Letteratura
Quel nome è amore: itinerari d’artista a Parigi
“Nessuno le ha mai parlato di Amedeo Modigliani. Nessuno le ha detto chi sia. Eppure, quando il livornese fa il suo ingresso nel ristorante in compagnia dell’amico cileno Ortiz de Zarate, Simone Thiroux ha la certezza che da ora in avanti il futuro non potrà essere più lo stesso”.
Ogni scrittura ha una destinazione, uno scopo. Luigi La Rosa, scrittore e curatore editoriale, ad esempio, ad un certo punto della sua esistenza ha fatto di Parigi la sua città elettiva. Chi lo segue on line sa che vive più in Francia che in Italia e che da anni racconta storie legate alla ville lumière. Dopo il successo della guida letteraria Solo a Parigi e non altrove (ad est dell’equatore edizioni), La Rosa torna in libreria per la stessa casa editrice con Quel nome è amore – itinerari d’artista a Parigi. Il narratore vola a Parigi per restituire un libro ma si ritrova coinvolto, su e giù per i boulevard, in sei storie che non sono le sue. Sono le storie di Jean Cocteau e Raymond Radiguet, di Renéé Vivien, di Picasso e Carlo Casagemas, di Amedeo Modigliani e Simone Thiroux, di Djuna Barnes e di Frédéric Bazille. Ognuno di loro si è ritrovato nel secolo scorso, o ancora prima, a Parigi animato da pulsioni, sogni, desideri, velleità artistiche. Uomini e donne approdati nel capoluogo francese per connettersi alla corrente che scuoteva la cité, allettante per chiunque cullasse un’utopia. Qualcuno dice che le storie ci circondano, basta saperle raccogliere e comunicare, con la padronanza del mezzo espressivo. Luigi La Rosa ha attinto a piene mani dalla storia della letteratura e dell’arte, offrendoci un reportage colto, delicato e irrinunciabile. L’amicizia, l’amore, la febbre artistica, in alcuni casi il genio: vanno in scena, tra le pagine, personalità anticonvenzionali, appassionate, che talvolta il tempo ha condannato all’oblio. Per ognuna delle avventure descritte c’è un mix conturbante di sentimento, possessione, dedizione artistica, dannazione. Come nel caso del capitolo dedicato ad Amedeo Modigliani e Simone Thriroux, dal quale è tratta la citazione che apre il post. Quella del pittore celeberrimo col culto di se stesso e della giovane studentessa sbarcata in città da un paesino di provincia è una storia agghiacciante e rapinosa. Per leggerla, per seguirne la trama, fino all’epilogo drammatico, si rischia di perdere le coordinate spazio-temporali. D’altronde, capita così con le letture migliori per noi, quelle che per una qualche inspiegabile e irrazionale ragione ci sfiorano l’anima e ci solleticano la pancia in punti che neanche pensavamo esistessero. Impetuosa anche la storia dell’amicizia tra Picasso e Casagemas, imprescindibile per chi voglia comprendere a fondo il pittore spagnolo. E cosa dire di Bazille che ha sacrificato sull’altare dell’amore il talento e la sua stessa vita? La Rosa si riconferma un profondo conoscitore dei luoghi e dell’animo umano, legandoli indissolubilmente. Come se non potesse essere che Parigi la città dove quel che ci narra è avvenuto. E noi, lettori avvezzi alle evasioni mentali e all’immedesimazione, non possiamo fare a meno di amare questo libro breve, capace di costruire ponti con un mondo sommerso, distante, eppure ancora vivido.
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