Letteratura
Una donna pimpante
L’uomo e la donna fanno colazione al caffè. Di prima mattina, come me, che sto seduto a mezzo metro da loro
Ho davanti il giornale e faccio fatica a capire l’articolo che leggo: un po’ perché la questione trattata è oggettivamente intricata e complessa, un po’ perché l’estensore del pezzo dà per scontate troppe informazioni che io, come molti altri lettori, non possiedo.
La conversazione tra i due vicini di tavolo, poi, dà il colpo di grazia alla mia concentrazione.
Parlano di lavoro. La donna è molto agitata, ce l’ha con lo smart working.
“Che a suo tempo fosse una necessità non lo discuto, c’era una pandemia e tutti quanti, senza eccezioni, preferivamo lavorare da casa. Ma adesso? Adesso che senso ha? Non facciamo i centralinisti, non lavoriamo in un call center. Siamo professionisti che hanno bisogno di confrontarsi, di progettare e costruire insieme le soluzioni. Devo proprio dirlo, questo sistema delle call, questa storia che un paio di giorni a settimana andiamo in ufficio e gli altri ci colleghiamo da casa, magari restando in tuta o in pigiama, mi deprime. Ma forse è un problema mio, dovuto all’età. Forse per voi giovani questo è l’unico sistema che ha senso!”
L’uomo replica qualcosa, ma a voce molto più bassa, non riesco a capire quello che dice.
Poi entrambi si alzano per avviarsi alla cassa.
Quando la donna che ha fatto la tirata sullo smart working passa accanto al mio tavolo, non resisto alla tentazione e commento: “La sento molto pimpante stamattina…”
La donna mi guarda con aria leggermente interdetta, poi dice:
“Ci conosciamo, per caso?”
“No, che io ricordi”, rispondo.
“Forse siamo amici di facebook?”
“Non ne ho idea, ne ho più di duemila.”
“Vabbè, ho capito, lei voleva farmi notare che poco fa parlavo troppo ad alta voce…”
“La cosa non mi turbava affatto, semplicemente non ho potuto fare a meno di ascoltare e di trovare interessanti le sue considerazioni.”
“Me la prendo troppo a cuore, lo so. Ma sa cosa le dico? Ogni comunità lavorativa è come un puzzle. Si mettono insieme tutti i pezzi, intesi come i contributi di tutti e si ottiene il risultato finale. Da quando imperversa questo smart working ho l’impressione che quel risultato sia molto più difficile da raggiungere perché ci sentiamo un po’ tutti pezzi di un puzzle diverso da quello degli altri. Le è mai capitato di cercare di inserire in un puzzle un pezzo che appartiene ad un puzzle diverso? Ecco, io mi sento sempre come quel pezzo fuori posto! Altro che pimpante! Buona giornata, la lascio al suo giornale!”
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