Letteratura
‘Tatà’ di Valérie Perrin, un romanzo al femminile pedagogico e universale
‘Tatà’, recensione del nuovo romanzo di Valérie Perrin – Edizioni e/o
La prima impressione che ho avuto appena finito di leggere ‘Tatà’ di Valérie Perrin (Edizioni e/o) è che si tratta di un romanzo al femminile. Non un libro adatto solo alle donne, attenzione, ma semmai un libro che ci racconta molto delle donne e della sensibilità femminile, analizzandola alla luce di una storia che cambia, contestualizzandola nella contemporaneità. Quindi un romanzo la cui lettura sarebbe molto utile sicuramente agli uomini, in particolare tutti quelli che pensano di poter vantare una qualche superiorità sull’altro sesso. Da questo punto di vista il tentativo, l’animus e l’ispirazione che ci sono dietro a ‘Tatà’ sono estremamente interessanti, perché con un’opera di finzione letteraria Valérie Perrin, a mio parere, riesce a compiere un percorso pedagogico, dimostrando tutta l’infinita delicatezza delle donne in qualsiasi ruolo o condizione esse si trovino a vivere oggi.
La trama del romanzo ruota tutta attorno a un fatto eccezionale. Zia Colette, come scoprirà sua nipote Agnès Septembre, è morta due volte. La telefonata con cui le viene comunicata la cosa non lascia dubbi, e apre a un percorso di indagine che porterà Agnès a capire molte cose del passato di sua zia Colette. Agnès è una regista cinematografica, a corto di ispirazione a seguito della separazione dal marito. Per telefono le viene annunciata la morte della zia, ma sua zia è già morta e sepolta da tre anni nel cimitero di Guegnon. Al suo funerale Agnès, impegnata negli Stati Uniti per lavoro, non aveva potuto partecipare, ma era stata più volte a farle visita sulla tomba. Agnès, unica nipote della donna, viene convocata a Guegnon per riconoscere il cadavere. È l’occasione per rincontrare le vecchie amicizie e scoprire che zia Colette le ha lasciato qualcosa su cui indagare, una valigia piena di audiocassette registrate nel corso degli anni per lasciare una traccia indelebile di tutta la sua vicenda.
In quelle cassette c’è una storia della sua famiglia che Agnès non poteva certo immaginare. Talenti musicali, ebrei deportati dai nazisti, donne fuggite da un circo degli orrori, abusi e amori non convenzionali. L’ascolto di quelle cassette fornirà ad Agnès la spiegazione della duplice morte della zia. Per amore, sembra volerci dire l’autrice, si può morire due, tre oppure anche cento volte. Nell’intreccio della storia di Colette e di Agnès sono tantissimi i motivi per cui per amore si potrebbe morire. Motivi che possono essere rappresentati anche dai luoghi della propria memoria. Ed è in questo attaccamento ai luoghi particolari della propria esistenza che sembra scorgersi una caratteristica fondamentale della femminilità. Dalla sua villa a forma circolare, sulla collina di Montmartre, Valérie Perrin ripercorre nei suoi romanzi tutte le strade che da Vosgi l’hanno portata a Parigi, fino alla Normandia, in tutti i luoghi, appunto, della sua esistenza.
Valérie Perrin, dopo il pluripremiato ‘Cambiare l’acqua ai fiori’, torna con questo suo nuovo romanzo a giocare su un terreno che sembra andarle particolarmente a genio, e ancora una volta instaura con il lettore un patto per cui la protagonista o il protagonista si ritrovano a indagare con un passato o con tracce di questo, attraverso una scrittura che si interpone tra il giallo e il thriller, rimanendo però sempre con un piede nella commozione e con l’altro nel divertimento e nell’ironia. L’artificio letterario della valigia di cassette di zia Colette funziona benissimo. Attraverso essa l’autrice riesce a dare profondità alle vicende di zia Colette, svelandone con un contagocce i motivi e i segreti di un’esistenza ritirata e alternando costantemente il presente ad un passato che nessuno avrebbe mai potuto immaginare.
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