Letteratura

Sei domande a Piera Mattei

7 Settembre 2023

Piera Mattei è nata e vive a Roma. Dopo gli studi di filosofia ha lavorato nell’ambito del giornalismo culturale e dello spettacolo, pubblicista per diverse testate, tra le quali, del quotidiano romano Paese sera. È stata autrice e realizzatrice di spettacoli teatrali, ha pubblicato volumi di
racconti e di poesie, saggi, recensioni, traduzioni e curatele. Suoi testi, tradotti in diverse lingue, sono presenti in antologie e riviste italiane e straniere. Ha vissuto per lunghi periodi negli Stati Uniti, in Giappone, a Parigi. Nel 2010 ha fondato a Roma le edizioni Gattomerlino, e alcuni anni dopo ha aperto uno Spazio per le presentazioni e anche incontri di arte e musica, nella stessa città, in Borgo Vittorio 95.

Quando, e incoraggiata da quali ambienti familiari e culturali, è iniziata la sua passione per i libri,
letti e scritti? 
Per la risposta a questa domanda, che intende riportarmi indietro nel tempo, premetto pochi versi tratti dalla mia poesia “Il volto-le mani”: non amo i ricordi – i racconti sul filo dei ricordi/ ma le immagini che giungono dal passato/ quelle sì- le afferro/in queste brevi mani le tengo strette (in “L’equazione e la nuvola”, Manni 2004).
Vorrei dire con questo che non si può mai essere certi che quanto appare come ricordo non corrisponda invece a immagini, a miti sedimentati nella nostra mente, addirittura creati dalla mente. Per questo motivo parlerò qui degli anni della crescita e della formazione in terza persona. Quella bambina che porta il mio stesso nome, che vedo dentro di me e guardo con meraviglia e rispetto, è legata, fin dai suoi esordi nel mondo, alla poesia. È una bambina che recita, prima ancora d’imparare a leggere, e non ricordo che qualcuno l’abbia spinta a farlo o glielo abbia insegnato. L’amore per la parola, la memoria delle parole che risuonano, la lettura e la scrittura, nascono in lei come fatto spontaneo, per il quale riceve naturale riconoscimento. Questo esordio forse però negli anni potrebbe averla portata a una certa chiusura, a sentirsi già pronta, a rifiutarsi al confronto, a non avvertire il bisogno di dover mostrare, e dimostrare.

Tra i poeti e i narratori, italiani e stranieri, quali ha sentito e sente più vicini? A chi in particolare ritiene di dover esprimere riconoscenza per il ruolo formativo e di stimolo della sua sensibilità
letteraria?
Si chiede del ruolo formativo, quindi non si farà riferimento agli scrittori e ai poeti che pure ha frequentato come conoscenti e amici nella sua piena giovinezza e anche dopo. Scriviamo qui delle letture dell’adolescenza, che sono i grandi romanzi russi, i racconti di Kafka e anche la poesia, Thomas Hardy, le Bronte e Dickinson. Studia appassionatamente i classici (a dieci anni, durante la pausa di un “trasferimento” impara a memoria il primo canto del Paradiso) ma l’attraggono anche i manuali di medicina e gli atlanti, la biografia di Marie Curie che scopre in casa. Una “casa” che è sempre un appartamento diverso, i suoi spazi sempre diversi, ogni volta che torna dal collegio.  Al liceo incontra, e studia poi appassionatamente, Catullo, Ovidio, Lucrezio e i lirici greci. Meno la interessano i contemporanei, preferisce Caproni a Montale.  Ama il latino e la riflessione filosofica. Ma cerca anche nei libri di scienza risposte alle sue domande, senza però arrivare a comprendere, ad afferrare bene, i concetti scientifici.  In tutte le poesie che scriverà, o in quasi tutte, sarà presente la domanda circa l’Esistere fisicamente, lo Spazio, il Movimento. L’ambiente scientifico diventa presto anche il suo ambiente, dopo l’incontro con un fisico che diventa suo marito e il padre, con lei madre, di una figlia che, allevata da lei amorosamente nel
ulto della letteratura e dell’arte, si realizza infine come brillante scienziata. A loro soprattutto, ai “miei” scienziati, per la possibilità che quotidianamente mi concedono di accedere al loro mondo, la mia gratitudine.

