Letteratura
Ventre: esordio bruciante di Giulia Della Cioppa
Mi sono uccisa il giorno del mio compleanno. Non ricordo l’ora, faceva caldo. Ho bevuto una boccetta di Tavor, poi il latte. Mi è sempre piaciuto il latte, anche se non lo digerivo. Volevo morire addormentandomi, più che lanciarmi giù da un palazzo. Me ne sono convinta quando ho visto un uomo in bilico su un cornicione. Era notte e lui era nudo. Una gamba gli penzolava nel vuoto e guardava di sotto: un materasso decentrato, i pompieri e i suoi cari. Soffrivo di vertigini io, non avrei mai potuto buttarmi dal settimo piano.
Margherita ha deciso di ammazzarsi, lo ha fatto con lucida intenzionalità, non spinta di un momento di disperazione. Margherita non è riuscita a morire. Intrappolata nel suo corpo, cosciente all’insaputa della madre, che le fa visita tutti i giorni nel reparto di terapia intensiva, parlandole, leggendole frammenti di poesie, dell’infermiera che ogni giorno si prende cura di lei e che la notte torna a farle visita, alla ricerca di un contatto al di là del suo sguardo immobile, ci accompagna nel mondo dei non vivi, in un quotidiano fatto di impressioni inchiodate nel breve spazio di uno sguardo e di ricordi mescolati a pensieri sul presente. Attraverso un monologo solo brevemente intervallato dalla comparsa di dialoghi sospesi con la madre e con l’infermiera – Bianca – Giulia Della Cioppa offre ai lettori uno spaccato di lucida coscienza di una donna sospesa fra vita e morte, desiderosa di pace, priva di rimpianto, pentita per non aver più attentamente lavorato per riuscire nel suo intento suicida. Al centro delle riflessioni della protagonista il percorso che l’ha portata fino a quel letto d’ospedale, il rapporto conflittuale con la madre, costantemente al suo fianco, onnipresente e infinitamente distante nel ricordo in vita, analitica voce fuoricampo nello stato di coma.
Quando mi ossessionavo litigavo con mia madre per distrarmi. Lo preferivo, ci insultavamo, pensavo ad altro, alle parole atroci che avrei pronunciato. La facevo imbestialire al punto che mi lanciava dietro le prime cose che trovava. Mi hai rovinato la vita, urlavo e più incassava e mi accoglieva, più mi spingeva a continuare. Mi lanciò un pollo congelato un pomeriggio.
A fianco del rapporto con la madre altre relazioni al femminile animano le giornate di non morte di Margherita: il rapporto con Bianca, in cui cura e passione si coniugano con uno spirito indagatore privo di inibizioni, il silenzio immobile condiviso con Cintia, altra ospite della stanza di terapia intensiva, la cui morte cerebrale viene negata dai familiari e rivendicata, nel suo diritto alla fine, da un’intima amica, il ricordo della nonna, distante nel tempo e tuttavia presente, con le sue parole vaticinanti che emergono dal passato. Donne che hanno in sè una forza spietata e primigenia, titaniche nella semplicità delle loro vite, portatrici di un segreto che sembra sfuggente.
Ventre, romanzo d’esordio di Della Cioppa, edito da Alter Ego, racconta quello che accade dietro le quinte di uno degli ultimi tabù contemporanei: quello del suicidio. Margherita è bella, giovane, con tutta la vita davanti, eppure ha deciso di porre fine a una esistenza che non ha nulla di straordinario, nè in negativo, nè in positivo, per quanto ci viene narrato, e proprio per questo rappresenta a pieno l’inarrivabile mistero del suicida. La sua non morte appare poi tanto più disarmante quanto più viene descritta come ordinaria. Nessuna riflessione sul senso ultimo dell’esistenza, nessun pentimento, nessun sentimentalismo facile. Solo giornate che si susseguono una dopo l’altra senza possibili vie d’uscita, fra un’indifferenza moraviana e la meticolosità chirurgica di certi horror movies coreani. Margherita è incarcerata nel corpo che voleva lasciarsi alle spalle. Vorrebbe rinascere, ma non rimpiange la vita che ha lasciato. Con occhio disincantato giudica in modo implacabile ed equanime l’incapacità dei genitori di Cintia di lasciarla andare e l’ostinata – e in parte ottusa – intransigenza dell’amica che pretende venga rispettata la sua volontà – sempre che di questa si possa davvero parlare – di non accanirsi nelle cure. La sua unica via di fuga è rappresentata da piccole incisioni nella carne, dalla fuoriuscita di quel sangue che continua a scorrere, nonostante tutto, come i suoi pensieri.
Della Cioppa affronta in Ventre temi potenti, che vengono delineati con uno stile essenziale, estremamente preciso, con dialoghi attentamente strutturati, realistici e con descrizioni brevi, fotografiche. Disarmante, disturbante, rivelatore: un romanzo che sfida il lettore in un corpo a corpo in cui, a volte, si ha la tentazione di distogliere lo sguardo, per ritrovare un po’ di pace. Una sfida letteraria che vale assolutamente la pena di accettare.
Giulia Della Cioppa, Ventre, Alter Ego, 2023, pp. 152.
Devi fare login per commentare
Accedi