Letteratura
Cos’è vero? Sul rapporto problematico tra io e realtà
Calvino paragonò la realtà a un labirinto ma anche a un carciofo perché multistrato. Cos’è vero? Nel 1959 scrisse “Il mare dell’oggettività”. Dopo i romanzi psicologici, che, come scrive Gloria Scarfone, erano “mimesi dell’autocoscienza”, era l’ora per lo scrittore ligure di rivolgersi all’alterità. Negli anni successivi Calvino affrontò proprio questa alterità con la trilogia fantastica, allegoria della crisi del rapporto tra intellettuale e società, con la letteratura combinatoria, etc etc. Dal punto di vista sociale, come rilevava Fortini, era finito il mandato degli scrittori. Ma al di là di questo la realtà dal punto di vista gnoseologico ed esistenziale rivelava una inenarrabile dose di problematicità: in “Palomar” l’osservazione dei dettagli diventava infinitesimale, ne “La giornata di uno scrutatore” l’interrogativo riguardava la capacità di intendere e di volere altrui. Il rapporto tra io e mondo è complesso perché i tre piani (oggettuale, soggettivo, intersoggettivo) si intrecciano e si sovrappongono. Ancora una volta cos’è vero? Leggendo Wittgenstein, gli altri possono sempre seguire una regola che non sapremo mai (“Lezioni e conversazioni”) e al contempo non possiamo pensare gli altri come automi (“Ricerche filosofiche”). Noi possiamo osservare solo i comportamenti degli altri perché la loro soggettività in altri modi ci è preclusa e quindi ecco un’incessante mind reading. Il problema non è tanto come dalla fisicità possa nascere la coscienza, ma l’alterità è soprattutto mistero insondabile della coscienza altrui. Tutto si basa su una fiducia reciproca, anzi su un atto di fede reciproca: dirsi reciprocamente la verità possibile, quella che non fa male a noi e agli altri, e di conseguenza spacciare per verità delle menzogne necessarie e di convenienza propria e/o altrui. L’atomismo logico di Wittgenstein inoltre presuppone che la realtà sia fatta da elementi semplici. Ma cosa significa semplice? Si può solamente dire che non è un elemento composto, ma ciò che noi pensiamo semplice potrebbe essere un’illusione e non corrispondere ai fondamenti del reale. Come afferrare il blob caotico del reale? Con un ingenuo e continuo blow-up? Come capire l’umanità? Raccogliendo il grande archivio di case history di cui siamo venuti a conoscenza? Ancora una volta cos’è vero? Come scrive Marino Livolsi la faccenda si complica ulteriormente perché noi oggi viviamo la realtà tramite la rappresentazione che di essa ci viene fatta dai mass media, vecchi e nuovi. Lo gnosticismo antico, basato sul dualismo corpo e anima, si è tutto risolto in un riduzionismo mente/corpo. Abbiamo oggi la vita liquida di Bauman e la post-verità. Con il postmoderno e la conseguente fine delle metanarrazioni sono scomparse le ideologie, ultime gnosi moderne. Oggi l’ideologia non è più linguaggio, come scriveva Sanguineti, ma il linguaggio è diventato strumento dei mass media e dello showbusiness, che ormai sono post-ideologici. Habermas in Teoria dell’agire comunicativo distingueva tra razionalità strumentale e mondo della vita, ma oggi anche quest’ultimo è diventato in gran parte strumentale. Come vincere lo gnommero gaddiano? Come sbrogliare la matassa e avere la meglio sull’anello che non tiene montaliano? Come convivere con l’assurdo camusiano? Cercare il carnevale di Bachtin? Sgomberare le macerie, come sosteneva Manganelli? Oppure cercare la radura heideggeriana nella fitta boscaglia di quello che Debord chiamava l’eterno presente? Da un lato abbiamo la lotta darwiniana per l’esistenza. Viviamo per inerzia, automatismi, abitudini. Viviamo di noia, ossessioni, dipendenze, coazioni a ripetere. Come ben intese Marx, il lavoratore è doppiamente alienato perché il suo lavoro è sempre più parcellizzato e perché lavora per il plusvalore altrui. Ma la quotidianità stessa è alienata. Lo