Letteratura
Recensione ad “Apeirogon” di Colum McCann
Recensione a: Colum McCann, “Apeirogon”, traduzione di Marinella Magri, Feltrinelli, Milano, 2021, 528 pp., 15,00 euro (edizione cartacea), 8,99 euro (e-book).
Scrittori e giornalisti trovano difficoltà a parlare del conflitto israelo-palestinese senza fare retorica o senza indicare una parte come il male assoluto. Questo accade anche perché il conflitto si è avvitato su se stesso, tanto da sembrare insuperabile, nella sua drammaticità e crudeltà. Con il romanzo Apeirogon, l’autore irlandese Colum McCann ha scritto un capolavoro, guardando il conflitto da ambo i lati, attraverso le lenti dell’associazione The Parents Circle.
La brava giornalista Arianna Ciccone mi ha incuriosito grazie a un post su Facebook in cui annunciava la presenza dei protagonisti del romanzo all’International Journalism Festival. Al tempo stesso, conoscevo già The Parents Circle perché i professori del liceo li invitarono a parlare con noi studenti, nel lontano 2005. Si presentarono come l’unica associazione che lotta per non avere ulteriori affiliati.
Infatti, The Parents Circle è composta dai familiari delle vittime del conflitto e si batte per la pace e la riconciliazione tra i due popoli. Sfortunatamente, le mie memorie sono sfocate. Ricordo che si parlò della costruzione del muro e della necessità di trovare una pace che non fosse segregazione. Feci una domanda che c’entrava poco, sulle tensioni tra Libano e Siria, dopo l’attentato che causò la morte dell’ex premier libanese Rafīq al-Ḥarīrī.
All’epoca, uno dei due protagonisti deli libro, Rami Elhanan aveva già aderito a The Parents Circle. Sua figlia Smadar era morta nel 1997 in un attacco suicida nelle vicinanze di un centro commerciale. Poco dopo, Rami aderì a un altro movimento per la non violenza, i Combattenti per la pace. Qui conobbe il palestinese Bassam Aramin. Nel 2007, un soldato israeliano uccise Abir, la figlia di Bassam, colpendola con un proiettile di gomma poco fuori da scuola.
Bassam entrò subito in The Parents Circle e saldò l’amicizia con Rami. Da allora, viaggiano insieme per il mondo per diffondere il messaggio di pace. Nel libro, i due emergono come coppia particolare.
Rami è un reduce della guerra del Kippur che al ritorno dal fronte maturò una sorta di ignavia politica. Produceva manifesti pubblicitari per ogni partito politico e per ogni richiesta. Al contrario della moglie, nota attivista filo palestinese e accademica, figlia di Matti Peled, importante generale israeliano, amico di Yāsser ʿArafāt. Rami si convertì quindi al pacifismo solo una volta entrato in The Parents Circle.
Bassam era invece un giovane palestinese condannato a sette anni di carcere per detenzione di esplosivi. In prigione, Bassam diventò il responsabile del movimento palestinese Fatah e strinse amicizia con alcune guardie israeliane. Uscito dal carcere, divenne un fervente pacifista. Dopo la morte della figlia, oltre ad aderire a The Parents Circle, studiò l’Olocausto in Inghilterra.
Il romanzo è scritto in maniera incredibile e innovativa, composto da 1001 brevi, talvolta brevissime, storie. McCann racconta molto di più della vita di Rami e Bassam. L’autore prende infatti le redini della storia per modellarla a suo piacimento, aggiungendo dettagli più disparati.
L’intermezzo più emozionante è quello che descrive le performance di Philippe Petit, chiamata “Un ponte per la pace”. L’equilibrista francese tese una fune tra i quartieri israeliani e arabi di Gerusalemme e iniziò a camminarvi sopra, davanti a migliaia di spettatori. A metà del tragitto, il funambolo decise di liberare una colomba come segno di pace, ma al mercato aveva trovato solo un piccione più grande e chiaro. Al momento di liberarlo, il piccione non voleva volare e iniziò ad aggrapparsi al francese, che in qualche modo riuscì a liberarsene e completare la traversata.
La chiave di lettura del libro è nei due capitoli centrali. L’autore lascia la parola ai due protagonisti, che illustrano i propri drammi familiari. Le loro parole arrivano al lettore come un pugno nello stomaco. Ma, forse, il discorso di Rami ha un valore più significativo per noi occidentali in quanto un israeliano denuncia la principale causa di questo conflitto che sembra eterno, ovvero l’occupazione della Cisgiordania.
Rami ci insegna quindi che quando ci affanniamo a comprendere il conflitto attuale, dobbiamo sempre ricordare il principale torto che lo ha scatenato.
Immagine dalla pagina Facebook di Rami Elhanan.
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