Letteratura

Quando la nera è in libreria

di
23 Novembre 2020

Ogni semestre (o quasi) una colata di sangue esplode anche in libreria. C’è forse qualcosa di più cinico e contemporaneo che indagare le vicende sconosciute che si celano dietro i più dibattuti delitti italiani? Eppure ci sono libri che valgono bene la lettura anche in autunni uggiosi (lasciando ovviamente da parte le sterili polemiche del voyeurismo pseudointellettuale).

Fra questi c’è senz’altro “Il delitto di via Poma, trent’anni dopo” di Igor Patruno (Armando Editore, pp. 300, € 14). L’autore del caso si era già occupato con “Via Poma, La ragazza con l’ombrellino rosa” ormai dieci anni fa, e adesso con dovizia di dettagli e una scrittura fluida – più giornalistica, che narrativa -, accompagna il lettore in uno dei cold case più noti del nostro Paese, focalizzandosi sulle ultime settimane di vita di Simonetta Cesaroni e sul quartirere della Capitale dove tutto è avvenuto: Prati. Quando muore, “Simonetta non ha nemmeno compiuto ventun’anni nata il 5 novembre 1969 da Claudio, autista dell’Acotral, e da Anna di Giambattista, casalinga, vive con i genitori e la sorella Paola, di cinque anni più grande. È diplomata in lingue straniere, ha studiato francese e inglese e ha conseguito un attestato da analista contabile. L’abitazione dove vive, situata in via Serafini 6, è dignitosa ma insufficiente alle esigenze della famiglia. Simonetta dorme su un divano letto, nel soggiorno, abbracciata a una coloratissima bambola di pezza. È carina, Simonetta, ed è piena di vita (…), ma è anche prudente”. Una prudenza che però che si rivelerà inutile. Ancora oggi il delitto resta un mistero. “Il nome dell’assassino è nelle carte dei magistrati e va cercato tra i frequentatori di quel maledetto palazzo” ripeteva sempre il padre di Simonetta, insieme all’avvocato Lucio Molinario, prima di morire. Paturno presenta piste suggestive, al lettore la privata e domestica sentenza.

Più recente è invece la storia di Roberta Ragusa, scomparsa la notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012 da San Giuliano Terme, una manciata di chilometri da Pisa.Per l’omicidio della donna sconta oggi 20 anni di reclusione il marito Antonio Logli, condannato dopo due gradi di giudizio anche in cassazione.
A raccontarne la vicenda  è il luogotenente Baldassarre Sciuto, che con la sua esperienza investigativa ha meritato diversi riconoscimenti, fra cui la Croce d’Oro nel 2017. Con “Roberta Ragusa. L’amica che non ho mai conosciuto”, Sciuto firma il “diario d’indagine di un investigatore” (BastogiLibri, pp. 210), mettendo al centro della narrazione le competenze che gli appartengono naturalmente e che si rivelano spesso originali e affatto scontate anche per il lettore più appassionato al genere.
“Antonio – nota Sciuto, svelando la sua ipotesi personale – per quanto mi riguarda, potrebbe essersi disfatto del corpo di Roberta occultandolo in un cassonetto per la raccolta indifferenziata dei rifiuti che avrebbero percorso, poi, tutto l’iter della catena di smaltimento”. L’ipotesi è interessante e suggestiva. Per quanto il caso sia chiuso, chissà che non suggerisca nuove letture da parte degli investigatori.

 

Diverso il tono di “Mio figlio Marco – La verità sul caso Vannini” (Armando Editore, pp. 223) nel quale la mamma Marina Conte, attraverso la narrazione di Mauro Valentini, accompagna il lettore nella struggente storia del figlio ventenne, ucciso la notte del 17 maggio 2015 a casa della fidanzata Martina Ciontoli.
Il racconto intreccia la vita personale (la storia di Marina, quando il fidanzato Valerio le chiese di sposarlo, la nascita della famiglia e le difficoltà che accomunano tutte le esistenze), agli atroci dubbi che seguono la morte del figlio, fino al “processo attesissimo da tutti e che avrà l’autorizzazione alle riprese televisive. Un processo che nelle sue udienze, in totale quindici, diluite come nello stile dei processi penali in Italia in ventitré mesi, sostanzialmente ribadirà senza scostarsi di molto quelle che sono state le posizioni degli imputati e delle accuse”.
La lettura è toccante e struggente fino all’ultima pagina, quando i parenti e gli amici di Marco raccontano il loro nipote, il compagno di classe, l’amico di sempre perché “per fare del mare occorre prima di tutto cancellare l’altro. Ma l’amore salva”. E un libro aiuta a ricordare, checché se ne dica.

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