Letteratura
Tesori nascosti
Andando verso il mercato di Rialto, passo per campo Sant’Aponal (Sant’Apollinare detto alla veneziana).
Noto subito che c’è qualcosa di nuovo: la chiesa è aperta! Migliaia di volte sono passato da quel Campo, trovandola sempre chiusa.
E’ una bellissima chiesa dell’undicesimo secolo che però, da tempo immemorabile, è sconsacrata ed utilizzata come deposito dal comune.
Mi affaccio a guardarla dal portone, insieme ad un paio di altri passanti veneziani, anche loro attratti dalla novità.
Vorremmo entrare, ma i due facchini che stanno portando dentro la chiesa/deposito alcuni mobili, ci pregano di restare sulla soglia:
“Se ‘i ve vede entrar, ‘i ne dà ea carne”
Traduco per i non veneziani: “Se vi vedono entrare, ci danno la carne” ( è una forma gergale veneziana: dare la carne a qualcuno significa cazziarlo, sgridarlo, fargli un lisciabusso).
Restiamo sulla soglia, incantati.
La chiesa è bellissima e praticamente intatta.
Potrebbe tornare ad essere una chiesa a tutti gli effetti in pochissimo tempo.
Basterebbe portare via quegli scaffali pieni di faldoni che stanno al centro della navata e metterci le panche.
Alle pareti sono rimasti anche dei grandi quadri del cinquecento di soggetto sacro.
Torno a casa e leggo sulla guida alcune informazioni su questa chiesa.
Apprendo così che è stata costruita nel 1034 da alcune famiglie di Ravenna.
Chiusa al culto nel 1810, è stata nel tempo: ricovero notturno per i poveri, officina di faleganme, deposito di mobili, carcere per detenuti politici, spaccio di carbone, bottega di rigattiere.
Riconsacrata nel 1851, dopo circa un secolo era tornata ad essere nuovamente utilizzata come deposito.
Mai visto un deposito così bello e con dei quadri così grandi e magnifici alle pareti.
Penso che Venezia è un giacimento culturale così ricco da potersi permettere di usare in questo modo un monumento che sarebbe l’orgoglio di qualsiasi altra città.
La guida riporta un brano di uno storico del ‘500, Marin Sanudo, il quale nei suoi “Diari” racconta della nascita in campo S. Aponal dei due figli siamesi di un “povero erbariol”: erano “un puto e una puta che si tieneno insieme davanti, do teste, 4 braxe, 4 gambe”
Il “mostro”, come lo chiama Sanudo, visse solo un’ora. Ma si fece in tempo a battezzare i due piccoli : Maria “la femena”, Zuane “el puto”.
I due furono imbalsamati e quelli che li volevano vedere andavano a casa dell’erbariol e pagavano un soldo.
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