Letteratura

Tutti i brutali racconti di un’epoca oscura

14 Gennaio 2017

Sono arrivato alla lettura di Tutti i racconti di Andrea Carraro in modo casuale e banale, perché si trovava consigliato in libreria insieme al mio e ad alcuni altri libri. Del resto conoscevo Carraro – molto noto – soltanto di nome, non avendo mai letto nulla di suo fino a questo momento. Va da sé, dunque, che qui si parla di questa raccolta soltanto, e non dell’autore in un senso più ampio. Direi ancora che si tratta del semplice invito alla lettura di un libro che ho trovato appunto brutale. Credo che un lettore di libri e di racconti desideroso di penetrare a fondo questa nostra epoca oscura, queste giornate di omicidi fra cari, di sfregi con l’acido e del triste rituale del cosiddetto “femminicidio”, possa farlo con profitto e in modo diverso affondando testa e cuore in questa raccolta pubblicata da Melville nella collana Gli impossibili, diretta da Andrea Caterini.
Procedendo pagina dopo pagina nella lettura, si combatte con la voglia di prenderlo a schiaffi, questo Andrea Carraro. Stiamo parlando di racconti che sembrano scritti apposta, appunto, per farti precipitare nell’orrore e nelle bassezze, nelle viltà e nella meschinità di questo nostro maledettissimo tempo. Carraro ha la grandissima abilità di trovare sempre la scrittura più appropriata. Carraro non sembra mai finto. Non è mai inadeguato. Praticamente scompare tra le righe degli episodi che crea e che racconta. Dà corpo e spessore a personaggi che è impossibile non ritenere inaccettabili, e dopo averti costretto ad odiarli restituisce loro un improvviso barlume di umanità che ti fa vacillare. Come nel primo racconto, Il balcone, in cui provi a lungo disgusto sia per i carnefici che nei confronti della vittima, provi rabbia e dolore, e poi nel finale giunge all’improvviso il gesto peggiore, ed è questo gesto peggiore che sembra restituirti allegria. Eppure Carraro ti fa un ultimo sgarbo, ti fa infine sentire anche in colpa, riavvicinando tutti i personaggi del racconto e rendendoli dunque finalmente persone. E tu non sai più se essergliene grato, all’autore, oppure se odiarlo ancora di più.
Carraro parla di noi e delle nostre piccole e grandi manie, e lo fa con la stessa precisione delle nostre ossessioni. Lo senti così puntuale e vicino che sospetti addirittura stia parlando di te, di un ipotetico noi, un noi di lettori contrapposti a uno scrittore che mette le ossessioni su carta come se si trattasse di uno specchio che non deforma un bel niente, che non ammorbidisce, che non rende meno indigesto l’effetto. Come nel racconto La lucertola: bello, profondo e anche umano. Soprattutto: vero.
Poi per fortuna arrivano alcuni racconti più normali, come L’intervista, oppure Il barista, in cui l’autore ti fa la gentilezza di lasciarti respirare, calmare, leggere senza paura e tensione. E nello stesso tempo si parla ancora di vita. La riconosci, nella sua banale complessità e allo stesso tempo nella sua aderenza alla realtà che tutti noi conosciamo. Raramente si tratta di racconti “calanti” rispetto a tutti gli altri e rispetto al resto del libro. Si tratta soltanto di racconti che ti consentono una necessaria e meritatissima pausa.
Leggere i testi di Carraro proprio in questi giorni – mentre in Italia ci si uccide, ci si sfregia ed umilia – fa un bruttissimo effetto. È un’esperienza simile al vedere al cinema uno di quei film dell’orrore che sono andati a lungo di moda, dove le vittime vengono torturate a lungo prima di essere uccise, e dove allo spettatore non si risparmia neppure un dettaglio. Solo che in Tutti i racconti c’è pure parecchia qualità letteraria, e se dal cinema poi esci, bevi una birra, fai l’amore e dimentichi tutto qui no, non succede: quel bastardo di Carraro te lo porti appresso per un sacco di tempo.
Quando ho finito questo libro ho pensato appunto che non avevo mai letto niente di suo (non che sia strano, per carità); ho anche pensato a quanta bellezza rimanga necessariamente nascosta anche al più costante lettore. “Pazienza – mi sono detto – cosa mai posso farci? Intanto ho trovato un buon libro, dopo averne scartati parecchi”. E io, come sempre, desidero ringraziare di cuore Andrea Carraro, uno scrittore che nella mia personalissima esperienza e opinione potrebbe forse stare alla provincia italiana come Philipp Meyer sta alla Pennsylvania, se l’Italia valesse l’America, e come i Dubus stanno a certe storie e emozioni.

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