Letteratura
Verga? Chi era costui?
Tra i tanti disgusti dell’antropocene in salsa italiota uno dei più evidenti è l’assuefazione del popolo italiano alla mediocrità. Viene vissuta con rassegnazione, quasi che sia una condizione endemica, che abiti da sempre nel DNA degli italiani. Per cui nessuno si stupisce più di tanto se le cose si inceppano in un momento o in un altro e o muoiono lì oppure, se si riprendono, lo fanno azzoppate.
«Cavallo chi no corre lui tira carrozza medesimamente” ironizzava Franca Valeri nella sua celebre parodia “Mitzi la coreografa” di tanti, tanti anni fa. Troppi. Franca Valeri dovrebbe essere studiata come autrice nella Storia della Letteratura italiana, accanto a Verga e Pirandello, non certamente a Susanna Tamaro, altra voce di questa mediocrità dilagante incapace di autoironia. L’autoironia, d’altro canto, è indice della presenza di un certo esprit. Io credo che una persona che non sa cogliere le cose divertenti perché grottesche o surreali non è in grado nemmeno di riconoscere quelle serie, quelle veramente serie. Credo che sia uno dei sintomi della sindrome di Asperger. E uno scrittore senza ironia che pretende di dire e fare? La voce di Tamaro si è levata alta, in questi giorni, contro i programmi ministeriali di Storia della letteratura Italiana, appunto, contro Giovanni Verga (!), in cui i giovani, secondo lei, non si riconoscerebbero.
“Come si fa a fare appassionare i ragazzi alla lettura con Verga? Ai ragazzi bisogna far leggere cose che fanno loro eco dentro. Cose moderne, contemporanee o no ma che sono adatte per i ragazzi. Non si può far leggere Verga, lo odiavo già io alle medie. Basta.”
Lo ha detto lei al Salone del Libro, il 19 maggio scorso.
Lei crede che forse i ragazzini e le ragazzine si riconoscerebbero nei suoi personaggi. Probabilmente lei non conosce quanto siano sgamati i ragazzini di oggi. Forse le ragazzine più romantiche possono anche cascarci ma io credo che il cinismo della nuova infanzia abbia più possibilità di riconoscersi nella crudità del verismo di Verga o nella desolazione titanica di un Dickens o di un Maupassant, per passare alle letterature straniere. Dipende, forse, anche da come viene insegnato Verga e da cosa ha letto lei, di Verga. Forse nulla, perché Tamaro sembra ammantarsi di autoreferenza, non si sa se per autentica ironia (cosa che ci sembra difficile) o per profonda convinzione. O, se ha letto Verga, forse non ne ha capito niente. Come si fa a dire che personaggi come la Lupa, o Rosso Malpelo o Mazzarò non possono accendere la fantasia di un adolescente? La Lupa, forse, anche risvegliare gli ormoni. O una novella come “Un’altra inondazione”, dove viene preso di mira il turismo delle catastrofi e la desolazione di chi invece perde tutto, quanto mai attuale? Altro che eco dentro! Solo la mediocrità di chi non conosce ma crede di avere la soluzione in mano, ecco cosa mi comunica l’uscita di Susanna Tamaro. Ma siamo sempre lì, probabilmente è la sindrome di Asperger che le oscura buona parte dell’interpretazione delle mille facce della realtà.
Se invece nelle scuole si studiasse più approfonditamente la letteratura italiana, sia quella del passato, che ci fa rendere conto di tante cose, dalla lingua usata – e dalla sua evoluzione – alla Storia, sia soffermandosi anche su autori più contemporanei ma di qualità, sono d’accordo, forse ci sarebbe meno mediocrità. Di certo, bisogna dirlo, Tamaro non aggiunge granché alla letteratura italiana, nonostante le vendite. Le opere di Sciascia e Bufalino sono invece pregne di personaggi che farebbero riflettere i giovani, così come sono certo che si divertirebbero moltissimo colle vicende lariane rétro di Andrea Vitali o con quelle toscane di Marco Malvaldi, ma anche coi personaggi surreali eppure autentici di Roberto Alajmo. E capirebbero anche il loro rapporto col passato, col cinismo della letteratura italiana, di molti autori, soprattutto del Novecento. Mentre se leggessero Tamaro non riuscirebbero a mettere in relazione assolutamente niente con niente perché il suo mondo è chiuso lì. Magari si studiasse Verga più a fondo, si capirebbero tante cose.
Ora mi accuseranno che non cito autrici. Come no! Franca Valeri, appunto, ho aperto proprio con lei. E poi Gianna Manzini, Elsa Morante, Anna Maria Ortese, arrivo a dire anche Giulia Caminito, nuova di zecca. E tutte hanno come punto di riferimento il passato. Anche Elena Ferrante va a rigovernare passati di miseria e di stenti, non molto dissimili da quelli che descrivevano Edmondo De Amicis, Giovanni Verga o Matilde Serao (anche meglio della Ferrante). Autori e autrici che bisogna assolutamente conoscere, così come non si può prescindere dal conoscere Dante, Petrarca e Metastasio, Foscolo, Leopardi e Manzoni. E molti altri, certamente. L’iconofobia di Tamaro forse fa parte delle sue idee fisse, chissà, anche quelle appartenenti alla sindrome di Asperger.
A dirla tutta, però, bisogna riconoscere che, in un intervento sulla scuola 4.0 sul Corriere di qualche anno fa, Susanna Tamaro aveva individuato alcuni problemi derivanti da un’eccessiva digitalizzazione della scuola, sia per gli allievi che per gli insegnanti. E alcuni dei suoi punti di vista erano interessanti, soprattutto quello sulla dignità degli insegnanti e quello sul pericolo della deriva virtuale a cui sarebbero sottoposti i bambini. Ma Tamaro non si è accorta che la scuola è già in ritardo in questo senso. I bambini, non tutti ma in tutti gli strati sociali, sono già forniti di tecnologia dai genitori ben prima che vadano a scuola, spesso abbandonati a sé stessi con un telefono in mano o un telecomando e una play station o con video game sanguinolenti. Anzi, a scuola, forse, condividerebbero almeno qualcosa di più sano. Forse.
Comunque, alla fine, è proprio perché gli italiani hanno poca memoria del proprio passato che sono diventati un popolo di mediocri.
Viva Verga! Non fraintendete…
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