Letteratura
“Ti lascio per riprendermi” o del tragicomico modo di affrontare una separazione
Quando decidi di sposarti la decisione viene presa in due.
Che si tratti di una proposta romantica e inaspettata o di una scelta presa chiacchierando fra una lavapiatti caricata e un cane da portare a passeggio, si gioca in squadra. La squadra poi si amplia nel momento in cui prende forma l’organizzazione delle nozze: parenti e amici, testimoni, ristoratori, gioiellieri, sarti, fioristi e wedding planner. Un esercito a servizio di qualcosa, un amore appunto, che di per sé avrebbe già gambe su cui correre. Quando un amore finisce invece la scelta viene presa spesso da una persona. C’è chi lascia e chi viene lasciato e se per coloro che “subiscono” l’abbandono esiste quantomeno una sana commiserazione, accompagnata da un supporto e da un’empatia che potremmo definire “socialmente codificata”, corredata da fior di manuali per gestire il distacco, per chi lascia la strada è in salita, ma non priva di sofferenze, dubbi, ripensamenti.Si pensa, spesso, che lasciare sia una cosa semplice e che, in fondo, visto che la persona in questione ha scelto, sia forte delle sue decisioni e non abbia bisogno di alcun supporto o accompagnamento. Nessuno ci racconta cosa si nasconda dietro un percorso spesso complicato e pieno di contraddizioni. “Ti lascio per riprendermi” è un manuale, fra il serio e il faceto, dedicato alle strategie per la separazione. Grazie a brevi capitoli, che partono dalle procedure per avvicinarsi al momento del distacco, per arrivare ai piani operativi di allontanamento da casa, sempre giocati su un registro tragicomico e surreale, affronta quello che ancora oggi è considerato un tabù in campo sentimentale.
La separazione viene interpretata, dal punto di vista sociale, come un fallimento, come se l’amore, che fin da piccoli ci dipingono come qualcosa di spontaneo, magico e irrazionale, si potesse ridurre al giusto grado di impegno nel far “funzionare le cose”.
Questo senso di fallimento si riverbera anche individualmente sulle scelte dei “separandi”, che finiscono con l’identificare nella buona riuscita del rapporto e in un amore che funziona qualcosa di più di ciò che in fondo è, ovvero una parte della nostra vita e non la nostra vita intera.
Più volte nel corso del “manuale” gli scrittori – Giovanna Donini e Andrea Midena, autori televisivi e teatrali – richiamano l’attenzione del lettore sull’importanza di trovare in sé stessi, nelle proprie passioni, nei propri progetti individuali quella “ripresa” citata fin dal titolo, anche per racimolare il coraggio di uscire da comfort zone che in realtà rappresentano luoghi di disagio totale.
C’è chi resta in nome di figli ormai più che maggiorenni, chi per paura di ferire i sentimenti dei familiari, chi perché le cose costruite in comune sono così tante da implicare uno sforzo titanico per essere messe in discussione: eppure nessuna di queste è una buona ragione per restare in un rapporto finito, ma sono alibi costruiti per non affrontare l’incertezza che un passaggio esistenziale di questo tipo impone.
Donini e Midena, che hanno dichiarato di aver scritto questo libro anche sulla scorta delle tante richieste di separazione del “post Covid”, descrivono una faccia diversa della fine di un amore, quella di chi prepara le valige e, fra un lapsus e un gesto plateale, decide di mettere un punto alla sua vita di relazione e ricominciare. Partendo da sé stessi.
G. Donini, A. Midena, Ti lascio per riprendermi, Solferino, pp. 240
Ph. credits a testo Vanity Fair
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