Letteratura
Un paese di santi, assassini e poveracci
Con questo romanzo di formazione e indagine sociologica Riccardo Ielmini ha vinto il Primo Premio di Narrativa NEO.
Le tre parti in cui si suddivide il romanzo di Riccardo Ielmini appena pubblicato da NEO, sono denominati con garbata civiltà La Confraternita, Diaspora, Ritorno della Confraternita, stridendo sia con l’aggressiva sfrontatezza del titolo (Spettri diavoli cristi noi), sia con l’allusività dei sottotitoli di alcuni capitoli interni (L’Uomo Dei Boschi e il Diavolo, Brucia Solidarność, Talithà kumi reloaded, Recitativo della Matta, Como merda). Riccardo Ielmini è nato a Varese nel 1973, vive a Laveno e attualmente lavora come Dirigente Scolastico. Già autore di un volume di racconti (Belle speranze, 2011), di un romanzo (Storia della mia circoncisione, 2019) e di due eleganti raccolte di poesia, si è fatto apprezzare per l’originalità dei temi trattati, sospesi tra cronachismo locale e metafisica, e per la densità della sua scrittura singolarmente eccentrica.
La narrazione si apre con un lungo periodo privo di punti fermi, che occupa più di una pagina, offrendo subito al lettore un’anticipazione non solo dello stile immaginoso e fertile che l’autore sfrutta con originale perizia, ma anche un assaggio dell’atmosfera cupa di superstizione, timore, pregiudizi e malvagità che si respira tra le pagine fino alla conclusione, solo apparentemente liberatoria. “In principio, nel buio, prima del sonno, è la paura, la magica incontrollabile paura del Diavolo che aleggia sulla giovinezza, il Diavolo bestemmiato dalle nostre vecchie come Anticristo, Bestia, Ciapìn, l’acchiappa-anime che visita i tuoi sogni, bambino, che si intrufola nel tuo ozio, pinìn, che perlustra gli angoli morti della tua fragile fortezza, stèla, e quindi sta’ lontano dal Diavolo, e bestemmialo, Satana, tienilo a mente, tienilo a cuore, che se il principio è buono il resto è buono, dicevano le vecchie nella veglia e nel sonno, e noi nottetempo o splendigiorno non volevamo crederci…”
“Spettri diavoli cristi noi” è un romanzo di formazione, come di solito si definisce un testo che accompagni la crescita di una o più giovinezze: ed è un romanzo corale, ambientato in uno spazio circoscritto (quello originario dell’autore, cioè la pianura lombarda tra Varese e Como, con i suoi laghi, il paesaggio prealpino, il confine con la Svizzera). Romanzo di memorie ritrovate e reinventate, di nostalgie e rabbia, di inquietudini e noia. Qui vivono, tra parrocchia, scuole medie e ansie materne, alcuni ragazzi perennemente in fuga dal paese, cercando nel selvoso territorio circostante (da loro pomposamente chiamato La Contea), popolato da tossici, ladruncoli, contrabbandieri, puttane e “poveri cristi sperduti”, una fuga “dall’angolo buio della loro fragile fortezza”. In sella alle bmx, ubbidienti agli ordini di Fredy, il capo della ghenga, vanno a caccia di spettri nei sentieri tortuosi dei boschi, provvisti di torce e voglia di avventura. Una sera la banda si imbatte davvero nell’ombra del Demonio, quando sul sagrato di una chiesetta abbandonata scopre cinque figuri incappucciati che celebrano un rito satanico, abusando di due adolescenti intorpiditi o drogati. Lo scandalo che ne deriva, con le indagini dei carabinieri e quattro oscuri delitti maturati tra i malavitosi della zona, sono per i giovani la prima e terrorizzante scoperta della reale esistenza del Male. “Avevamo appreso meglio di ogni catechismo che la Bestia esiste e indossa panni di carne umana e schianta la sua fame aggredendo altra carne, carne debole, innocua”.
Sulla falsariga di questa prima esperienza, si dipanano tutte gli eventi successivi, sospesi tra realtà e fantasticherie, incubi e rivelazioni: “tutto ci sembrava pronto ad aggredire la nostra innocenza, sembrava aggiungere terrore a terrore”. Il vecchio che vaga tra gli alberi masturbandosi, pazzo di dolore per la figlia stuprata e uccisa; i drogati persi tra fumo e siringhe; un’anziana coppia suicida con il gas dell’auto; un reduce della grande guerra assetato di vendetta; la Matta dagli occhi di brace vogliosa di sesso; un professore in pensione alcolizzato; badanti polacche e misteriosi immigrati albanesi; un rom ermafrodita campione di calcio; attricette porno e altri incredibili personaggi emersi da memorie letterarie.
Il Male incombe anche senza travestirsi delle sembianze del Diavolo, e li fa maturare, i ragazzi della ghenga: “Eravamo corpo-anima dentro corazze di educazione che non ci contenevano più, ecco cosa stava succedendo. Le giunture dell’armatura non reggevano all’urto del mondo di fuori, che premeva sui confini della Contea, né alla spinta di noi, da dentro”. Ciascuno cresce a suo modo, chi vince e chi fallisce, chi emigra per sempre, e chi invece poi ritorna deluso. E chi muore, per una trasgressione fatale e imperdonabile. Ielmini ripercorre passato e presente, suoi e degli altri, intercalandoli nel narrato e nel vissuto: “Io sono rimasto qui, nel mio qui di slanci tiepidi, meraviglie intermittenti e malinconie sanguinanti… infervorato dal desiderio che fossimo se non tutti, almeno io, a un tiro di schioppo da un fatidico punto di perfezione”.
Gli adolescenti raccontati da Ielmini, in preda a ossessioni inculcate dal più trito cattolicesimo, tra desiderio fanatico di purezza e assillanti tentazioni carnali di cui sgravarsi nel buio di un confessionale, potrebbero forse vantare un precedente narrativo nell’indimenticabile capolavoro di Meneghello, Libera nos a Malo, ma rimangono lontani dalla sorniona ironia e dalla franca comicità dello scrittore vicentino, e ancorati invece a un senso tragico dell’esistenza. La Contea in cui si muovono è terra su cui la Storia “ha soffiato l’alfabeto intero del dolore”, senza possibilità di riscatto.
Quando dopo molti anni i quattro protagonisti superstiti si ritrovano, adulti invecchiati senza cambiare veramente, tornati ragazzini pieni di illusioni e rancore, e decidono di incendiare la spelonca e le ricchezze del demonio incarnato che per anni aveva insanguinato il bosco (seminando terrore, arricchendosi con traffici illeciti, strozzando la quotidianità monotona di un paese privo di colpe), la vendetta a lungo meditata rimarrà puerile e inconsistente, come la neve che imbianca le loro risate scomposte e i tremebondi magoni, sciogliendosi nel buio di una notte stregata.
RICCARDO IELMINI, SPETTRI DIAVOLI CRISTI NOI
NEO EDIZIONI, CASTEL DI SANGRO 2025, p. 160
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