Letteratura

Ricordando Fabrizio De André

26 Giugno 2021

 

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I

Appena un po’ di tenerezza

ci è rimasta tra le dita,

in questo aprile sfiorito

che fatica a scaldarsi.

Il tiepido amore di oggi

com’è lontano dalle nostre promesse:

che mai e poi mai ci lasceremo.

Sbiadito impallidito perduto,

ci pesa addirittura una carezza.

Vedi le viole nel bicchiere?

Rassegnate alla non primavera

si sono piegate sul gambo.

 

II

Non so se ti ho amato

da sempre, per sempre,

o se invece mai: un poco,

raramente, sforzandomi,

lasciandomi andare.

Era piuttosto un gioco;

rincorrerti, nascondermi,

chiederti un bacio

poi non volerlo più.

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Giorni persi, distanti

‒ con te che vai

nel vento, con me che resto.

 

III

Verranno a chiederti di noi,

ma tu non rispondere.

Frena le labbra,

lasciali supporre.

(Sbirri, consumata plebe,

rozzi sovrani, spuri

patriarchi): regalagli un trucco

per confonderli, scagliali via

con furba intelligenza.

Li vedi come schiumano rabbiosi

setacciando la cella:

non troveranno nulla,

amore,

nemmeno il tuo perdono.

 

 

Omaggio a Fabrizio De André, con versi tratti da La canzone dell’amore perduto, Amore che vieni amore che vai, Verranno a chiederti del nostro amore.

(In Rime e varianti per i miei musicanti, Marco Saya Editore, Milano 2020)

 

 

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