Letteratura
Una sestina per Luciano Berio
LA LINGUA NASCOSTA
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A Luciano Berio
Nascesse a noi nascosta la natura
dell’atto in cui s’imbratta la ragione
con le cose, sentirne attraversata
screpolarsi la sillaba che intona
dal grembo scardinata la parola
senza schermo potremmo di figura.
Ma disgregata forse la figura
nel nudo nodo della sua natura
non si disegna in noi d’altra parola
il segno, che una fuga di ragione,
in cui soltanto per paura intona
qualche suono la mente attraversata
dalle cose, se pure attraversata
ma non trafitta, segna una figura
di sé la mente, che il silenzio intona:
da quell’abisso invoca una natura,
là dentro cerca e chiede la ragione
il senso che conforma la parola.
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Ma non apre alla mente la parola
che parvenza di sensi attraversata
dai suoni, né disgombra la ragione
d’altro segno che della sua figura:
nessuna voce dice la natura,
solo sé stessa la parola intona.
Uscisse da sé stesso chi l’intona,
da sé non uscirebbe la parola,
né squarcia, risuonando, altra natura
che il segno in cui si specchia, attraversata
dall’ombra di sé stessa, la figura
per cui s’accende e spegne la ragione.
Toccasse ultimo inferno la ragione
il deserto di sillabe che intona,
smarrendo di sé stessa la figura,
almeno una parvenza di parola,
non questa lastra d’orme attraversata
dai fossili scampati alla natura.
Fossile di natura la ragione
attraversata d’ombre se c’intona
non è parola che la sua figura.
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Roma, 5 marzo – 15 giugno 1995.
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