Letteratura
‘Versi a Dio’, una bellissima antologia sulla poesia religiosa
Esce per Crocetti Editore la raccolta di poesie religiose ‘Versi a Dio’
Fame di significato, ecco cosa si nasconde dietro la ricerca poetica, gesto che accompagna l’uomo da sempre, insieme alle domande più classiche di ogni essere umano. E la poesia è senza dubbio uno degli strumenti privilegiati per la ricerca di un significato, specie quando essa è scritta per celebrare il divino. È nella stessa forma in versi, tutta sviluppata in verticale, dal basso verso l’alto, e dall’altro verso il basso, che la poesia assume quel carattere trascendente che contribuisce a renderla il genere letterario più adatto a sviluppare una forma di dialogo a tu-per-tu con Dio. Si colloca all’interno di questa tradizione la raccolta ‘Versi a Dio – Antologia della poesia religiosa‘, recentemente edita da Crocetti Editore, a cura di Davide Brullo, Antonio Spadaro e Nicola Crocetti. Perché, come afferma Papa Francesco nella bella prefazione al libro, “il vero significato non è quello del dizionario: quello è il significato della parola e la parola è uno strumento di tutto quello che è dentro di noi”.
Occhi che guardano e sognano, definisce così i poeti Papa Francesco nella lettera contenuta all’inizio della raccolta. “L’artista è l’uomo che con i suoi occhi guarda e insieme sogna, vede più in profondità, profetizza, annuncia un modo diverso di vedere e capire le cose che sono sotto i nostri occhi”. La poesia è frutto di un processo continuo e intenso di ascolto, dimensione quest’ultima che accomuna tutti gli uomini che si avvicinano alla preghiera, e pregando cercano Dio. Sulla stretta relazione esistente tra preghiera e poesia si sofferma, nel suo saggio introduttivo Antonio Spadaro. Scrive Spadaro, è stato Henri Bremond negli anni Venti del Novecento a porre con energia la questione del rapporto tra preghiera e poesia affrontando il tema dell’affinità tra sentimento religioso e ispirazione poetica e ipotizzando, sulla base del riconoscimento di alcuni gesti profondi comuni (raccoglimento, semplificazione, ritmo di attività e passività, di iniziativa e di accoglienza alla gratuità di una “visita”), un’analogia e una continuità tra le due esperienze.
Il volume pubblicato da Crocetti affronta la poesia religiosa partendo dai suoi primordi, da quelle prime forme in cui si riconosceva una sacralità al fuoco e ad altre manifestazioni naturali. Così i pigmei dell’Africa equatoriale celebravano nei loro canti cosmologici il loro Dio Khmvum. In alcune forme poetiche la figura eroica è portata a livello di divinità, riconoscendo ad essa facoltà di liberazione dal male e di guarigione. Arrivando alla poesia egiziana, siamo nel XXIV secolo a.C., il processo di identificazione con una divinità, quindi con un oggetto di culto, con un’entità altra rispetto alle forme umane, si fa più netto, così che da una parte c’è l’uomo, e dall’altra, principalmente nel cielo, e nei cicli celesti, ci sono gli dèi. Così la poesia diventa linguaggio per celebrare il divino. E tra tutte le divinità a cui si rende omaggio tramite la poesia, in queste preziosa antologia, la continuità è effettivamente fortissima.
La poesia è il dardo in grado di fendere i cieli e raggiungere gli dèi. A loro ci si rivolge in tutti i componimenti del libro affinché si rivelino sotto forma di pioggia, di presenza, di luce. Dai versi di Milarepa a quelli di Boris Pasternak, da Giovanni della Croce a Ikkyū e ‘Attār il rapporto con il divino è declinato in questa raccolta in ogni aspetto: sotto forma di amore nuziale, di gelosia, addirittura sotto forma di accusa infuocata. Niente può fermare la parola del poeta: nel suo linguaggio si dà voce all’onnipotente nella sua gloria e nel suo vagabondare tra le miserie del mondo. Perché Dio non è sempre e solo un soggetto benevolo, di cui magari fingiamo solo di non capire le regole. Infatti, a volte il dio dei versi ha un corpo glorioso, la vigoria di una belva, altre volte, e arriviamo al cristianesimo, ha le vesti di un buon pastore, di colui che conosce nel profondo dell’animo ogni uomo e che sa fare da guida.
E in fondo chi sono i poeti se non coloro che conoscono e riescono a dare voce alle inquietudini umane? Si pone questa domanda Papa Francesco nella sua lettera ai poeti. “Tante volte le inquietudini sono sepolte nel fondo del cuore. Voi sapete bene che l’ispirazione artistica non è solo confortante, ma anche inquietante, perché presenta sia le realtà belle della vita sia quelle tragiche. L’arte è il terreno fertile nel quale si esprimono le “opposizioni polari” della realtà — come le chiamava Romano Guardini —, le quali richiedono sempre un linguaggio creativo e non rigido, capace di veicolare messaggi e visioni potenti”. Alla fine resta una domanda: esiste una soglia che distingue poesia e preghiera? La preghiera, spiega Spadaro, è innanzitutto un rivolgersi a Dio per dialogare. E la poesia, in questo dialogo profondo, è un sistema di segni, di immagini, di fonemi, che ci siamo inventati per pensare più a fondo e per sognare.
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