Letteratura
Vagina spaventosa
Tuttapatata era una super eroina che sconfiggeva i cattivoni grazie ai super poteri della propria vagina. La interpretava, tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta, Carla Signoris, al tempo faceva parte del gruppo dei Broncoviz assieme a Maurizio Crozza, destinato a diventare suo marito. In questi giorni se n’è parlato molto perché un supplente di italiano di una scuola vicino a Roma ha avuto la trovata di mostrare un video di Tutta Patata ai ragazzini di prima media, suscitando scandalo e polemiche. Il fatto è stato ripreso da Dagospia.
La vagina che spaventa, tuttavia, non è un’idea nuova. Porta Tosa, a Milano, deve il proprio nome a un bassorilievo del XII secolo, ai nostri giorni conservato nel museo del castello Sforzesco, a Milano, in posizione peraltro defilata, probabilmente perché considerato scabroso. Vi si vede una donna che con una mano tiene la gonna sollevata e con l’altra si taglia i peli pubici utilizzando una grossa forbice. Sulle origini di questa scultura non si sa quasi nulla, né si conosce il motivo del perché il bassorilievo si trovasse murato nell’arco della porta che proprio alla raffigurazione della ragazza – tosa, in milanese – deve il nome. Ovviamente, come spesso accade, sono fiorite le leggende. Una di queste si riferisce a Federico Barbarossa che nel 1162 rade al suolo Milano: la ragazza sarebbe una popolana che, sporgendosi dalla mura, avrebbe cominciato a radersi il pube, in modo da distrarre i soldati imperiali e permettere una sortita dei milanesi. Secondo un’altra versione mostrerebbe i genitali ai soldati per spaventarli.
Nel dicembre 1499, Cesare Borgia, il Valentino, stringe d’assedio Forlì e rapisce i figli di Caterina Sforza Riario, signora della città. La donna allora sale in cima alla torre più alta, si solleva la gonna e mostra il proprio sesso urlando al nemico: «Io ho la fica e faccio quanti figli voglio». La vagina spaventa perché è l’unica cosa che soltanto la donna possiede e della quale l’uomo non può disporre.
Nel secolo successivo, il Cinquecento, cambia tutto. La vulva viene in qualche modo normalizzata e chi la mostra non è più la donna che vuole affermare il proprio potere in contrapposizione a quello maschile, ma diventa la pazza, l’essere ai margini della società. Una serie di carte da gioco di origine tedesca raffigura la matta come una donna dalla gonna sollevata la vagina in evidenza. Il cambiamento non potrebbe essere più evidente: nel XV secolo chi la fa vedere è una donna di estrema intelligenza, in grado di prevalere sul maschio; nel secolo successivo diventa invece una matta, un essere marginale, trascurabile.
Il tema della donna che la fa vedere è stato accuratamente tenuto nascosto durante il periodo più bacchettone della storia, l’Ottocento, e piuttosto trascurato anche in seguito, tanto che mancano studi specifici sull’argomento.
Ciò non significa che ogni tanto non riemergesse nell’iconografia. La vagina è in grado di spaventare i soldati, come mostra il quadro del fiammingo Otto van Veen, “Il coraggio delle donne persiane”, dipinto verso la fine del Cinquecento. Si riferisce a un episodio narrato da Plutarco: i Persiani si ritirano dal combattimento contro i Medi, ma le loro donne li fermano esibendo il sesso, più spaventoso del nemico, come mostra il soldato in primo piano nell’atto di coprirsi gli occhi.
La vagina spaventa addirittura il diavolo, lo si vede in una stampa popolare inglese dell’Ottocento, dal titolo: “La prospettiva pelosa o il diavolo spaventato” nella quale una donna di nome Chloe mette in fuga il diavolo. La didascalia recita:
C’era una volta il Sire del male/
In un inglese più semplice chiamava il diavolo/
Qualche nuovo esperimento da provare/
A Chloe ha gettato uno sguardo furbo/
Ma lei che ha sfidato tutte le sue arti/
Si è alzata e ha mostrato il suo orgoglio/
sessuale Una cosa tutta scopata girava con i capelli/
Così tanto da far fissare il vecchio Satana/
che, spaventato dal cupo spettacolo, si/
alza e scappa via.
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