stesso tempo libero è alienato. La coscienza stessa è alienata e infelice. Noi siamo tutti merce e materia. Siamo cose tra le cose. Lo stesso marxismo non può che opporre al materialismo capitalista il materialismo storico. Nel frattempo abbiamo la morte di Dio e l’eclissi del sacro. Dall’altro lato abbiamo ritagli di edonismo, che diventano spesso evasioni fini a sé stesse. Ma dopo lo sballo sopraggiungono i postumi, i momenti down; dopo il sesso impersonale ecco sopraggiungere il senso di vuoto e il senso di colpa; dopo ore di intrattenimento ecco arrivare come al solito la noia. Il piacere con i suoi divertimentifici imposti diviene un dovere. Bisognerebbe a questo punto chiedersi cosa c’è di autentico e di vero nelle nostre vite. Dal punto di vista puramente cognitivo ed esistenziale non va meglio perché bisognerebbe chiedersi se desideri, pensieri, emozioni sono veramente nostri o ci sono imposti dagli altri e/o dall’alto. Cosa c’è di vero e autentico in noi se i mass media agiscono sulla psicologia del nostro profondo, come studiarono la Bullet theory e Adorno, Horkheimer, Marcuse con la loro critica all’industria culturale? Cosa c’è di vero e autentico in noi se siamo persuasi in modo occulto da mass media e algoritmi? Cosa c’è di vero e autentico se siamo agiti dall’inconscio? Cosa c’è di vero e autentico se il nostro Sé è in gran parte sociale e se l’intrapsichico nasce dall’interpsichico? Cosa c’è di vero e autentico se c’è lo strapotere dell’avere e dell’apparire sull’essere? Oppure più precisamente cosa c’è di vero e autentico se si è in gran parte ciò che si ha e come si appare? Viviamo nelle nostre comfort zone rassicuranti, sperando che lì non arrivino mai gli orrori della guerra e la povertà. Viviamo in un interscambio continuo tra reale e virtuale. A quale Matrix giochiamo insomma? La coppia stessa è maledetta, come scriveva Pasolini. La coppia quando fa figli aumenta la sovrappopolazione e poi i figli, come ci insegna la psicanalisi, sono i sintomi manifesti dei genitori. Mentre decenni fa secondo la psicologia i tratti di personalità erano ritenuti stabili, oggi si ritiene che gli eventi, le persone, i farmaci, la psicoterapia, la neuroplasticità possano modificare sempre più la struttura profonda della nostra personalità, la cosiddetta personalità di base. In realtà noi cerchiamo di cambiare per adattarci di più a questo mondo, ma talvolta si cura la follia individuale perché essa si adatti alla follia collettiva di questo mondo, che consideriamo normalità.
Se Cartesio aveva introdotto il dubbio, che non era stato mai preso in considerazione dallo scolasticismo, è altrettanto vero che aveva posto come certezza la coscienza, il cogito ergo sum. La contemporaneità ha sollevato mille dubbi e sospetti sul soggetto, che oggi è in crisi. Nonostante ciò come scriveva Peirce noi non possiamo mettere in dubbio tutto. Cercare di eliminare già i pregiudizi di ciascuno, come le aberrazioni del senso comune, scrive Peirce, sarebbe puro “autoinganno”. Il terreno si sfalderebbe sotto i nostri piedi e finiremmo in una voragine. Non possiamo ripensarci totalmente, né possiamo ripensare totalmente la società, la cultura occidentale, primo di tutto perché nessuno ne sarebbe capace, essendone intriso pienamente. La stessa critica economicistica e alle sovrastrutture, come volevano prima Marx e dopo Lukacs, non può bastare. Ci sarebbe anche il lato Freud, il lato Jung, il lato Husserl, il lato cognitivista, il lato McLuhan, il lato Heidegger, il lato destrutturalista, il lato del costruttivismo, etc, etc. In definitiva, come scriveva Gioberti, la verità è un poligono dai lati infiniti. Nessun intellettuale, nessun religioso, nessuna guida spirituale può decondizionarsi totalmente dalla cultura, dalla società, dal suo tempo. Il rapporto tra io e mondo è un uroboro.
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