Letteratura
PRIMA DI TE
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Prima di te ero un cencio inamidato, senza la passione per la vita, un albero senza radici, un uomo senza storia, una tabula rasa raschiata sino al fondo del legno nudo.
Prima di te il sentimento mio era senza desiderio, cinico ed asettico ai turbamenti dell’eterno divenire, immutabile alle trasformazioni e cangiamenti del fluire del tempo, perfido silenzio di un irrequieto disfare.
Prima di te c’era il nulla, il deserto del pensiero, le sordide amarezze, la feccia del buon vino, il plumbeo cielo, il mare agitato e procelloso, un sole malaticcio e senza calore nei suoi scarni e poveri raggi.
Prima di te il sale era amaro, il desco e le cibarie misere, la sera era sempre triste e non riusciva mai ad approdare all’alba radiosa.
Prima di te guardavo sempre il duro selciato dove camminavo senza meta e per oscure destinazioni: gli occhi pieni di malinconia non erano mai rivolti al cielo e non sentivo il cinguettio degli uccelli, svettare gli aerei che muovono le vite e gli uomini, avvertire il vento ed i canti della natura e vederla nella sua bellezza di giovane che vuole essere come te, disfatta da me.
Prima di te si erano chiuse le porte della notte che hanno fatto sentire il silenzio del lungo e soffocante letargo, senza farmi assaporare la nitida luce.
Ho scritto lettere a donne sconosciute, abbondate nella mia vetusta e sgualcita borsa e non sono mai partite per nessuna destinazione.
E non ho visto passare ragazze, non ho potuto raccogliere fazzoletti smarriti e pieni di profumo per inseguirle.
Ora sei venuta, hai scardinato porte anchilosate e stridule, buttato via il lercio vecchiume e ridato forza e vigore alle mie membra, troppo assopite in questo tempo malato.
Nei nerissimi tuoi occhi incontro uno spazio inaccessibile, un mondo ignoto e l’intensità del tuo sguardo combacia con la sua fugacità. Non è menzognero, ama senza riserve e non nutre e custodisce segreti inviolabili.
Mi doni la tua purezza senza scarto alcuno e poni con gioia ordine nel mio cuore periclitante.
E sei qui davanti a me: come vorrei stringerti tra le braccia, tanto cara, e tenerti a lungo, per accarezzarti la testa, per baciarti gli occhi, per sentirmi una cosa sola con te.
Comprendo ora cosa sia l’amore non perché presente in un luogo a me desolatamente impenetrabile, ma per la lunga e sola assenza dalla mia sterile vita.
E vorrei riguadagnare il tempo perduto, portarlo all’indietro per vivere la mia gioventù smarrita: non ha goduto delle meraviglie della vita, avara delle sue cose belle con me.
Solo il tuo sorriso mi spinge a guardare oltre la siepe e mi dona la certezza che il futuro riservi sorprese, delizie inaspettate.
E tu sei, amor mio, il mio presente, fatto di una gioia infinita che voglio vivere in tutti i frammenti di un tessuto voluttuoso e vellutato di una fitta trama di incanto.
Il giorno non deve morire: ma quando cadrà e la luce diventa fioca, come quella di una candela smozzicata, vorrei stare intrecciato a te, per scacciare paure maligne.
La felicità va via immantinente, si dilegua come uno scoiattolo veloce, non si fa agguantare, è un treno che passa senza che lo possiamo vedere. È’ una farfalla bellamente colorata attratta dalla luce, pronta a morire.
Se arriva prendiamocela tutta, come acqua dissetante e fresca in un deserto senza confini.
La passione d’amore è stata solo attutita dal tempo, senza riuscire ad estinguere le braci: deve entrare nei nostri corpi, pervadere e penetrare le nostre coscienze e bruciare in eterno, sino alla fine del tempo, per vivere la vita come un grande dono, una grazia suprema.
E sento una musica nuova che forse prende anche te, per dirti quello che le parole non sapevano dire e non sanno dire: il giorno con te si rinnova e cerca, nel futuro imperscrutabile, certezze stabili e durature ed il nostro spirito vuole e deve dominare il tempo.
Il prima di te non c’è più, la vita canta un’armonia briosa, di contentezza di un cuore innamorato.
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