Letteratura
“Un caso pop per l’ispettore Iannacci”: intervista a Jonathan Rizzo
Un caso pop per l’ispettore Iannacci (Puntoacapo Editrice, 2022) è il titolo del nuovo libro di Jonathan Rizzo, che qui si firma Jim Ritz e che ci racconta di una sequenza di omicidi uniti da due denominatori comuni: si abbattono sui membri di una band e colpiscono vizi e dissolutezze.
Ne parliamo insieme all’autore.
Come mai, intanto, la scelta dello pseudonimo, diversamente da quanto accade per la tua produzione poetica dove ti firmi col tuo nome e cognome: la volontà di differenziarti anche nominalmente in generi letterari differenti o c’è di più?
Buongiorno Alessandra, grazie dell’ospitalità e delle domande. Per rispondere al tuo primo quesito devo confessare che c’è l’una e l’altra cosa, cioè il gioco dello pseudonimo “americanizzato” è sia per omaggiare i Maestri del genere hard boiled come Hammett e Chandler, ma anche – come dicevi- tu per distinguere la mia produzione “seria” da poeta sulle barricate a qualcosa, almeno sulla carta, più leggero, come un ”romanzetto” giallo. In più la necessità umana di prendermi una vacanza dalla guerra di trincea della poesia italiana e soprattutto da me stesso con un alias buffo, leggero ed un po’ dadaista.
Senza svelare il finale né anticipare troppo, per non togliere il gusto ai lettori di seguire l’indagine dell’ispettore Iannacci, vuoi aggiungere qualcosa al mio riassunto della trama?
la trama è semplice quanto il lato oscuro della natura umana. Un maniaco sta trucidando uno alla volta i componenti della boyband più in voga del mondo. Nel caso inciampa un vecchio ispettore della omicidi, stanco e senza più stimoli sociali. La persona più lontana possibile dal mondo di plastica della “pop music”, ma proprio per questa sua naturale immoralità la persona più indicata per scoperchiare la rete ipocrita che si nasconde dietro la catena di questi omicidi efferati.
Da dove nasce il personaggio dell’ispettore? Pregi e difetti come sono stati bilanciati per renderli congeniali alla narrazione?
Iannacci è una proiezione su carta dell’autore, un alter ego di Jim Ritz, e ha tutti i difetti pubblici e i pregi intimi del suo autore.
In che modo la critica sociale che tu smuovi attraverso questo giallo vorresti arrivasse al lettore?
Più che un intento nascostamente pedagogico o sociologico, il messaggio – mai ce ne fosse uno – sarebbe un “dito medio” alla società ipocrita e perbenista che giudica e condanna, ma nasconde un’anima da serial killer. L’Ispettore Iannacci è un uomo di un’altra epoca, viene da un tempo non ipocriticamente politically correct, quale quello che domina i nostri giorni. La sua educazione si fonda sulla differenza tra bene e male e non sulla corrente. Iannacci è un uomo vecchio, stanco e stronzo che se ne fraga, ma non sopporta i moralisti e gli ipocriti.
C’è stato l’intento, come siamo soliti a ritrovare nelle favole, di insegnare una morale?
Penso che avevo solo voglia e bisogno di ammazzare qualche bastardo che se lo meritava, e con la libertà della scrittura e della fantasia ti puoi prendere delle licenza che la noiosa realtà non concede.
Sono previste presentazioni online o in presenza per il tuo libro?
Ho un ricco calendario di appuntamenti e presentazioni. Iannacci mi ha portato al salone del libro di Torino e venerdì 3 alla Confraternita dell’Uva di Bologna, poi una tournée toscana con tre tappe(Livorno, Firenze e Pisa), a Luglio Napoli e poi Roma, altre sono in via di addizione. Intanto vi aspetto, se vorrete, proprio a Livorno, sabato 11 giugno. ore 19.00, presso il Caffè Letterario Le Cicale Operose.
Ci saluti con un passaggio tratto da Un caso pop per l’ispettore Iannacci?
“La scena di un delitto è come un quadro astratto, solo il pittore ne capisce il senso. Il critico d’arte finge per lo stipendio a fine mese e il pubblico più non comprende più ne rimane affascinato”.
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