Letteratura

Scrittura come ossessione e salvezza

11 Novembre 2023

Pubblicato in Germania nel 1982, e per la prima volta da Studio Editoriale nel 1990, dopo numerose ristampe ritorna oggi sul mercato Cemento, uno degli ultimi romanzi scritti da Thomas Bernhard (1931-1989). Il volume è corredato da ricche note biobibliografiche, da un’interessante appendice fotografica e soprattutto da un’approfondita ed esaustiva postfazione del compianto germanista Luigi Reitani, che ricostruisce sapientemente non solo le motivazioni letterarie ed extra-letterarie alla base della sua elaborazione, ma anche le polemiche con cui venne accolto dalla critica. Non si tratta di un’autobiografia, sebbene siano presenti episodi della vita dell’autore, ma di una confessione monologante messa per iscritto da un intellettuale austriaco di mezz’età, il cui nome viene riportato solo all’inizio e alla fine del volume, sempre con lo stesso sintagma: “scrive Rudolf”. In effetti il protagonista sembra non saper fare altro che scrivere, persino nel momento in cui riconosce di non riuscire a scrivere. Né a scrivere né a vivere, con gli altri, tra gli altri, per gli altri. La sua è una storia di solitudine e nevrosi (che gli psichiatri definirebbero compulsiva), di frustrazione per la propria inettitudine, di rancore nei riguardi della famiglia e della società, di complessi di colpa per non essere stato all’altezza delle sue aspirazioni: sempre in preda a manie persecutorie, ambizioni smodate, ipocondria ossessiva.

Rudolf, secondogenito di una ricca e aristocratica famiglia austriaca, dopo la morte dei genitori si rinchiude nella dimora ereditata nel paesino di Peiskam, con l’unica saltuaria compagnia di una domestica fedele e discreta, e sotto l’opprimente controllo della sorella maggiore Elisabeth, esercitato sia a distanza dalla residenza viennese, sia negli occasionali e irritanti soggiorni nella comune proprietà di campagna. Dopo aver tentato studi filosofici, giuridici e scientifici senza riuscire ad arrivare alla laurea, Rudolf decide di dedicare la propria esistenza alla musicologia, impegnandosi in studi critici sui maggiori compositori classici. In particolare, le sue ricerche d’archivio, postillate da una grande mole di appunti e tracce programmatiche, riguardano la stesura di un saggio su Mendelssohn Bartholdy, in gestazione da molti anni, ma incagliata sin dall’avvio per la difficoltà di affrontare la frase iniziale. Intorno al tema della scrittura che non è in grado di scriversi ruota tutto il romanzo. L’io narrante elenca ossessivamente ogni pretesto che gli impedisce di sbloccarsi: dal cattivo funzionamento di una lampada ai rumori distraenti, dai malesseri fisici alla presenza castrante e indisponente della sorella. Elisabeth, al contrario del fratello, è un’imprenditrice di successo nel campo immobiliare; donna di mondo, elegante, concreta, disinvolta nei rapporti sentimentali e d’affari, tratta Rudolf con ironica supponenza mista a compassione. Da lui considerata volgare, sciocca e perfida, viene tuttavia temuta: “Lei guidava i miei passi e al tempo stesso ottenebrava la mia mente… A me fanno schifo i suoi affari, a lei fa schifo la mia fantasia, io disprezzo i suoi successi, lei disprezza la mia mancanza di successo”.

La partenza della sorella toglie al protagonista l’ultimo alibi per non dare inizio al lavoro, e insieme lo induce a recriminare sui motivi del proprio fallimento esistenziale. Proclama la sua sfiducia nel genere umano, il disinteresse per la natura, la disillusione verso l’amore e l’amicizia (“che parola pustolosa!”). Pur avendo viaggiato moltissimo nella giovinezza, ora considera lo spostarsi di casa una fatica dispendiosa. Della solitudine in cui ama crogiolarsi incolpa la società viennese, l’aristocrazia e il popolino, l’accademia e la stampa, i politici e gli intellettuali, la Chiesa e il socialismo, la tradizione e la modernità: Vienna “cloaca d’Europa” reagirà con astio e fastidio, attraverso una campagna giornalistica persecutoria, all’esplicita ostilità dichiarata nel nuovo testo di Bernhard, ricalcante i suoi precedenti lavori narrativi e teatrali.

 

Nauseato da tutto, e principalmente da se stesso, Rudolf decide di provare a recuperare la salute precaria e di abbozzare finalmente il saggio su Mendelssohn trasferendosi a Palma di Maiorca, che già in passato lo aveva ospitato con gentilezza e premura. I preparativi per la partenza appaiono assillanti nella loro minuziosità, e provocano nel lettore un effetto esilarante per la descrizione puntigliosa e maniacale dell’allestimento dei bagagli. Sullo sfondo della località iberica, le ultime trenta pagine il romanzo prendono una piega inaspettata, pur rimanendo vincolate alla forma del monologo descrittivo. Dopo aver preso possesso della stessa lussuosa camera d’hotel già occupata in passato, Rudolf rievoca l’incontro avvenuto due anni prima con una ragazza tedesca, che gli aveva raccontato della disperazione priva di prospettive in cui si trovava, a causa della tragica morte del marito precipitato dalla terrazza del loro fatiscente albergo, e tumulato in fretta e di nascosto nel cimitero cittadino. Informato già nei primi giorni di vacanza del successivo suicidio della giovane vedova, il ricordo tormentante dell’angoscia di lei mette fine alla sua illusione di potersi dedicare alla stesura del saggio musicale, e lo cementa in un’atonia priva di slanci, condannata di nuovo a una spietata autoanalisi priva di assoluzione.

La straordinaria abilità narrativa di Thomas Bernhard si esprime nell’esplorazione dei labirintici percorsi di un pensiero psicotico, nella ricostruzione di temi e atmosfere tipiche della propria narrativa (la dissoluzione di un ambiente culturale, l’ambivalenza distruttiva dei rapporti familiari, la polemica contro il perbenismo claustrofobico della borghesia austriaca), e nell’esasperazione di formule volutamente intese a creare effetti ironici e stranianti (ripetizioni, intercalari e  sottolineature del parlato).  Anche in Cemento l’autore austriaco esibisce la stessa modalità espressiva livida e sarcastica delle prove maggiori, mettendo in luce i nodi e le rigidità caratteriali ereditati dalla sua sofferta vicenda biografica, che hanno fatto di lui un maestro di scrittura autoreferenziale e ferocemente sovversiva.

 

THOMAS BERNHARD, CEMENTO – SE, MILANO 2023, p. 155

A cura di Luigi Reitani. Traduzione di Claudio Groff.

 

 

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