Quando ha deciso di fondare la sua casa editrice, e spinta da quali motivazioni? Il suo impegno editoriale ha limitato, influenzato o addirittura spronato la sua scrittura personale? 
Nei miei viaggi e residenze in altri paesi ho sempre cercato nelle librerie, ma anche con incontri diretti, di conoscere autori contemporanei, soprattutto poeti. Tornavo con il mio carico e lo proponevo in particolare alla rivista alla quale ho collaborato per lunghi anni, la “pagine”, rivista di
poesia internazionale di Vincenzo Anania, personalità certamente molto interessante, ma anche molto risentita, un ex-giudice. Mi concedeva una notevole libertà di proposte e avevamo insieme discorsi importanti, anche da punti di vista talvolta divergenti.  Gli sono grata per avermi
comunque fatto molto spazio in un progetto che, nel complesso, restava suo.  Infine è maturato il desiderio di creare una mia casa editrice, che rispettasse la mia personalità dedita alla letteratura e ai libri, ma lontana dai gruppi e dalle giurie dei premi, libera, anche se solitaria, in un contesto culturale per lo più abitato da scienziati.  In quel periodo moriva il mio gatto Merlino, per quasi due decenni fedele compagno delle mie letture. Così decidevo che la casa editrice, che doveva avere la porte aperte su poesia e scienza, si sarebbe chiamata con il suo nome.  Negli anni la fisionomia delle
edizioni è poi in parte mutata facendo molto spazio alla poesia di giovani esordienti italiani o in lingua italiana.
Infatti l’autore con il quale ho aperto la collana “Quaderni di pagine nuove” è stato un originale pittore edile romeno, che ci lasciava in dono i suoi scritti, stesi a mano anche su carta da parati – in un italiano da emigrato che non usa il dizionario, sua sola lingua della scrittura – ogni
volta che terminava la giornata di lavoro in casa nostra. Devo aggiungere che, tornando senza vera premeditazione al progetto originario di coniugare
poesia e scienza, in questi giorni è in lavorazione “La lavagna luminosa” una mia raccolta di poesie scritte a Erice, presso il centro Ettore Majorana, tra il 3 e il 9 dell’agosto appena trascorso, durante una conferenza scientifica internazionale alla quale sono stata, a mio modo, partecipe.  Intendo diffonderla anche nell’ambiente scientifico, che certo non sdegna la poesia.

In cosa Gattomerlino si differenzia da altre attività editoriali delle stesse dimensioni?  A quali forme espressive presta più attenzione, ritenendole meritevoli di incoraggiamento e curiosità?
A questa domanda credo di aver già risposto dichiarando il mio interesse per la poesia anche di altri paesi, e per la scrittura, sia in prosa che in poesia, dei più giovani. Inoltre cerco di creare rapporti d’amicizia tra gli scrittori Gattomerlino, anche invitandoli insieme agli incontri nello Spazio che abbiamo, a Roma, in Borgo Vittorio 95.

In che misura il suo lavoro si avvale di collaborazioni interne ed esterne, e a quali aspetti crede di
aver dato un’attenzione più originale e innovativa nella creazione del prodotto librario? Editing,
grafica, traduzione, diffusione? 
Curo molto le copertine dei libri. Con il nostro grafico Paolo Alberti scelgo e controllo fino all’ultima bozza. Faccio per i miei autori quello che avrei voluto dagli editori ai quali mi sono rivolta.  Quanto alla distribuzione, le nostre tirature sono necessariamente di modesta entità e il sito credo offra una visibilità adeguata. Del resto capita anche di ritrovarsi in contesti importanti come è stato per il libro “Sacro e urbano” di Isabella Capurso, del quale si è parlato sia in Campidoglio sia a Venezia, nell’ambito del Premio Bookciak, nella giornata degli Autori.

Quali sono i vostri titoli che più hanno riscosso interesse in termini di critica e di vendite, e che obiettivi si propone di raggiungere in questi due ambiti fondamentali riguardanti il successo di un libro?

Vendite mai molte, in verità. Si scrive assai più che non si legga. Infatti ricevo ogni mese  decine di proposte, ma quelle stesse persone non  pensano di acquistare e leggere i nostri libri. Seleziono molto i premi ai quali inviare le pubblicazioni. A volte consegno di persona i libri a chi dovrebbe esserne interessato, e potrebbe scriverne, non sempre con successo.  Tuttavia alcune pubblicazioni hanno suscitato interesse in ambienti particolari: oltre a “Sacro e urbano” appena citato e premiato all’incontro tra letteratura e cinema, metterei ”La mia ombra è un leone danzante“ testi e disegni di Laura Corbu, protagonista in un episodio di malattia mentale; “Caro Omero ti scrivo”, nella collana azzurra dedicata ai ragazzi, testo che raccoglie, per la cura del loro insegnante di epica Giorgio Frontini, le lettere inviate all’autore e ai personaggi dell’Odissea, da parte degli alunni di una seconda media di una scuola romana; infine “Chiralità: la vita è asimmetria?” un libretto composito che comprende la prima traduzione italiana del discorso  di Pasteur, durante una conferenza  sul tema, un articolo scritto dal chimico e scrittore Primo Levi, e il contributo dello scienziato Gianni Jona Lasinio.
A proposito di ambienti particolari, le traduzione in italiano del poeta lettone Juris Kronbergs   sono state lette nella splendida cornice della biblioteca centrale di Riga, sospesa sulla città e il suo fiume Daugava, con grande successo di pubblico e attestazioni d’amore per la sonorità della lingua italiana, mentre le traduzioni italiane dei i poeti estoni Maarja Kangro, Doris Kareva e Kaliju Kruusa, con i quali si è sviluppato un durevole rapporto d’amicizia, sono state lette in più occasioni a Tallinn e a Tartu.

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