Letteratura

Una vita lunga cent’anni di Giuseppe Bordonali

28 Novembre 2020

Raccontare la storia del novecento attraverso la vita, estremamente complessa, di un personaggio, è operazione non semplice e, ancor più problematico è dare “carne e ossa” a questo stesso protagonista e a quanti occupano lo spazio che ospita questa commedia umana.

Giuseppe Bordonali, scrittore di lungo corso, riesce in questa impresa e ci regala un’opera, un romanzo storico, che merita attenzione sia per la buona cifra di scrittura di scrittura che lo sostiene sia per la originalità dell’invenzione letteraria fatta di tante tessere, ciascuna delle quali ha una sua autonomia, che trovano poi composizione in un organico mosaico narrativo.

Cent’anni, questo è il titolo del romanzo pubblicato per i tipi dell’editore Castelvecchi di Roma, è un lungo racconto che si sviluppa cronologicamente attraverso i vari passaggi della storia italiana e che rende, in modo lodevole, le risposte, fatte di emozioni e di sentimenti non sempre razionali, che la gente comune ha dato a questi stessi mutamenti.

Non indifferente è, inoltre, la capacità dell’autore di coinvolgimento dello stesso lettore che viene quasi costretto a partecipare alle gioie, ai dolori, ai turbamenti degli attori di questa stessa storia.

E questo perché la narrazione che si offre al lettore è gravida di vicende che suscitano talora indignazione e repulsa e talora correnti di empatia. In essa, infatti, si registra sistematicamente lo scontro fra il bene e il male, uno scontro che, e qui un non troppo velato pessimismo dell’autore, si risolve troppo spesso a favore del male piuttosto che a favore del bene.

E così una storia anche cruda che non concede nulla alle anime belle se non la speranza di un appagamento in una vita “altra” almeno per chi a quest’esito crede.

Un romanzo, dunque, di un certo spessore umano, che ricorda, con le dovute misure, le storie di un grande scrittore sudamericano.

Parlo di Mario Vargas Llosa le cui storie affondano le radici nella complessa vicenda delle inquiete società sudamericane.

Un bel romanzo, dunque, nonostante una piccola pecca che grava poi nel giudizio complessivo che si dell’opera.

Proprio la parte finale del romanzo sembra contrassegnata da una certa fretta liquidatoria, il peso della espressione letteraria si riduce drasticamente per dare spazio ad una cronaca un po’ fredda delle vicende storiche, così che si assiste ad una vera e propria mutazione della cifra di scrittura che da letteraria diventa resoconto della cronaca.

Forse l’autore avrebbe dovuto fermarsi ad un certo punto o invece impegnarsi a recuperare l’estro artistico anche per quell’ultima parte.

Nonostante ciò, mi assumo la responsabilità di consigliarlo ai lettori in quanto opera che vale molto più di tanta robaccia venduta per alta letteratura da un mondo editoriale che costruisce, troppo spesso, fenomeni letterari artificiali che, grazie a campagne ben orchestrate, riescono a convincere i lettori del loro valore.

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