Letteratura
Ratzinger e Gesù di Nazareth
Sono tante le opere di Ratzinger, ma ritengo che quelle che esaltano la forza straordinaria e prodigiosa del suo intelletto siano quelle dedicate – tre libri- alla figura del Nazareno.
Si comprende la grandezza del più grande intellettuale della cultura cattolica, come ha scritto Andrea Riccardi, di spessore europeo.
Non a caso l’ossatura costitutiva della dottrina della fede Giovanni Paolo II l’affidò a Ratzinger -Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede- e chi comprese l’acutezza del suo ingegno fu Paolo VI.
Il 25 marzo 1977, nominò il professor Ratzinger arcivescovo di Monaco e Frisinga e cardinale nel Concistoro del 27 giugno seguente, qualificandolo – nelle parole espresse in quell’occasione – come “insigne maestro di teologia”.
Nei tre libri dedicati a Gesù, Ratzinger è meraviglioso, questo credo che sia l’aggettivo più calzante.
Ed infatti si ha l’assoluta percezione di quale sia la conoscenza profonda della figura del Cristo, per come è descritta nei particolari.
Ogni comportamento di Gesù ha sempre il suo incipit, le radici, la scaturigine nelle Sacre Scritture: “tutto era già scritto, così era stato già stabilito, questo sarebbe stato il percorso”.
E Ratzinger lo scandaglia, lo delinea, ne descrive sapientemente la fonte ed e capace di conferire una plastica dimostrazione nel profilare proprio le connessioni tra il nuovo ed il vecchio testamento.
Gesù, quando entra a Gerusalemme, per esempio, adempie la profezia di Zaccaria.
“Dite alla figlia di Sion: ecco, a te viene il tuo re mite, seduto su un’asina. Egli è giusto e vittorioso, umile e mansueto, mite. Farà sparire i carri, l’arco di guerra sarà spezzato, annunzierà la pace alle genti, il suo dominio sarà da mare a mare”.
Come scrive Ratzinger in Gesù di Nazareth, qui viene annunciato un re povero, uno che non regna per mezzo del potere politico e militare.
La sua natura più intima è l’umiltà, la mansuetudine di fronte a Dio ed agli uomini.
“Questa sua natura, che lo oppone ai grandi re del mondo, si manifesta nel fatto che egli giunga cavalcando un’asina, la cavalcatura dei poveri, immagine contrastante con i carri da guerra che egli esclude. È il re della pace e lo è grazie alla potenza di Dio, non in virtù di un potere proprio; ed è mite”.
Nel Getsemani – frantoio- quando Gesù ha paura di morire e mostra nella sua nudità anche la natura umana, Ratzinger ci ricorda un particolare significativo, ma deliziosamente commovente.
Gesù si rivolge al Padre con l’appellativo Abbà, che appartiene al linguaggio dei bambini ed è il modo con il quale questi invocano il proprio padre.
Ciò svela l’intima essenza del suo rapporto con Dio: secondo la sensibilità ebraica sarebbe irriverente invocare il nome di Dio con questa parola familiare, ci ricorda Ratzinger, ma Gesù ne rivoluziona il modo, perché sente che, come uomo, dovrà bere il calice della sofferenza; applica a sé la profezia di Zaccaria: “il pastore sarebbe stato percosso e le pecore disperse”.
Gesù usava una grande immagine biblica: quella del calice. Lo aveva offerto a tutti i suoi discepoli nella cena di Pasqua, chiedendo loro di condividere con lui la Nuova Alleanza per la remissione dei peccati.
Nel Getsemani non avrebbe voluto sopportare la Passione che Dio aveva deciso per lui; egli pensava che esistesse un’altra strada che cancellasse la colpa di Adamo, senza passare tuttavia per il calice della sua crocifissione.
Ne accettò la sofferenza, descrive Ratzinger, perché il seme del grano doveva morire, la croce bagnarsi di sangue e si dovevano compiere le Scritture, per la volontà di Dio nella ferrea necessità del sotteso messaggio dei profeti.
In questa trilogia Ratzinger rende adamantina la figura del Nazareno nella legge dell’Amore.
Non a caso prima di morire, ci ha ricordato il suo fedele segretario l’arcivescovo Georg Gänswein, papa Benedetto XVI ha detto: “Gesù ti amo”.
E quando fu eletto papa disse di sé: “sarò umile servo nella vigna del Signore“.
Il Vangelo ci ricorda la vigna: il padrone di casa uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò” (Mt 20,1-4).
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