Letteratura
Scienza, futuro e democrazia: la lezione pop di Galileo
Il sistema più efficace per domare un genio è offrirgli un piedistallo. Si tratta dell’unico metodo scientifico realmente apprezzato in Italia. Forse perché, da secoli, ne siamo maestri.
Ne sa qualcosa Galileo Galilei, genio della scienza e della letteratura, spinto da un sistema violento fino ad un passo dal rogo, riabilitato con qualche centinaia di anni di ritardo e poi issato su un comodo piedistallo. Da lì tutti lo possono ammirare senza distinguo, purché da lontano. Il più lontano possibile. Esattamente come una auctoritas, di quelle che, in vita, lo scienziato pisano ha combattuto con ogni energia.
Non a caso, per chi si trova nel mezzo del cammin di nostra vita, il volto di Galileo Galilei è quello dell’uomo barbuto delle duemila lire. Sulle banconote appariva come un signore canuto e ben vestito, con lo sguardo vispo, rivolto di sbieco verso l’alto. In fondo era un altro piedistallo, stavolta di carta e a misura di portafogli.
Eppure, per comprendere Galileo Galilei, l’unica è smettere di ammirarlo da lontano e, nel limite del possibile, tentare di accorciare le distanze. Galileo Reloaded – Il metodo scientifico nell’era della post-verità, l’ultimo libro di Luciano Canova, ha questa ambizione: raccontare la vita di Galileo da molto vicino. La sua figura viene ricostruita attraverso le opere scientifiche, i carteggi, ma anche le lettere personali, le note, gli appunti privati. La lente pop ha lo scopo di ingrandire i dettagli. Galileo non viene piegato alle categorie moderne. Sono le categorie moderne, applicate al suo percorso intellettuale, a farci capire meglio quanto, da scienziato pienamente inserito nel proprio tempo, Galileo Galilei abbia saputo accelerarne il progresso. Con il valore aggiunto di essersi mantenuto, fino all’ultimo, fallace ed umanissimo. E questo è un altro luogo comune che si sbriciola.
Il lavoro di scavo di Luciano Canova, pagina dopo pagina, ci rivela uno scienziato geniale ma anche un uomo pieno di difetti. Galileo era arrogante, narciso, aggressivo, ingrato, egoista, a tratti anche pavido. Un grande innovatore, ambizioso e bizzoso, che si ostinava a guardare sempre in alto partendo da terra. Tutti vizi imperdonabili, anche nel Seicento. Eppure l’estrema umanità era parte essenziale del suo anticonformismo. Grazie ad una vis polemica fuori dal comune, costringeva qualsiasi interlocutore a ragionare ad di fuori dagli schemi. Era il re dei flame. La capacità affabulatoria e la qualità letteraria della sua prosa facevano il resto.
Oggi, come sottolinea Canova, qualcuno l’avrebbe definito un “leone da tastiera”. Eppure, proprio grazie alla baldanza indossata come un elmetto, Galileo è stato uno dei primi scienziati capaci di promuovere se stesso. Il libro è pieno di aneddoti gustosi sul Galileo professore, voglioso di estendere i propri studi al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori. Non a caso le sue lezioni universitarie erano sempre affollatissime. Anche in aula Galileo non si limitava a replicare ma testava sul campo metodi sempre nuovi, senza per altro trascurare l’eleganza nel vestire. Una vera rock star della didattica.
È come se, partendo proprio dalla banconota da duemila lire, Canova si sia divertito a rimuovere, uno ad uno, i luoghi comuni sul genio pisano, restituendoci una figura complessa, umanissima, finalmente libera dalle incrostazioni del tempo.
Il racconto degli ultimi anni di vita di Galielo è una delle parti più toccanti. L’abiura imposta dalla Chiesa avrebbe stroncato chiunque. Eppure Galileo, uomo anziano e sempre più debole, continua a fare quello che gli riesce meglio: indagare l’universo, immaginare nuovi lavori, riconsiderare i vecchi, polemizzare e resistere.
Nonostante i soprusi subiti, i malanni della vecchia e la cecità, Galileo non s’è mai lasciato domare. Fino all’ultimo ha perseverato con la grinta di un ragazzino. Non è un caso che il libro di Canova, prima del capitolo conclusivo dedicato agli ultimi anni di vita dello scienziato, ne riservi uno intero a raccontare l’Italia di oggi. Partendo, ovviamente, dalle “sensate esperienze”. Cioè dai numeri. Statistiche sulla demografia, sull’alfabetismo scientifico, ma anche sull’apertura di startup innovative e sui nuovi posti di lavoro nei settori di frontiera. Il quadro non è affatto fosco.
L’Italia è meno allo sbando di come la si dipinge. Il nostro Paese, tanto attento a depotenziare chi innova, non è così immune dagli innovatori. E forse è questa la vera rivincita di Galileo. Non le scuse postume della Chiesa, non la riabilitazione collettiva con tre secoli di ritardo. La vittoria di Galileo è nei frutti del suo metodo. Quella foresta certificata dai numeri che, in un silenzio che forse lui non avrebbe apprezzato fino in fondo, lentamente cresce. A dimostrazione che a volte anche i piedistalli possono avere uno scopo: far arrivare la voce il più lontano possibile.
Luciano Canova
Galileo reloaded. Il metodo scientifico nell’era della post-verità
EGEA, 2018
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