Letteratura
Splendora: intervista ad Alessia Bronico
Splendora (Francesco Brioschi Editore, 2022) è un romanzo di resistenza personale, di confronto tra generazioni, di trama tessuta passando dentro tempi e luoghi. È un romanzo capace di dire la dignità con cui il dolore può essere attraversato.
Ne parliamo con la sua autrice, Alessia Bronico.
Potremmo dire che Dora sia la protagonista del romanzo ma, forse, più precisamente potremmo allargare e affermare che il protagonista è uno ma costituito da una triade: Dora, appunto, l’upupa e l’Abruzzo.
Vorresti dedicare qualche parola a ciascuno di loro?
Dora è una ragazza provata dalle vicissitudini, dalle relazioni familiari, da eventi e persone che esulano dalla sua volontà, subisce le scelte altrui fino a che non sarà sufficientemente grande per costruirsi un’indipendenza, seppur misera. Dora parla poco ma agisce molto, l’agire è la sua misura. Qualche tempo fa mi è stato chiesto perché Dora parla molto dentro di sé ma poco fuori di sé, ho trasferito in lei uno dei concetti che esprimo più spesso: le parole sono importanti e quando lasciano il corpo diventano suono che incontra altri suoni dando vita alla musica, armonia che va verso altre persone e torna a noi generando movimenti, banalmente emozioni. Le parole fuori di noi, insomma diventano azioni vere e proprie.
L’upupa è un animale totemico, una guida, un attimo di respiro nei momenti difficili, una tensione verso l’alto, la possibilità del meglio. È il passaggio, la trasformazione.
E poi c’è la mia terra, l’Abruzzo, la Regina delle Colline che è Atri, la mia città, il territorio che la circonda, i calanchi, il mare, le montagne incantate. L’Abruzzo è il vero protagonista del libro, il mio intento è sempre stato un atto d’amore per i luoghi che mi hanno vista nascere e crescere.
Dora e i coetanei, Dora e gli adulti. Entrambe direzioni di azione piuttosto complesse, intricate, piene di zone ombre.
Perché questo disegno dalle tinte color pece?
La vita non è solo luce, lo sappiamo. Purtroppo per alcuni esiste più ombra che luminosità, tuttavia anche in situazioni davvero complicate si può trovare una via d’uscita. Intendevo raccontare questo, mettere a fuoco la necessità e anche la capacità di riscatto. Non è semplicemente “volere è potere”, un motto in cui credo fino a un certo punto, è la forza di fare di ciò che abbiamo, il meglio, e da lì tentare di progredire, evolvere.
Nonno Bruno, perché? E Vanni, e il padre di Dora? Perché queste figure maschili?
Nella loro controluce cosa possiamo vedere?
Dei tre Vanni è portatore di speranza, è colui che apre un varco, una crepa in cui si infiltra la luce, per dirla con Cohen, capisce Dora nei suoi silenzi, sa tradurre le sue azioni. Il nonno e il padre, invece, sono l’opposto, sono la violenza, la fatica e anche la mancanza di strumenti per staccarsi da un certo sostrato culturale. Amore e violenza sono sin dalla mia produzione poetica temi centrali della mia scrittura, che indago da diverse angolazioni. La violenza come l’amore, a volte, è in gesti piccoli, piccolissimi.
Splendora dà misura esatta del peso del silenzio, rende materia l’assenza di dialogo e le frasi che terminano con un punto fermo senza avere detto nulla.
Da dove arriva questa mancanza di suono? Come è possibile interromperla?
Per me non è mancanza di suono, anche le pause fanno parte della musica, anzi sono necessarie perché accada. Dora risparmia le parole, le usa solo con chi le sa comprendere e sarà l’amore a interrompere quello che ad altri sembra nulla.
Sei anche autrice di poesia, esperta e insegnante di musica. Anche in Splendora la voce, il ritmo, gli aspetti fonici hanno un ruolo centrale.
Quale valore hanno per te? Di cosa diventano simbolo?
Come ho già scritto sopra per me la parola è azione, perché suono, e la poesia di conseguenza musica. Così, anche in narrativa, non riesco a immaginare una frase senza ritmo, senza armonia interna, altrimenti tutto assume una forma sgraziata.
Vorrei regalassi alle lettrici e ai lettori di «Gli Stati Generali» uno stralcio del tuo romanzo e ci salutassi dicendoci quali sono le prossime tappe dell’intenso tour di presentazioni con cui lo stai portando in giro per l’Italia.
Vi lascio con una parte del prologo:
«Febbraio viene con le tempeste di neve e se ne va con il sole. Il paese di Dora, che sorgeva su tre colli, Maralto, Colle di Mezzo e Muralto, si ricopriva di neve, le strade imbiancate diventavano impercorribili, le case dai tetti di coppi grigiastri si trasformavano in rifugi in cui, nell’impossibilità
temporanea d’uscire, si indugiava davanti al fuoco o a una stufa, a essere fortunati, era un modo di tornare indietro nel tempo. Il paese di Dora, come tutti i paesi del resto, era diviso in quartieri e, se con il trascorrere degli anni valicarne uno non prevedeva lotte di conquista e di difesa tra bambini, in passato le invasioni di territorio si compivano tra botte e strepiti. Il modo di mantenerli separati, però, perdura nella storia delle famiglie, nell’atteggiamento della gente. Se arrivi dalla periferia, anche se di un piccolo borgo, resterai la bambina cresciuta ai margini dell’asfalto.
A febbraio si può essere inverno o primavera, e Dora era esattamente così: arrivava neve e lasciava sole, proprio come il cielo. Non deludeva. Seria e composta, la bocca tirata e la schiena diritta, sin dai tempi della scuola, era una bambina fin troppo calma; aveva addosso la tranquillità degli infelici. Pareva essere nata adulta e pronta agli affanni, un passaggio netto dal feto alla vita».
Nelle ultime settimane di agosto avrò alcune presentazioni in Abruzzo: il 19 a Pineto, il 20 a Popoli, il 25 ad Atri con la mia amica cantautrice Edy Paolini. In settembre rientrerò in Lombardia e sarò a Cremona ma poi tornerò di nuovo in Abruzzo. Con la casa editrice si lavora a nuove date, però tutte le informazioni sono e saranno rintracciabili sui miei profili social, si dice così, no?!
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