Letteratura

Stay human

7 Novembre 2017

I libri, i vecchi libri passarono sotto i tuoi occhi
come oggetti di un vecchio nemico
sentisti l’obbligo di non cedere
davanti alla bellezza

(Pasolini, Poesia della tradizione, da Trasumanar e organizzar)

 

Pasolini ama Dante, la sua tensione intellettuale, il suo impegno civile. E nella raccolta Trasumanar e organizzar, dal sommo poeta riprende anche il concetto del “trasumanare”: superare la condizione umana storicamente data, immaginare condizioni alternative all’esistente, rifiutando di accettarlo passivamente.

Si tratta, dice il poeta di Casarsa, di avere un sogno, di cercare il più possibile di avvicinare il reale all’ideale, di fare, cioè, come il dantesco pescatore Glauco: “indiarsi”, sforzarsi di dare corpo a un’idea di mondo migliore, andare oltre l’esistente, superare l’annichilente rassegnazione.

Nella Poesia della Tradizione, tratta dalla raccolta Trasumanar e organzizzar, Pasolini rivolge questo monito ai giovani, che definisce sfortunata generazione, vittima di una borghesia fanciullescamente pragmatica, puerilmente attiva. L’accusa è diretta a una società ormai irrimediabilmente orientata a sacralizzare solo i saperi tecno-pratici, in nome dei quali espelle ogni traccia di  cultura umanistica, quella della tradizione, quella dei libri. Domina ormai la cieca fede nella rivoluzione del “nuovo”,  abbiamo ceduto all’illusione generata dal presunto potere taumaturgico delle tecnologie, credendo che nella neofuturistica forza incendiaria del “nuovo” ci fosse la via verso la libertà e ignorando, invece, di battere, così, la strada verso l’asservimento. La dimensione tecno-pragmatica è, infatti, schiava dei mercati, dipende dal capitale, è prona rispetto alle logiche della produzione, è figlia del baconiano “sapere è potere” e del prometeismo incontentabile dell’homo faber.

Ma la sfortunata generazione non lo sa. Ha espulso i libri dalla sua vita e perciò non può capire a quale orizzonte di senso guardare: ignora che cosa ha perduto, non potrà “trasumanare”, nutrire sogni, guardare verso mondi ideali, ha perso l’utopia.

La vera rivoluzione ha bisogno di bellezza, diceva Camus: senza un ideale non può esserci rivoluzione, ma solo organizzazione – aggiunge Pasolini – quella del movimentismo definito per formule e slogan, che ha abbandonato il significato delle parole, che, anzi, le mistifica. È questo l’attivismo di chi vortica tra idee confuse, è questo il vuoto che s’incarna negli apologeti del “nuovo” e del “cambiamento”, eroi presuntuosi, misere figure che proclamano vittorie inesistenti e, che, invece, hanno perso la battaglia più importante: quella del “trasumanare”.

Il ritorno alla tradizione che Pasolini auspica, è un ritorno alla bellezza, ai buoni sentimenti, alla capacità di vivere, di restituire valore e significato a quella dimensione veramente umana che ci contraddistingue.

Qualcuno ha detto “stay human”. Seneca lo aveva già insegnato nel I secolo d. C. Il suo colere humanitatem è il primo principio che potrà davvero consentire all’uomo di “trasumanare”: restare umani per non soccombere all’appiattimento sul presente, coltivare l’umanità per trascenderla, essere uomini fino in fondo per non limitarci alla mera dimensione del “fare”, dell’organizzare, termini tipici della cultura pragmatico-produttivistico-aziendale.

Restituire potere al sogno, non tradire mai la propria umanità, non gettar discredito sopra la storia, non far piazza pulita del passato: questo è il solo antidoto contro la schiavitù, contro l’illusione di essere i perfetti abitanti di un mondo rinnovato.

Il “nuovo” è la categoria principale del mercato consumistico che procede solo per rottamazioni.

È ingenuo pensare di poter tagliare ogni radice: si rischia di trovarsi vecchi senza l’amore per la vita.

“Trasumanare” significa diffidare di chi ride della tradizione.

“Stay human”.

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