Letteratura

Sellerio contro ogni stereotipo pubblica ‘Storia di mia vita’ di Janek Gorczyca

5 Agosto 2024

Sellerio, contro ogni stereotipo delle letteratura contemporanea, pubblica un libro di un uomo che ha passato i sessant’anni e che non ha mai scritto nient’altro prima. Colpisce sicuramente per questo ‘Storia di mia vita’ di Janek Gorczyca. E colpisce per tanti altri motivi. Perché l’autore è un polacco, nato nel 1962, e ha una storia vera, di vita vissuta, da raccontare in prima persona. E lo fa con uno stile con cui riesce a creare un grado di confidenza e di prossimità davvero incredibile, consentendo al lettore di calarsi nella sua vita con sorprendente abilità.

Tutto comincia nell’ottobre del 1998 e prosegue fino a oggi. Vent’anni di vita vissuta in bilico tra vittorie e cadute, espedienti e fatica. Una vita sempre piena di speranza, di amicizia e d’amore, ma anche di violenza e oscurità. Janek arriva in Italia, a Roma, nel 1992, poteva andare in Finlandia ma ha scelto il Belpaese e non è più ripartito. Janek non ha mai una casa fissa, dorme tra le strade della Capitale ovunque sia possibile, edifici occupati, marciapiedi davanti ai negozi, cartoni stesi in terra sotto un balcone che ripara dalla pioggia. Si può definire Janek in molti modi, barbone, clochard, homeless, senza fissa dimora, vagabondo, ma lui è tutto e il contrario di tutto.

Janek ha una donna, si chiama Marta. L’ha conosciuta a Roma, ma anche lei viene dalla Polonia. Vive con lei quella lunga routine fatta di occupazioni e sgomberi, ricoveri e dimissioni che caratterizza la vita di quelle persone che una casa non ce l’hanno. A Marta dedica questo libro Janek e ne ricorda la morte, con profondo sconcerto, nell’ultima pagina, quella in cui ammette di essere stato un alcolista, e quella in cui ammette di avere assistito a tante morti, troppe, compresa quella della sua Marta.

Non è un fannullone Janek, anzi. Parla diverse lingue, è un ottimo fabbro e il lavoro non gli manca, oltre a una compagna, ha anche un cane. È giunto in Italia dopo essere stato in Afghanistan, aver vissuto la caduta dell’impero sovietico, le lotte per la nascita della nuova Polonia. È un pezzo di storia europea Janek e racconta ogni cosa in una lingua non sua, utilizzando l’italiano appreso in strada e tra la gente, e affinato nelle trattative quotidiane, nelle schermaglie con le forze dell’ordine, nelle discussioni con i medici degli ospedali, nelle notti passate tra amici e nemici di ogni provenienza. Janek utilizza una lingua che ha testato, sa che può funzionare, e se gli è servita per riuscire a sopravvivere, allora va bene anche per scrivere.

La sua è una scrittura dal ritmo unico, che quasi mai abbellisce o edulcora i fatti. Sta sempre incollata alla verità, persino quando, per il dolore o la vergogna, sarebbe meglio smettere di raccontare. Janek però non tace e vive Roma attraversandola di continuo, instancabilmente, per andare al lavoro, per assistere una persona malata, chiedere un documento in questura, risolvere una situazione inattesa. Non sempre riesce a mangiare, spesso beve, forse beve troppo. In ogni momento può scaturire la paura del fallimento, di un vicolo cieco da cui non c’è ritorno. Quasi sempre uno scatto della volontà arriva in suo soccorso. Janek raramente ha un sentimento di delusione, di resa, di vittimismo. Lo spingono avanti la curiosità per il mondo, per gli altri esseri umani. A tratti la malinconia, l’inquietudine, sembra oscurare le sue giornate, ed emerge lo sgomento di scoprirsi capace di brutalità e di sopraffazione.

Alla fine del libro Janek ammette di essere vivo, ma la lista dei morti per alcol che ha visto non ci tiene proprio a farla. Dice di continuare a scrivere solo quando sta meglio. E racconta una cosa che ha scoperto sulla propria pelle: ognuno fa le sue scelte, compresa quella di alcolizzarsi, e non esistono miracoli, esiste solo la volontà di noi stessi. Ecco, il testo di Janek Gorczyca è una confessione a cuore aperto, sono fogli di appunti presi a mano di chi scrive per stare meglio oppure decide di smettere di scrivere perché ha sofferto troppo. Pagine di appunti lunghe una vita difficile e complicata come quella di Janek. Pagine che nel complesso meccanismo dell’editoria si sono infilate nelle rotative e sono arrivate, per fortuna, fino a noi.

 

 

 

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