta aspettando, il pezzo assume un andamento di scherno, screanzato, in cui l’animale si erge a giudice delle umane sorti. E Vinicio Capossela stupisce anche qui per la sua capacità di traslare significati attingendo a un patrimonio musicale e letterario estremamente vario e ampio.
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