Letteratura
Sgarbi e Giorello: Dio nell’universo
Nella sua ultima fatica ”Il Bene e il Male. Dio, Arte, Scienza”, scritto a quattro mani con il compianto Giulio Giorello, Vittorio Sgarbi ci spiega, lui scettico, perché Dio esiste.
Il noto critico parte da una premessa: non siamo cercati da Dio, ma abbiamo una tensione verso l’Assoluto e desideriamo, non conoscendone le fattezze, di costruirlo a nostra immagine.
Perché Sgarbi è studioso profondo di Spinoza, del suo panteismo e perciò Dio è in primo luogo nella natura e si manifesta con la letizia dell’Universo.
“Io credo ad un Dio che è esattamente come quello di Spinoza: Deus sive natura. Il Dio in cui credo non è trascendente, lontano: è nelle cose, nella mente degli uomini e nella capacità degli uomini di resistere alla morte, perché la ragione per la quale abbiamo bisogno di Dio e che non vogliamo morire, quindi abbiamo bisogno di pensare che la vita, la nostra vita, continui dopo la nostra partenza. Sarebbe troppo triste pensare che quanti sono già morti ormai non ci sono più e che un giorno non ci saremo più neanche noi…L’arte va oltre Dio e la Scienza. L’artista crea l’anima immortale. Leopardi non è morto la sua anima è nell’Infinito…Leonardo ha rappresentato tutta la sua anima nello Spirito della Gioconda…Solo l’arte ci fa presumere che Dio ci sia: nella potenza dell’uomo di allungare, aumentare, migliorare la creazione”(pagina 29 del libro).
Giorello, filosofo della scienza ci ricorda proprio con il messaggio dell’Arte che il Cristianesimo è la religione dei corpi ed è l’unico credo che ammetta le immagini, che produce Arte, è una religione corporea, non mentale (pag.70).
La Bibbia- sostiene poi l’acuto filosofo-non può essere presa alla lettera proprio come ci ha ricordato Galilieo nella missiva del 21 dicembre del 1621: non bisogna soffermarsi sul primo significato delle parole e pensare che Iddio abbia mani, corpo, sentimento di ira, di pentimento. E giunge alla conclusione che Spinoza sia un pensatore che abbia già anticipato la rivoluzione copernicana e la scienza di Newton.
Spinoza non scrive una critica della Ragione come Kant, ma un’etica, perché come ci ha insegnato Giordano Bruno il mondo è infinito ed è “causa sui”.
L’uomo libero non pensa a nulla, meno che alla morte e la sua sapienza è meditazione non della morte, ma della vita(pag. 91).
Ecco allora che la filosofia è l’arte della trasfigurazione: vivere vuol dire allora trasformare costantemente in luce e fiamma quel che siamo.
Tra l’altro la ricerca di Dio passa dalla consapevolezza che l’Eterno è in mezzo a noi e non potrebbe non essere così, perché l’evidenza Suprema è nel divenire delle cose,sempre tendenti alla perfezione.
La morte di un Dio forse è nella chiara consapevolezza della sua impossibilità che può distruggerne la forza della sua necessità, ma l’Assoluto si confonde con il mito e ne cerchiamo la traccia nel nostro sottosuolo, che ha un cuore.
La tensione all ‘Assoluto la si riflette nell’arte, difficilmente da racchiudere, se si pensa alla necessità della metafisica, dell’altrove.
Il dialogo tra i due diventa affascinante quando sostengono che l’arte e la scienza rendono i loro cultori dei visionari.
L’artista con la sua visione, con la sua arte prefigura la grandezza di Dio, ce la fa sentire su questa terra, è un anticipatore, come lo scienziato che ci accompagna ad un cambio di visione radicale: si pensi al passaggio dal tolemaico al copernicano.
Sgarbi diventa eretico, quando afferma che Giordano Bruno e Caravaggio rappresentano la sregolatezza, come necessità ineludibile di superare radicalmente la contraddizione dell’ordine precedente.
Da qui l’isolamento, il turbamento di non essere capiti, ma di annunciare il nuovo mondo.
Sregolatezza anche come vizio, perversione.
Forse solo Pasolini, conclude Sgarbi, racchiude negli ultimi quarant’anni la provocazione culturale cui Giorello e Vittorio si sentono figli legittimi, nella ricerca totalizzante dell’Assoluto.
Ed è questa la poesia di questo prezioso libro.
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