Letteratura
Vargas Llosa, due consigli di (ri)lettura nel giorno dell’addio
Anni fa avevo recensito due importanti volumi di Mario Vargas Llosa, La città e i cani (1963) e La letteratura è la mia vendetta (2011), dialogo condotto con Claudio Magris sull’importanza dell’impegno culturale per la libertà e la crescita della coscienza civile nelle popolazioni.
Vargas Llosa, scrittore, drammaturgo e saggista peruviano, premio Nobel nel 2010, era nato nel 1936 ed è morto ieri a Lima. La motivazione con cui gli è stato assegnato il Nobel suona così: “Per la propria cartografia delle strutture del potere e per la sua immagine della resistenza, della rivolta e della sconfitta dell’individuo”.
Molti suoi romanzi sono ambientati in Perù, paese di cui ha documentato il clima reazionario introdotto dalla dittatura militare del generale Odria, che aveva pesantemente condizionato la sua vita familiare, direzionando poi le sue coraggiose scelte politiche e la sua scrittura in senso democratico e libertario. Altri volumi sono dedicati a denunciare la repressione e la corruzione in Brasile, Santo Domingo, Guatemala e Amazzonia, o alla descrizione di paesi europei da lui assiduamente visitati. Sostenitore in gioventù del comunismo e della rivoluzione castrista, negli anni ’80 si era attestato su posizioni neoliberiste, arrivando a proporsi come candidato presidente di una coalizione di centrodestra alle elezioni governative, in cui venne sconfitto da Alberto Fujimori, motivo che lo indusse a emigrare in Spagna, dove continuò a manifestare apertamente le sue opinioni politiche, spesso in contrasto con i governi e l’opinione pubblica più conformista.
Fotografia di copertina di Daniele Devoti, creative commons
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