Letteratura
“Posso chiederle che olio usa?”
Come tutti ricevo diverse chiamate telefoniche dai call center di varie aziende che cercano di vendere un prodotto o un servizio.
Detesto questo genere di trattative.
In passato qualche volta ho ceduto, pentendomene subito dopo.
Chi ti chiama ha tutto l’interesse a presentarti la sua proposta come un affare imperdibile e ad omettere alcuni particolari della stessa che, per un verso o per l’altro, potrebbero risultare dissuasivi,
Tu che ricevi al telefonata stai sempre facendo qualcos’altro che sei ansioso di riprendere a fare: un sonnellino, un pasto, la visione di una puntata della tua serie televisiva preferita.
E questa circostanza inevitabilmente rischia di appannare il tuo livello di attenzione.
Evito però, quasi sempre, di essere scortese.
Cerco di inventarmi scuse che rendano plausibile il mio rifiuto, che non lo facciano apparire come animato da insofferenza o pregiudizio nei confronti di chi mi propone l’affare.
In genere in questi casi il venditore si ritira in buon ordine.
Stamattina le cose sono andate un po’ diversamente.
Stavo preparandomi ad uscire per andare a fare la spesa, quando il mio telefono fisso ha squillato.
“Pronto sono Giuliana. Posso chiederle che olio usa?”
Ho riflettuto per alcuni secondi, poi mi è venuta in mente una risposta che mi sembrava perfetta per sganciarmi dalla mia interlocutrice:
“Possiedo un uliveto, lo produco io ed è buonissimo.”
“Allora certo lei è un intenditore. La persona più adatta per capire la qualità dell’olio che le proponiamo.”
“Mi scusi, le dico che lo produco e vuole vendermene dell’altro?”
“Lei riceverà il nostro olio in tre bottiglie da un litro perfettamente sigillate. Potrà assaggiarlo e pagarlo soltanto se lo riterrà di suo gradimento.”
“Ma se le sto dicendo che non mi serve…”
“Se è così gentile da confermarmi l’indirizzo di spedizione…”
“Click…”
“Come ha detto?”
“Click! Sto riagganciando.”
“Pensi, tra pochissimi giorni lei potrà farsi una strepitosa bruschetta!!”
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